Siediti lungo la riva del fiume e aspetta, prima o poi vedrai passare il cadavere del tuo nemico. Lorenzo Bini Smaghi, 55 anni, fiorentino, membro del comitato esecutivo della Banca centrale europea, ha fatto tesoro dell’antico proverbio cinese. Così, dopo mesi in cui era considerato ufficialmente fuori dalla corsa per la poltrona di governatore della Banca d’Italia, è ritornato in pista.
Giusto in tempo per rientrare nella procedura di nomina che, secondo quanto annunciato da Silvio Berlusconi questa mattina, partirà domani, giovedì 20 ottobre, con l’invio della lettera al Consiglio superiore della Banca d’Italia. La nomina del governatore, come prevede l’articolo 19 della legge 262/2005, è infatti disposta «con decreto del presidente della Repubblica, su proposta del presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri e sentito il parere del Consiglio superiore della Banca d’Italia». Incalzato sul nome del prescelto, il premier si è smarcato: «Sono tenuto al segreto».
La guerra di trincea fra i sostenitori della candidatura di Vittorio Grilli, direttore generale del Tesoro (appoggiata dal ministro Giulio Tremonti), e quanti – dal governatore uscente Mario Draghi al presidente Giorgio Napolitano – caldeggiano la nomina di Fabrizio Saccomanni, direttore generale di Bankitalia, ha finito però per riaprire i giochi. Bini Smaghi è una delle «personalità nel novero dei candidati» alla guida della Banca d’Italia, ha ammesso Berlusconi, conversando con i giornalisti alla Camera, nel pomeriggio di martedì 18 ottobre. «È una decisione che non è stata ancora presa perché ci sono diversi problemi da risolvere – ha poi aggiunto il presidente del Consiglio – e perciò stiamo portando avanti questi problemi, parlando con tutti coloro che possono avere qualcosa da dire di importante. Con il solito equilibrio e il solito buon senso prenderemo la decisione credo molto presto». Un altro papabile è Ignazio Visco, attuale vicedirettore generale di Bankitalia, curriculum denso di studi e pubblicazioni scientifiche, in passato capoeconomista dell’Ocse. Sul nome di Visco, peraltro, potrebbero ripiegare gli attuali sponsor di Saccomanni.
Rispetto all’ipotesi di Visco, la scelta di Bini Smaghi al vertice di Via Nazionale aiuta a far quadrare il puzzle delle nomine in Europa. Con l’arrivo di Draghi alla presidenza della Bce, in sostituzione del francese Jean-Claude Trichet, la Francia resterebbe senza rappresentante all’interno dell’autorità monetaria europea. Da mesi il presidente francese Nicolas Sarkozy chiede, tramite canali diplomatici, che Bini Smaghi lasci il posto a un francese. Opponendo la difesa dell’autonomia della banca centrale alle richieste dei politici, Bini Smaghi ha avuto buon gioco nel tenersi stretta la poltrona di membro del comitato esecutivo della Bce. Che però potrebbe lasciare qualora fosse chiamato a compiti più importanti. Quello di governatore è certamente fra questi. Con la nomina di Bini Smaghi, Berlusconi prenderebbe due piccioni con una fava: far arrivare una persona non ostile in Via Nazionale, e liberare un posto in Bce, accontentando l’amico Sarkozy.
In Banca d’Italia il nome di Bini Smaghi non suscita particolari entusiasmi, anche se proprio lì ha iniziato la sua carriera al servizio studi, prima di passare alla divisione analisi e pianificazione dell’Istituto monetario europeo (il primo nucleo di quella che sarebbe poi diventata la Bce). Nel suo curriculum (leggi), c’è anche una breve esperienza da vice capoeconomista alla Bce e poi la nomina, nel 1998, a dirigente generale della Direzione rapporti finanziari internazionali presso il ministero dell’Economia. Nel periodo in cui era di stanza al Tesoro, ha scritto un agile libretto divulgativo sull’euro pubblicato dal Mulino, che ha ottenuto un buon successo di pubblico. Nel complesso, fra Bankitalia, Bce e Tesoro il percorso professionale di Bini Smaghi è tale che difficilmente l’establishment vicino all’attuale vertice della Banca d’Italia potrebbe sollevare obiezioni di contiguità politica o di insufficiente indipendenza come è accaduto nei confronti di Grilli. Il suo rifiuto di dimettersi dalla Bce per favorire gli equilibri intergovernativi in Europa ne ha, alla fine, esaltato la reputazione di indipendenza contro coloro che alzavano le sopracciglia verso la “scarsa sensibilità istituzionale” dell’interessato. Va anche detto che degli anni in cui è stato membro del comitato esecutivo della Bce non lascia ricordi indelebili. E non certo perché fosse taciturno. Anzi, come banchiere centrale è dei più ciarlieri. Una sua analisi sulla Grecia, pubblicata dal Financial Times, è stata bollata come «sbagliata in modo spettacolare» dal Nobel per l’Economia Paul Krugman. Non sarebbe la prima volta per un banchiere centrale, in carica o in pectore.