L’ultimo banco di prova per la maggioranza è il caso Marco Milanese. Questa settimana, partendo da domani, la Giunta per le autorizzazioni della Camera dei deputati si riunirà per esaminare la richiesta di arresto avanzata dalla procura di Napoli nei confronti del deputato del Pdl, ex braccio destro del ministro Giulio Tremonti. I ventuno componenti della Giunta hanno tempo fino a venerdì prossimo, quando dovranno formulare il parere da consegnare all’Aula. Si parte domattina, alle 13. I parlamentari interessati si riuniranno a Montecitorio per esaminare gli ultimi documenti. Entro tre giorni dovranno prendere una decisione sul deputato indagato per i reati di corruzione, rivelazione di segreti d’ufficio e associazione a delinquere.
Ventuno voti. Divisi quasi a metà tra maggioranza e opposizione. Il Pdl può contare su sette parlamentari. Gli ex responsabili sono rappresentati dal capogruppo di Popolo e Territorio Silvano Moffa. Sulla carta otto bocciature alla richiesta di autorizzazione a procedere. Sulla carta, però. A Montecitorio qualcuno azzarda l’ipotesi che alcuni fedelissimi del Cavaliere, magari proprio per delegittimare la figura di Tremonti, possano votare a favore dell’arresto. Dal Pdl, ovviamente, tutti negano. «Non so fino a che punto possa essere arrivata l’inciviltà di alcuni colleghi – alza la voce Maurizio Bianconi, vicepresidente del gruppo Pdl e componente della Giunta – ma trasformare vicende personali in casi politici è una colpa che potrebbe ricadere su questa classe politica».
Non è tutto. «In ogni caso – continua Bianconi – sono convinto che chi vuole il male di Tremonti non voterà per l’arresto di Milanese». Un deputato del Pdl, uno dei principali oppositori interni del ministro dell’Economia, spiega meglio: «Chi non ama il titolare di via XX settembre, difende Milanese. Sa perché? Perché il primo a non amare più Tremonti è proprio Milanese. Che non si è sentito tutelato a sufficienza dal ministro durante la bufera giudiziaria».
Torniamo alla composizione della Giunta per le autorizzazioni. L’opposizione può contare su cinque esponenti del Pd, due di Futuro e Libertà e uno dell’Idv. In totale otto, come la maggioranza. C’è poi l’unico esponente del gruppo misto, il deputato Mario Pepe. A fare la differenza, così, saranno la Lega Nord e l’Udc. Rappresentati in Giunta da due deputati ciascuno.
Il partito di Pier Ferdinando Casini non ha ancora deciso sul voto. Ma alla fine potrebbe scegliere di salvare l’esponente del Pdl. Per due motivi. Il primo è legato alla crisi finanziaria che ancora incombe sul Paese. E all’opportunità di delegittimare ulteriormente la figura del titolare dell’Economia. Il secondo motivo è politico. Difendere un esponente della maggioranza dalla richiesta di arresto potrebbe contribuire a quel confronto che, da qualche tempo, l’Udc ha aperto con il Pdl. Non più tardi di ieri il capogruppo Pdl Fabrizio Cicchitto ha pubblicamente «apprezzato» le aperture di Pier Ferdinando Casini. «Certo, nessuno parla di un loro ingresso in maggioranza» conferma un fedelissimo del Cavaliere. «Ma è ovvio che tra i due partiti si sia aperta una discussione sul futuro». Il vicecapogruppo Pdl Bianconi, da domani impegnato in Giunta, conferma: «Nonostante tutte le divisioni e i distinguo, con il partito di Casini rimane un’identità di vedute. E la comune appartenenza al Partito popolare europeo è un indizio importante». I tentativi di dialogo tra i due ex alleati, insomma, passano anche dalla Giunta per le autorizzazioni.
E poi c’è la Lega Nord. A rappresentare il Carroccio in Giunta saranno Luca Paolini e Fulvio Follegot. Ancora mistero sul loro voto. «Al momento stiamo valutando – conferma Paolini – stiamo leggendo le oltre diecimila pagine dei documenti che ci sono stati trasmessi. Dobbiamo ancora prendere una decisione». In Transatlantico c’è chi assicura che la Lega sia orientata a votare a favore dell’arresto di Milanese, ma non è detto. Come a luglio, quando i parlamentari leghisti – allora si disse su indicazione di Roberto Maroni – autorizzarono l’arresto del Pdl Alfonso Papa. Ma stavolta c’è una differenza. Sulla decisione, infatti, peserà anche il rapporto privilegiato di Tremonti con il leader padano Umberto Bossi. E non è un caso, forse, che nel pomeriggio di oggi si sia tenuto un incontro tra i due nelle nuove sedi ministeriali di Monza.
A risparmiare ulteriori scontri all’interno della maggioranza non sarà Milanese. Qualcuno racconta che in questi giorni il deputato abbia a lungo riflettuto sull’ipotesi di fare un passo indietro. Di dimettersi da parlamentare prima del voto della Camera (la conferenza dei capigruppo convocata domani potrebbe inserire l’appuntamento già nel programma della prossima settimana). Nelle ultime ore, invece, l’ipotesi delle dimissioni sembra aver perso quota. Da questo punto di vista non stupisce che nel pomeriggio l’ex consigliere di Tremonti ha presentato alla procura di Roma una querela nei confronti dell’imprenditore Paolo Viscione, il suo primo accusatore.