“Silvio è alla fine, circondato da vili”. Quel Corsera di quattordici anni fa

“Silvio è alla fine, circondato da vili”. Quel Corsera di quattordici anni fa

Fini sembrava coraggioso, perchè lo definiva “incauto”. Previti mandava avvertimenti. Casini faceva già il padrone di casa del centrodestra italiano. Uno spartito buono per (quasi) tutte le stagioni, ritratto da Francesco Merlo sulla prima pagina del primo quotidiano italiano. Riletti oggi, i passi più importanti di un editoriale vecchio di 14 anni, fanno particolarmente impressione. E il finale, che in due righe racconta una corte sempre pronta a tagliare la corda, sembra scritto oggi, o anche domani.

È come se il sistema politico italiano cercasse di espellerlo. E gli intellettuali quasi non lo servono più. Lucio Colletti, che non gli ha mai venduto l’anima, lo chiama “capo”, come si fa con i posteggiatori d’auto. Nessuno più ride della sua megalomania e delle sue ingenue vanità. (…) Si diffonde tra ex amici ed ex nemici quel fastidio contenuto che sempre e’ stato il preludio alla ferocia. Giuliano Ferrara, che è il più generoso, lo paragona a Mozart, che fu terribilmente e disperatamente solo, irresponsabile genio infantile che irritava il mondo degli adulti. Ma Alleanza nazionale, che non l’ha mai digerito perchè “è un padrone pieno di soldi”, comincia a scaricarlo, a Palermo come a Roma. Fini spinge la sua audacia sino a definire Berlusconi “un incauto”, che è una parola ricercata faticosamente per nascondere e mostrare una caustica animosità (a chi di voi verrebbe in mente di criticare il leader dandogli dell’incauto?). I cosiddetti liberali di Forza Italia, da Martino a Taradash, si organizzano in corrente autonoma. Casini e Mastella gia’ indossano, come le serve di Genet, gli abiti del padrone di casa. (…). E ovviamente Cesare Previti, il suo avvocato di affari, dicendogli: “È te che vogliono, caro Silvio”, minaccia di trascinarlo nell’inferno: “Quel che sta avvenendo a me potrebbe avvenire a te”. Come si diceva una volta, Previti “prefigura”. Persino il Milan l’ha tradito. Con la regia del gran maestro Francesco Cossiga nelle vesti del moralizzatore e dell’erede, e’ iniziato il conto alla rovescia: il centrodestra cerca un leader perche’ e’ finito il carnevale della politica, nessuno crede più alla festa liberale, fatta di canzoni e palcoscenici e detassazione, anche il partito-azienda ha i conti in rosso ora che la poesia ha ceduto il posto alla prosa. Tutti ormai sanno che Berlusconi è inadeguato alla “cucina dei partiti”, che D’Alema l’ha ubriacato con la tattica e la strategia, con il cedere qui per prendere lì, con l’arte del fare tre passi avanti e due indietro. Il carisma personale e i soldi inesauribili funzionarono fin quando bisognava aggregare consensi e simpatie, umori e talenti. Ricordate cosa disse Berlusconi? “Erano zucche, li ho trasformarti in tanti deputati”. Ma adesso che bisogna progettare resistenze e lunghe marce ci vogliono i sergenti e i caporali, le strutture di servizio, un partito. Perciò Berlusconi si sta consumando tra le sue zucche, e mille mormorii ci dicono che è malato, proprio come avveniva con Craxi negli interminabili anni del crepuscolo politico. Ci può essere una dignitosa malinconia nella estenuante fine di un capo, come accade per esempio tra i bufali e gli elefanti quando un capobranco perde il dominio e le forze. Ma tra gli uomini è un crudo spettacolo di cannibalismo e di viltà.

E alla fine di tutto, resta solo una considerazione. Quel momento, questo momento, prima o poi doveva arrivare. Ma sta arrivando adesso, quattordici anni dopo. Previti è finito sul suo binario morto. Cossiga è proprio morto. D’Alema ha forse ancora la battuta, ma con Berlusconi ha sempre perso anche nel Palazzo, non solo nel paese. Martino fa fronda, ma poi alla fine guida gli economisti che devono formulare l’ennesima improbabile proposta di riforma fiscale. Il Milan ha dato al Cavaliere e ai suoi tifosi ancora tante tante soddisfazioni. Le zucche trasformate in deputati resteranno zucche: anonimi e coperti solo di cattiva e indistinta fama. Berlusconi, invece, sarà materiale per gli storici: con le promesse di rivoluzioni che non ha mantenuto, con le leggi che ha fatto per sè, eccetera eccetera.  La “viltà e il cannibalismo”, invece, vanno messe a fuoco subito. Noi italiani, dopo tutto, dovremmo avere imparato a riconoscerle.

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