“Non fanno che parlarne, ma non è questo che cerchiamo noi giovani. A me, per esempio non mi interessa proprio, o almeno non è prioritario”. Chi ha detto che tutti i gay si battono per il matrimonio? Matteo, 24 anni, vive a Roma e ha un fidanzato. Lo ama e ci vuole vivere. Ma, al contrario delle rivendicazioni firmate dalla comunità, di sposarsi non ne vuole sentire. “E’ una pratica contraria allo stile di vita del 2011. Gay o etero, non cambia. Piuttosto che combattere per l’unione in Municipio, dovremmo spingere per un contratto di convivenza tout court, che riguardi qualsiasi coppia di persone, anche fratelli e sorelle, che vivono insieme”.
Si è stufato, Matteo, di dover per forza fare parte di una comunità che rivendica questioni vecchie. E si è stufato di dover dimostrare agli etero di avere le loro stesse identiche necessità. “Un conto è essere trattati come gli altri, avere dei diritti universali e far capire alle persone che non è una moda o una malattia, un’altra cosa è dirsi uguali agli etero: io non posso fare figli con il mio compagno, questo è un dato di fatto che mi differenzia”.
L’accusa è per il sottosegretario Giovanardi che ci chiede di dimostrare che “non distruggeremo le famiglie, che chiede di dimostrare che siamo ‘normali’, che ‘amiamo’ etc”. L’accusa è rivolta all’Italia. Troppo bigotta per capire. Ma l’accusa è anche rivolta alla comunità gay stessa che “per troppo tempo ha tentato di ‘normalizzare’ il nostro essere chiedendoci di fatto di seguire regole che non ci appartengono”.
Un esempio? “La cosa comica nel nostro Paese è che quando si parla di gay sono solo loro a parlarne, con l’abuso anche da parte nostra di questa dinamica perversa e che fa di molti dei professionisti del settore. Quando poi viene fuori l’argomento, noto una totale rassegnazione verso certi episodi”. Della serie, “e vabbè, ci hanno picchiato, insultato, sbeffeggiato. Succede, ma che cosa dobbiamo farci?”. E’ come se, oltre ai gay pride e ai comunicati stampa, la comunità omosessuale d’Italia non riesca mai ad andare oltre. “E’ come se non si riesca a concretizzare. Perdono di vista l’obiettivo, si lasciano trascinare dal discorso politico. In caso di violenze contro i gay, suggerirei di muoverci su due binari: quello legale perché è la magistratura l’unico organo che può fare qualcosa dato che il politico in fondo non ne è toccato, e quello dell’azione: dobbiamo reagire e far seguire alla denuncia, un’ azione diretta, rapida e concreta. Serve smettere di nasconderci, e vivere normalmente”.
Non solo. “Penso – continua Matteo – che nemmeno il gay village dovrebbe esistere”. Non è d’accordo con i ‘vecchiacchi’, i capi del movimento. “Il loro e il nostro approccio alla questione è diverso perché essendo nati prima hanno avuto esperienze passate diverse. Alcuni rivendicano i nostri diritti specifici, altri organizzano proteste solo legate ai gay ma non capiscono che i nostri diritti sono i diritti di tutti. E poi, dopo tanto fumo, alcuni di loro mancano di coraggio: conosco uno che da 40 anni finge di amare le donne”.
Matteo non ha paura. Per lui è stato semplice. “Se te lo devo dire, è una cosa che ho sempre vissuto normalmente. All’inizio mi sono documentato, ho cercato su internet. Volevo sapere se l’omosessualità era una condizione solo mia o comune a tutti. Da lì, piano piano, sono cresciuto interiormente”. Difficoltà? “A volte perché in Italia, finché lo fai per i fatti tuoi non c’è problema. E’ quando esci che la cosa peggiora. Non c’è accoglienza, i giovani non sono educati. Ricordo alle scuole medie: stavo insieme a un compagno di classe, il primo amore e non mi sembrava vero di averlo trovato. Ovviamente eravamo bersaglio di piccole offese e gestacci. E’ l’ignoranza che regnava (e regna) sovrana, il fatto di non avere idea di cosa fosse l’amore in generale”. E gli adulti? “Ecco l’altro problema italiano. Si cade sempre nel vittimismo. ‘Poverini, lasciateli stare diceva la maestra’. Poverini un bel niente, dico io adesso. Perché cadere sempre nel vittimismo? Do’ un consiglio ai gay d’Italia: tirate fuori le unghie”.
Troppa autocommiserazione fa male. Anche Ettore, 24 anni, gay, la pensa esattamente come Matteo. Si dice ‘uomo al quadrato’. Omosessuale da sempre, cambia ragazzo ogni mese e frequenta l’Arci con costanza. Con un particolare: vota Pdl. “Sembra una contraddizione, fa strano lo so, ma non puoi immaginare quanti uomini e donne di destra ci siano nella comunità gay di Roma. Solo che spesso non lo ammettono perché il movimento, di per sé, tende a sinistra”. Gay e di berlusconiano. E come la mettiamo con Giovanardi e le sue frasette xenofobe? “I politici non fanno altro che interpretare il pensiero comune. Almeno loro, anche se non dovrebbero per l’uniforme che portano, hanno il coraggio di dire quello che pensano tutti ma che nessuno dice per correttezza”.
Ettore se la prende con gli italiani. Come Matteo, è contro il matrimonio. Però è giovane, progressista e a favore dell’adozione che “permetterebbe di aprire una breccia nella nostra società”. Facile a dirsi. Si ripetono costantemente frasi del genere: “Non ho niente contro i gay, solo quando li vedo che si baciano provo schifo”. “Sinceramente non mi importa basta che non mi facciano delle avances”. “E’ ovvio che anche a me viene da fare battute sui gay cioè le faccio spesso ma appunto sono solo battute, non provo odio o che so. Ho ex compagni di classe che sono omosessuali ma per me non è mai stato un problema”. “E’ questo il vero pensiero degli italiani. Fanno tutti i politically correct, poi però chissà come la pensano davvero”.
Giuseppe, siciliano, nato a Palermo, è più debole di Matteo ed Ettore. Soffre. “Mi sembra quasi di essere rimasti nel ‘500”. Ventitre anni, studente di lettere, non ha mai osato baciare il suo ragazzo all’università perché “non voglio che mi guardino con quella faccia del cavolo”. Così, finisce per isolarsi. Per frequentare solo i posti che frequentano i gay, per vedere Marco solo a casa o nel pub dove “il gestore mi conosce”. Il rischio è di commettere errori: “Ci considerano minoranza e per questo ci siamo costretti a fare gruppo, parlando di noi tra noi, etichettandoci da soli”. Colpa della politica e della politicizzazione dell‘omosessualità: “Finché Veltroni scrive lettere nelle quali annuncia che è a favore delle unioni gay, non cambierà nulla. Ne parlano, soprattutto a sinistra, come se ci dovessero fare concessioni. Invece no. L’omosessualità esiste da sempre, nel ‘700 era praticamente già normata. Oggi sembra che l’ex segretario del Pd abbia scoperto l’acqua calda. Questo approccio non fa che impedire il progresso. Molte grazie”.