L’ennesimo partito che non c’era ed oggi finalmente c’è? «Un raccoglitore nuovo per proposte fresche e facce pulite»? Niente affatto, a sentire le voci degli ideatori: rassegnatevi dunque voi aspiranti portaborse e ruspanti riciclati. Se proprio Outsider-il Partito degli Esclusi qualcosa dev’essere, questo sia: un’iniziativa «superpartisan» o «transpartisan» o, insomma, «lontana dalle logiche dell’attuale partitocrazia e volta a scardinare la solidarietà tra forze conservatrici di questo Paese al palo». Hanno già un inno, gli Esclusi, oltre a un logo ammiccante. Hanno preso in prestito The Outsider, manco a dirlo, quella dei R.E.M. – che nel frattempo hanno dichiarato di essersi sciolti. «Ma non si tratta di sfiga», puntualizzano. Il timoniere è Luca Bolognini, che spiega: «L’idea è mia, di Falasca di Futuro e Libertà, di Gerace dell’Unione di Centro e del professor Paganini». I quattro hanno le idee chiare; più che un partito si proclamano un «massimo comune denominatore».
È in costruzione, è in movimento (o almeno così dicono i giovani fondatori). Del forsennato attivismo estivo però pareva essere rimasto poco, fino all’altro ieri. Invece gli Esclusi annunciano addirittura una mobilitazione nazionale per il 15 ottobre. Data sventurata, giacché gli Indignados italiani promettono di scendere in piazza per quel giorno e si prevede tanto traffico sulle grandi arterie del civismo italico. Ma tant’è. I portavoce del PdE precisano che «Già di per sé il nome è una provocazione. Non vogliamo fondare l’ultimo dei millemila partitini italiani, vogliamo farci “casta” per combattere i privilegi. Sbaglia chi, anche sulla stampa nazionale, ci attribuisce mire elettorali. Non siamo interessati a superare lo sbarramento del 4% alle politiche, non ci candidiamo neppure. L’unico sbarramento che vorremmo abbattere è quello che impedisce ai giovani professionisti di riscrivere il destino economico e culturale dell’Italia».
Il nucleo centrale è oggi costituito da un iperattivo gruppo di under 40 rimasti finora ai margini della vita politica di questo Paese, l’occasione è dunque propizia: rientrare nel Palazzo dal portone principale. Con una proposta concreta, almeno per ora. A firma del gruppo costitutivo fatto di studenti, avvocati, commercialisti, medici, consulenti d’impresa, docenti, imprenditori, registi, commercianti, giornalisti e dipendenti di aziende private. ESC (come lo chiamano i primi tesserati) si proclama «non estremista», assicura di non voler «buttare via quanto di buono il Paese esprime». Inoltre non promettono miracoli, questo no, ma si dicono «arrabbiati, delusi, competenti, non alla ricerca del posto fisso ma di opportunità vere». Bolognini racconta del raduno di avvio («la nostra alpha talk story») e della nuova compagna sul un contratto unico di lavoro «simile a quello proposto da Ichino, ma un po’ diverso». Con tanto di creazione di «fondo destinato alle nuove famiglie».
Niente padrini alle spalle, niente sponsor munifici, niente comitati occulti. Anche per questo «la tessera di Outsider, come Socio Ordinario, costa tanti euro quanti sono gli anni di età (provando a ribaltare simbolicamente gli equilibri dei conti pubblici, per cui i più giovani pagheranno esponenzialmente di più dei vecchi che fecero il debito)». L’ispiratore, Luca Bolognini, classe 1979, è presidente dell’Istituto Italiano per la Privacy, già avvezzo del settore young: è stato infatti “ideatore e portavoce nazionale” della campagna Coalizione Generazionale Under 35, per il ricambio della classe dirigente nel nostro Paese. Nel frattempo è cresciuto, fa l’avvocato ed è uno dei tanti nodi di Rena, la Rete Nazionale per l’Eccellenza. Ha posto la sede della nuova sigla a quattro passi dal Lungotevere, in piazza San Salvatore in Lauro. Il rischio concreto è quello di scomparire nel marasma del dejà vu, allora «partiamo da un presupposto – se vuoi – sconsolato: lo status quo è difficilissimo da cambiare realmente. Per entrare in gioco da “extrapolitico” occorre sempre avere dei potentati economici alle spalle. Qui da noi nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma. Neppure dopo il ’92-’94 è cambiato qualcosa, solo un riallineamento degli equilibri». Assicura Piercamillo Falasca, ideatore dell’associazione “Libertiamo” e collaboratore di Benedetto della Vedova: «I tempi sono cambiati, oggi assistiamo a un protagonismo convinto dell’elettorato italiano. Lo dimostrano i risultati delle consultazioni referendarie, di quelle comunali della scorsa primavera e anche l’ingente numero di firme raccolte per l’abrogazione del Porcellum. Ci sono spazi nuovi di partecipazione che possiamo occupare». Partono da premesse condivise e provano a volare basso, per intanto. Non è che si sentano marginali, ma insomma: «Viviamo nel Paese giusto, tuttavia siamo nati nell’epoca storica sbagliata». Non se la prendono con qualcuno in particolare, non sono bamboccioni, anzi si dipingono in una «cornice sociale privilegiata».
La nuova creatura si chiamerà dunque così: “Outsider” e sarà «il Partito degli Esclusi». Esclusi mica per colpa loro, dicono. Esclusi dai vecchi, dai burocrati, dall’establishment. Hanno un logo, il tasto più in alto a sinistra sulle tastiere dei computer, quell’Esc che «invita a fuggire dalle prigioni della rassegnazione». Oggi tentano di riscoprire il «piacere di un’agorà», finora tutta virtuale – eccezion fatta per qualche incontro informale davanti ai laghetti con paperelle delle ombrose ville capitoline (sic!). Per vedere chi sono i quarantasei fondatori e portavoce clicca qui. L’inghippo sta nelle diverse provenienze culturali dei tanti, «ed è proprio per questo – confessa Bolognini – che facciamo il partito della seconda tessera su temi economico sociali, evitando i terreni scoscesi delle confessioni ideologico-religiose».
Il partito “non partito” vorrebbe somigliare a ciò che sono stati i Radicali di Bonino e Pannella nei momenti migliori, un club di gentiluomini fighetti ma brillanti. Un’associazione di persone impegnate che vorrebbe raccogliere l’entusiasmo e la passione di chi «crede in ciò che fa». «A pensarci bene, può funzionare solo in un Paese in declino come il nostro. Qui noi tutti siamo concordi sulle premesse e sull’analisi dello scatafascio, sappiamo che certe cose non si possono accettare per via dell’aria ammorbata che i privilegiati ci fanno respirare». La notizia è l’elaborazione di una proposta di legge di iniziativa popolare cui si sta lavorando in questi giorni. Servono almeno 50 mila firme in 6 mesi. Si tratta di un «Patto Generazionale che prevede una riforma delle pensioni e del lavoro, l’innalzamento dell’età pensionabile, sul modello del contratto unico, uno scambio tra pensioni – welfare – ricerca e innovazione all’interno dello stato sociale. «Teniamo a lavoro qualche anno in più chi ha beneficiato del sistema di sicurezze statali, a vantaggio di chi rischia di restare fuori dal mercato del lavoro». Una proposta di legge abbastanza complessa, «che non è una novità – ammettono – ma intercetta la partecipazione diffusa e ampia di questi momenti». I problemi non mancano, le esperienze degli Esclusi sono diverse, e spesso le divergenze emergono dirompenti, per esempio sui temi etici (eterna dimostrazione della battaglia italiota tra baciapile e mangiapreti). O ancora configgono la visone liberista e quella socialdemocratica. «Sarebbe un fallimento se la pensassimo tutti uguale, dobbiamo fare così: organizzarci attorno a un’idea forte e concreta. La nostra è una proposta accidentalmente generazionale, ma non prigioniera del giovanilismo. Diciamo che ci è capitato di essere non vecchi, ma è un caso».
I quattrini finora raccolti, diecimila euro frutto di contributi personali di duecento euro («segno che in quest’avventura vogliamo metterci impegno e sacrificio», commentano) serviranno a mantenere in vita il sito, a stampare i moduli per la raccolta di firme e a mettere in piedi qualche forma di comunicazione virale, «una sorta di flash mob delle idee nuove». Bolognini è entusiasta: «La nostra marea si sta alzando. Anche all’interno dei partiti tradizionali di centrodestra e centrosinistra, le nostre proposte cominciano a essere recepite perché stanno a cuore alle nuove generazioni che oggi provano a riconquistare il ruolo smarrito». «All’antipolitica – incalzano – reagiremo con la buona politica», anche per questo hanno lanciato la cosiddetta “piattaforma programmatica” con annesso manifesto delle “Nove Idee Nuove”. Appuntamento con la realtà, dunque, dal prossimo ottobre: solo allora si capirà se il destino di questa creatura sarà il parcheggio generazionale in cui stazionano, senza vita, le dozzine di gruppuscoli che nel corso degli ultimi anni, come meteore, hanno attraversato il cielo nuvoloso del Paese. O se invece è davvero nata una stella.