Manovra, i frondisti del Pdl corteggiano Maroni

Manovra, i frondisti del Pdl corteggiano Maroni

L’uomo della provvidenza è Angelino Alfano. Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha chiesto al segretario del Pdl di gestire in prima persona le polemiche nate nel partito in vista del passaggio parlamentare della manovra. L’ex Guardasigilli ha obbedito. Tra pochi giorni – comunque entro l’inizio della prossima settimana – Alfano tornerà a Roma dall’isola greca (pare che sia Hydra) dove si è concesso una breve vacanza. Tra i primi appuntamenti in agenda, ovviamente, gli incontri con gruppi e gruppetti che non hanno digerito il decreto anti-crisi. Primi tra tutti, i “frondisti”. Il gruppo di ex Forza Italia capitanato da Antonio Martino e Guido Crosetto che continua a guadagnare consensi all’interno del Pdl. Ma non ci sono solo loro. Alfano dovrà ricevere anche un gruppo di parlamentari vicini a Claudio Scajola e gli alleati di Popolo e Territorio (gli ex Responsabili). Entrambe le delegazioni hanno già pronte una serie di modifiche al testo, la maggior parte inerenti al tema previdenziale. Proposte che con ogni probabilità saranno trasformate in emendamenti da depositare in Senato.

Intanto la fronda “ufficiale” continua a crescere. Oltre ai numerosi attestati di stima da parte di parlamentari che non vogliono esporsi troppo, Crosetto e i suoi registrano l’adesione del deputato Gennaro Malgieri. Guai a parlare di corrente, però. La strategia è di non alzare troppo i toni del confronto con il partito. Basta minacce ai vertici del Pdl. Le richieste restano le stesse: abolizione del contributo di solidarietà, innalzamento dell’età pensionabile, privatizzazione delle grandi aziende pubbliche. «Ma se cerchiamo sempre lo scontro – confida uno degli esponenti del gruppo – rischiamo di non ottenere nulla». Non stupisce, da questo punto di vista, che ieri molti “frondisti” non abbiano particolarmente gradito l’intervista al Messaggero di Antonio Martino. L’ex ministro aveva attribuito la responsabilità della manovra alla folta pattuglia di ex socialisti all’interno del Pdl. Una provocazione che ha spinto il capogruppo Fabrizio Cicchitto a intervenire con un duro comunicato. In serata i responsabili della fronda avrebbero telefonato al deputato Giuseppe Moles, braccio destro di Martino, per invitare l’ex ministro a tenere i toni più bassi.

Con il passare dei giorni la fronda vede crescere il numero degli sponsor politici “di peso” all’interno della maggioranza. Dopo essersi accattivati le simpatie del vicepresidente della Camera Maurizio Lupi e del ministro Renato Brunetta, i ribelli del Pdl adesso puntano a Roberto Maroni. Il titolare dell’Interno sarebbe l’interlocutore ideale per ottenere dal governo l’autorizzazione a toccare le pensioni di anzianità. Un argomento reso tabù dai veti di Umberto Bossi. «Chissà – ipotizza uno dei frondisti – se Maroni non sia la persona giusta per commissariare il Senatùr in Consiglio dei ministri». A fare un tentativo di approccio è stato lo stesso Guido Crosetto. Poche ore fa il sottosegretario alla Difesa ha pubblicato un comunicato in cui – un po’ a sorpresa – ha proposto di rivedere i tagli agli enti locali. Il progetto è semplice: eliminare tutte le province, lasciando in piedi i piccoli comuni. Un tema particolarmente caro al ministro dell’Interno. La dimostrazione? Più o meno nello stesso momento il primo cittadino di Varese Attilio Fontana – responsabile dell’Anci Lombardia e grande amico di Maroni – ha chiamato alla mobilitazione i sindaci del nord per protestare contro la manovra.

Tra le proposte di modifica al decreto, intanto, sembra essere definitivamente tramontato il progetto di uno scudo fiscale bis. Nella serata di ieri erano emerse alcune indiscrezioni sulla volontà del governo di varare un nuovo condono. Un secondo scudo per riportare in Italia parte dei capitali esportati illegalmente. E, soprattutto, mettere le mani su un tesoretto sufficiente a cancellare il contributo di solidarietà. In realtà il progetto non è mai stato concreto. Tanto che nella giornata di oggi diversi ministri – prima Roberto Calderoli, poi Paolo Romani – hanno smentito l’ipotesi.  

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