Il signor Vasco Rossi, il primo contribuente di Bologna, apre il suo cuore (e il suo portafoglio) al fisco. «Sono ricco e pago volentieri più tasse. Per una ragione di equità e solidarietà». E si aggiunge anche lui all’armata degli eroi del fisco con la bella compagnia di Luca Cordero di Montezemolo. «Ho visto, per caso, una sua dichiarazione, e sono d’accordo con lui», aggiunge. Stupendo. Peccato che, nel 2010, anche l’Agenzia delle Entrate abbia visto, sempre per caso, la sua dichiarazione, ma dei redditi. Fammi vedere. Avranno detto. E così s’è scoperto che qualcosa non quadrava. Ad esempio, la società di charter “Giamaica no Problem”, sua al 90%, cui era intestato anche il suo yacht.
Ma cosa vuoi che sia? Avrà pensato il Blasco. Tutta colpa del solito Alfredo? No. Il problema, anzi, il problem, è che si tratta di una società di charter con un solo cliente, che coincide con l’azionista. Si chiamano società di comodo. Aiutano a pagare meno imposte sullo yacht, e sfuggono con più facilità ai controlli fiscali. Insomma, dati alla mano, sembra che le tasse Vasco non le voglia pagare poi così volentieri. E il lifting da contribuente virtuoso à la Montezemolo o (e qui esageriamo) alla Warren Buffett, ci lascia un po’senza parole. Ma va bene così: noi non siamo mica gli americani, è passato tanto tempo, e il Blasco avrà fatto rewind. Basta con la vita che se ne frega. Ma il Komandante che diventa paladino del contribuente è troppo. Come disse un suo collega (ma perché cantante, non perché evasore), stavolta no, Vasco, no. Io non ci casco.