Rinnegato, insultato, disprezzato. Ultimamente nel centrodestra sono rimasti in pochi a difendere il Porcellum. E così, in attesa del referendum abrogativo, tra i protagonisti della discussa legge elettorale è partita la corsa allo scaricabarile. Il premio di maggioranza su base regionale? «Lo ha voluto il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi», ha spiegato oggi il premier Silvio Berlusconi. «Noi della Lega eravamo a favore del Mattarellum – si è giustificato qualche settimana fa il ministro Roberto Calderoli – ma siamo stati ricattati da Casini e dall’Udc per introdurre un sistema proporzionale, da Fini che voleva le liste bloccate e da Berlusconi che voleva il premio di maggioranza». A sentire i responsabili del Porcellum questa legge elettorale non la voleva nessuno.
In realtà quando sei anni fa il Parlamento approvò la legge, nel centrodestra i commenti erano molto diversi. Tra i partiti della maggioranza la legge elettorale aveva raccolto poche critiche e parecchio entusiasmo. Per rendersene conto basta leggere il resoconto stenografico della Camera dei deputati. Data 13 ottobre 2005. Giorno in cui Montecitorio licenzia il Porcellum. All’epoca nessuno parla ancora di legge «porcata». Semmai di «un’aria nuova, una brezza di libertà per l’Italia», come saluta il provvedimento Luca Volontè, in rappresentanza dell’Udc. «Siamo seri – spiega all’Aula il centrista, ora all’opposizione nel Terzo polo – il proporzionale è un sistema che riconosce più libertà di scelta all’elettore». La legge non introduce le preferenze ma almeno, sempre nell’analisi dell’Udc, «il modello proposto è volto a radicare il sistema bipolare e a favorire l’alternanza». Nel 2005 il partito di Pier Ferdinando Casini non ha dubbi: «Per noi questa legge elettorale è un successo» ammette candidamente Volontè.
A rappresentare la Lega Nord durante le dichiarazioni di voto c’è il deputato veneto Luciano Dussin. La riforma elettorale? «Un strumento serio, senza sotterfugi». Oggi Calderoli racconta di un ricatto da parte del premier per introdurre nella riforma un premio di maggioranza. Ma è proprio al premio di maggioranza che quel 13 ottobre Dussin dedica gran parte del suo intervento. «Questa riforma della legge elettorale – sia chiaro! – cancella le distorsioni dell’attuale sistema. Non può più esistere che, come avvenne nel 1996, un polo prenda più voti, ma governi l’altro polo». «Noi vogliamo il rispetto assoluto delle scelte di ogni singolo cittadino! Il premio di maggioranza serve per garantire la governabilità del Paese a chi prende un voto di più, non uno di meno». Più chiaro di così.
Posizione simile quella di Alleanza Nazionale. A nome del partito di Gianfranco Fini – impegnato quest’estate nella raccolta firme per il referendum anti-Porcellum – prende la parola Ignazio La Russa. «Questa è una legge elettorale che fa vincere la coalizione che ha anche un solo voto in più e che garantisce la governabilità a tale coalizione». Una riforma illuminata. «Ma qual è la critica che volete muovere a una legge così?», chiede stupito all’opposizione.
Il più entusiasta di tutti sembra Gianfranco Rotondi. Oggi ministro per l’Attuazione del programma, allora responsabile della neo(ri)nata Democrazia Cristiana. Quel giorno l’ultima parte del suo breve intervento è un ringraziamento commovente ai responsabili della riforma: «Grazie Berlusconi. Grazie Casa delle libertà. Bentornato proporzionale! Bentornata politica!». A nome di alcune piccole sigle del centrodestra interviene anche Chiara Moroni. Oggi esponente di Futuro e Libertà. «Voteremo a favore di questa legge elettorale in modo assolutamente convinto» annuncia all’Aula. A chi critica l’introduzione delle liste bloccate, la Moroni risponde: «Dicono che grazie a questa legge il Parlamento sarà costituito nelle segreterie dei partiti. Vorrei sapere che cosa è accaduto in questi anni di maggioritario». La finiana è così sicura del Porcellum da avanzare una rischiosa previsione. «Con l’introduzione del nuovo sistema proporzionale la maggioranza vuole riconsegnare nelle mani dei cittadini la possibilità di scegliere davvero i propri rappresentanti». Lo stesso motivo per cui, sei anni più tardi, un milione e mezzo di elettori ha chiesto l’abrogazione della legge.