Ma per uscire dal berlusconismo l’élite italiana deve metterci la faccia

Ma per uscire dal berlusconismo l’élite italiana deve metterci la faccia

Passa il tempo, il berlusconismo mostra il suo volto finale e più scuro, e un po’ per volta si affacciano alla scena pubblica protagonisti vecchi e nuovi, leader ipotetici e politici che sono pronti a diventare tali scendendo in campo estratti dalla mitica “società civile”. Di Montezemolo, che quest’estate sembra aver sciolto le riserve, abbiamo detto ampiamente; ieri a dirsi disponibile è stato Alessandro Profumo (socio de Linkiesta); il fantasma di Mario Monti aleggia da sempre alle spalle di ogni governo in sofferenza; e da qui alla fine (naturale o prematura, ormai cambia poco) della legislatura in molti daranno la loro disponibilità. La buona fede e le buone intenzioni sono sempre certe, fino a prova contraria. Le capacità dei singoli candidati o candidabili sono valutabili, quantomeno, vedendo se il proprio mestiere di manager è stato svolto bene o male, con risultati brillanti o deludenti. Per tutti, però, vale un principio: per la politica, più che mai in questa fase, serve coraggio. Serve la forza di alzarsi in piedi, metterci la faccia e cercare i voti, perchè in democrazia funziona così. Più che mai in questa fase finale di una democrazia plebiscitaria come quella inagurata in Italia da Berlusconi, serve insomma che siano gli strumenti della democrazia – non della tecnica – a cambiare gli scenari. I governi tecnici e i commissari, naturalmente, possono anche servire e anche noi su Linkiesta abbiamo auspicato che si arrivasse a mettere in sicurezza i nostri conti.Ma poi, a un certo punto, serve la politica; serve il coraggio di uscire in mare aperto e combattere. La fine del ventennio berlusconiano passa di qua, e se questo è chiesto ai partiti che già esistono, ai politici che già esercitano, non può essere diverso per chi si candida a entrarvi. Anche perchè sennò, alla fine, si rischia la contraddizione della critica a corrente alternata. Quella che ha visto ad esempio Mario Monti – allora candidatissimo a un governo tecnico – parlare di “commedia all’italiana” per la politica economica del governo in data 14 luglio; e appena un mese dopo, sulle stesse due colonne del Corriere della Sera, salutare invece un “nuovo governo dell’Economia” e addirittura una redenzione dell’Esecutivo.Come abbiamo visto, nei giorni scorsi e in ancora in queste ore, di redenzioni non ne sono arrivate, e la rotta è tutt’altro che sicura. I mercati, lo si vede proprio adesso, non hanno certo allentato la pressione sull’Italia e continuano a invocare un cambio di rotta. Per ottenerlo, però, non basta sperare in una chiamata: ci vuole il coraggio di fare politica.

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