Un’offensiva studiata a tavolino. Una “exit strategy” preparata con cura. Difficile spiegare altrimenti gli ultimi attacchi da parte dei dirigenti della Lega Nord nei confronti del premier Silvio Berlusconi. Vista l’aria che tira, deve aver pensato qualcuno a Via Bellerio, meglio scaricare il Cavaliere e provare a salvare il salvabile. Perché se il presidente del Consiglio rischia di andare a fondo, i vertici padani non hanno alcuna voglia di finire nel vortice.
L’ultima presa di distanza dal Governo è di poche ore fa. Dalle fonti del Po a Pian del Re, dove è andato di scena il rito dell’ampolla, il leader Umberto Bossi ha attaccato duramente la coalizione. Il ministro delle Riforme è tornato a parlare di secessione. Ma, soprattutto, ha aperto all’ipotesi di una fine anticipata della legislatura. «Governo fino al 2013? Mi sembra troppo lontano».
Mentre il premier deve fare i conti con un inarrestabile crollo dei consensi, il mondo padano prova a prendere le distanze dal suo recente passato. I primi a scaricare il Cavaliere sono stati il sindaco di Verona Flavio Tosi e il capogruppo a Milano Matteo Salvini. Due leghisti particolari: legati al territorio, senza alcun vincolo parlamentare. Due dirigenti che conoscono bene gli umori dell’elettorato. Negli ultimi giorni entrambi hanno invitato Berlusconi a fare un passo indietro. «Ha esaurito il suo mandato – ha chiarito Salvini – la voglia, la possibilità e la forza».
Ieri sera si sono esposti gli altri big. Tutti. Il partito si è mosso compatto come non succedeva da tempo. L’occasione l’ha fornita il settimanale Panorama, che ha dedicato un lungo articolo alla moglie di Bossi, Manuela Marrone. Presentata come la vera reggente del partito. Nel giro di poche ore – ed è difficile non pensare a una regia – i principali esponenti leghisti sono insorti contro il periodico berlusconiano. Dirigenti del cerchio magico e maroniani. Senza distinzioni e senza correnti. «Certo – racconta oggi un leghista – leggendo i numerosi comunicati stampa non è difficile trovare qualche frecciata all’avversario interno di turno (in un lancio di ieri sera il ministro Roberto Calderoli se la prendeva con i “furbetti del movimento”, ndr)». Eppure non sfugge a nessuno che, per una volta, la Lega ha fatto fronte comune. Anteponendo il futuro del partito al chiacchierato dualismo Bossi-Maroni. Il risultato? In serata il presidente del Consiglio Berlusconi è stato costretto a intervenire, prendendo pubblicamente le distanze dal settimanale. «Dissento nel modo più totale – ha spiegato quasi giustificandosi – Sono lontanissimo dal contenuto dell’articolo». Neppure l’avesse scritto lui stesso.
«La prova che l’attacco a Panorama sia stato pianificato – raccontano da ambienti leghisti – è che poche ore dopo si è aperto il grande evento mediatico padano: la cerimonia dell’ampolla». La due giorni che, nelle intenzioni degli organizzatori, dovrà aiutare il Carroccio a riconquistare parte dell’elettorato deluso. E non stupisce che nel comizio odierno Umberto Bossi abbia rispolverato temi che sembravano appartenere al passato. Immagini che sembravano dimenticate per sempre, come la chiamata alla armi dei padani. Il Senatore ammicca. «Lo so lo so, ci sono milioni di persone che aspettano un segnale in tutte le regioni bagnate dal Po. Aspettano che succeda qualcosa, aspettano un lampo per mettersi in cammino. Che l’Italia va a picco l’hanno capito tutti, perciò bisogna preparare qualcosa di alternativo: la Padania». Un ritorno alle origini. E via a snocciolare tutte le differenze con il Pdl. Le conquiste della Lega di Governo, spesso ottenute alzando la voce con gli alleati: dalle pensioni ai contratti di lavoro territoriali.
Adesso i fedelissimi del Cavaliere guardano con ansia all’appuntamento di domenica. La manifestazione leghista si concluderà tra due giorni a Venezia. In quell’occasione il senatùr celebrerà i quindici anni dalla dichiarazione di indipendenza della Padania. E, con ogni probabilità, cercherà di smarcarsi ancora di più dall’alleato. Dietro il vecchio leader il partito marcia ancora unito? Per avere una conferma basterà attendere pochi giorni. Giovedì la Camera dei deputati voterà la richiesta di custodia cautelare nei confronti del deputato Pdl Marco Milanese, l’ex braccio destro del ministro Tremonti. Bossi ha fatto capire che il partito si opporrà all’arresto. Al capogruppo Marco Reguzzoni il difficile compito di convincere i parlamentari maroniani.