Cose piccole – roba minima direbbe Jannacci – possono diventare lo specchio (lo specchietto?) di un Paese. Prendiamo la vicenda D’Alema, indagato per finanziamento illecito, avendo usufruito gratuitamente di una cinquina di voli privati (di cui due per uso personale) dall’amico Vincenzo Morichini, «lobbista rosso» e «facilitatore» di appalti pubblici, così lo descrive Carlo Bonini su Repubblica.
Bene, alla notizia del coinvolgimento del leader democratico, due esponenti di rilievo del Pdl hanno avuto reazioni opposte. Il più saldo Cicchitto si è richiamato all’idea garantista: «A una prima lettura delle agenzie, le motivazioni dell’avviso di garanzia a D’Alema appaiono forzate», mentre l’avventurista Gasparri ha mostrato più generosamente la sua soddisfazione: «Vado sempre d’accordo con Cicchitto, ma non questa volta. L’avviso a D’Alema è giusto e meritato. Semmai è tardivo, lo meritava ben prima».
La prima considerazione, tornando al senso originale dell’avviso di garanzia, così come venne concepito a difesa dell’interessato, è di totale sconforto: si può mai «meritare» un provvedimento di un pubblico ministero, soprattutto se va nel senso più alto dei diritti della persona sotto osservazione giudiziaria? Senza trasformarsi in anime belle, sarà utile considerare le parole del senatore Gasparri come quelle più identificative di una condizione generale, secondo cui l’avviso di garanzia è diventato un vero e proprio, e quasi inappellabile, atto d’accusa. E’ arrivato il tempo di rimodellarlo in qualcosa di meno manipolabile.
Detto questo, si può dire qualcosa anche su Massimo D’Alema e sulla vicenda che lo riguarda, dal momento che proprio da queste colonne (perdonate ancora la terminologia cartacea) avevamo aperto il problema. Si scrisse, a suo tempo e davvero nel silenzio generale, come apparissero un po’ troppo superficiali i rapporti del presidente Copasir con questi suoi amici, come non bastasse la certificazione inappuntabile dei bilanci della sua fondazione per dirsi totalmente estraneo a una vicenda, non certo penale (ma anche a quella poi siamo arrivati) ma che doveva accompagnarsi a quella visione più etica che è parte integrante della vita e della storia personale di ogni politico. Insomma, come quelle sue disinvolte frequentazioni lo potessero condurre in un girone dei moralmente incerti.
Adesso c’è di mezzo pure qualche carta giudiziaria, che i cronisti più informati raccontano finirà nel cassetto delle archiviazioni. Ne siamo sinceramente lieti per il leader democratico, che è persona certamente onesta. Ma la nostra questione non cambia, semmai raddoppia. Perché adesso abbiamo, dalla nostra, anche il dubbio di due magistrati seri come i pm Ielo e Cascini.
Vedete, non è per niente detto che le carte dei pubblici ministeri dimostrino qualcosa di penalmente rilevante. E se le carceri sono piene di innocenti, questo allora è doppiamente vero. Ma le carte, spesso, possono disvelare una condizione umana, uno spaccato sociale, possono far comprendere l’attitudine a mille disinvolture, rimandano a comportamenti che lasciano di stucco le persone cosiddette normali. Ne siamo talmente consapevoli, al punto che non abbiamo dovuto aspettare l’ufficialità di un’inchiesta per scrivere che probabilmente Massimo D’Alema avrebbe dovuto avere più attenzione per le sue frequentazioni.
Del resto, sono proprio le argomentazioni dell’interessato a riportarci al centro della questione. Nell’interrogatorio di fronte ai pm di una decina di giorni fa, D’Alema – scrive sempre Carlo Bonini su Repubblica – «ha giustificato quei passaggi aerei gratuiti (che gli vengono contestati quale «utilità personale» per un valore di circa 7000 euro), spiegando che si trattò di un servizio messo a disposizione da Morichini con argomenti che lo rendevano «né sospetto», «né potenzialmente illecito». E che argomenti potevano essere, di grazia, per rendere D’Alema così sereno? Massimo, non ti preoccupare, questi sono benefit che mi spettano, per cui te li giro tranquillamente.
Quest’estate, opportunamente stimolato da un giornalista a una Festa Democratica, il presidente del Copasir era tornato sulla vicenda, mostrando la sua solita sicurezza e opponendo anche un’argomentazione tecnico-politica: con un volo privato avrebbe potuto mettere insieme più impegni di partito, con il che ottimizzare la sua condizione di uomo politico che va a lavorare per il Paese. Come però racconta Fiorenza Sarzanini sul Corriere della Sera, due voli su cinque erano di carattere del tutto privato, «uno copre la tratta con Lamezia Terme, l’altro arriva in Croazia dove D’Alema aveva ormeggiato la barca». Insomma.
Questa storia porta con sé due cose molto belle. La prima, molto bella, è che l’inchiesta su Massimo D’Alema con tutta probabilità sarà archiviata e noi siamo sempre contenti quando l’onorabilità di un parlamentare italiano viene restituita alla sua integrità giudiziaria. La seconda, molto bella, diremmo bellissima, è che finalmente, anche con un certo senso di sollievo, possiamo accusarlo con buone ragioni di leggerezza (politica e personale), come faremmo con un amico caro, con una persona che ci sta a cuore. Lo avevamo già fatto tempo fa, ma eravamo un po’ più soli.