I trenta miliardi regalati dallo Stato alle imprese

I trenta miliardi regalati dallo Stato alle imprese

Partiamo dalla cronaca, Cobianchi: la Marcegaglia ha posto un ultimatum al Governo: agire subito o stop al dialogo. Eppure, da imprenditrice, anche lei ha goduto di ampi sussidi, così come Fiat e Saras…
In Italia i sussidi servono per sopperire e compensare gli extracosti che un Paese presenta nei confronti dell’industria, che sono la criminalità e la carenza di infrastrutture. Noi usiamo i sussidi per compensarli, la Germania, invece, per l’innovazione. È per questo che siamo sempre perdenti. Le colpe sono duplici, da un lato lo Stato eroga finanziamenti senza risolvere i problemi, dall’altro le imprese solo adesso capiscono che occorre agire. Non si sono mai poste il problema della riforma degli incentivi, se ne parla solo adesso con un disegno di legge che si occupa di questo, senza comprendere che i sussidi premiano i peggiori. Parliamoci chiaro: se negli ultimi 15 anni l’Italia è cresciuta costantemente meno della media Ue non è solo colpa dei politici. Tanto le grandi imprese quanto l’albergo di Cesenatico che ha costruito l’angolo sauna con i soldi pubblici. E quando la Marcegaglia parla di politica industriale, chiede al Governo incentivi per rendere più grandi ed efficienti le imprese.

Lei ha quantificato in 30 miliardi nel 2010 il volume di aiuti di Stato concessi alle imprese. Come si arriva a quella cifra? Quanti sono fondi che provengono dall’Europa e quanti dall’Italia?
In realtà, nessuno sa con precisione quanti soldi vanno alle imprese, perché le fonti di finanziamento così come i modi di attuarli, sono un milione. I 30 miliardi derivano da una stima fatta da Mario Baldassarri, presidente della Commissione bilancio del Senato. Le agevolazioni fiscali incalcolabili, mentre sugli aiuti europei il quadro è un po’ più chiaro: 4,3 miliardi nel 2008, 9,5 nel 2009. Per il 2010, il ministero dello Sviluppo economico non ha ancora pubblicato nessun dato. Una situazione piuttosto grave visto che siamo a ottobre 2011.

Nel libro si parla di 38.070 procedimenti aperti dalla Ue contro l’Italia per aiuti ritenuti potenzialmente illegali negli ultimi 10 anni. Un dato impressionante.
Quel numero si riferisce a tutti i dossier che l’Europa ha aperto sull’Italia. È un numero spaventoso, ma purtroppo non è significativo. Ad esempio, nel 2007 siamo il Paese che ha utilizzato di più la possibilità di non notificare alla Ue i cosiddetti “aiuti de minimis” cioè inferiori a 200mila euro in 3 anni. E ne abbiamo dati a pioggia. Un dato che mi ha impressionato riguarda il finanziamento delle sale cinematografiche che proiettano film in 3D: le abbiamo pagate tutte noi, attraverso, appunto, questi contributi non notificati.

Quanti di questi 30 miliardi non vengono contabilizzati nei bilanci delle imprese o dello Stato? Il cittadino, in teoria, ha diritto di sapere come vengono spesi i suoi contributi.
È necessario fare un distinguo. Dei fondi europei sappiamo praticamente tutto fino al 2008, anno i cui il rapporto sui fondi europei del ministero dello Sviluppo si ferma. Sugli altri fondi è difficilissimo ricostruire il percorso, ho scritto un capitolo intero cercando di capirlo. I controlli, sono vicini allo zero per un caos normativo prodotto da 1.300 leggi. Tanto che perfino la Corte dei conti e la Banca d’Italia, nei loro studi, ammettono che i dati sono presi da questa o quella fonte. La cosa più grave è che alcuni contributi sono stati erogati in contanti. Situazione che, in Calabria e in Sicilia, comporta un dirottamento alla mafia di buona parte di essi.

Un altro dato interessante riguarda le 1216 leggi delle amministrazioni locali che hanno concesso sussidi alle imprese nel periodo 2003-2008. E la retorica del patto di Stabilità?
Per buona parte si tratta di sgravi fiscali ed erogazioni di fondi europei, le amministrazioni locali non usano fondi propri perché quasi mai ne hanno, però continuano a concedere sgravi fiscali. Gli imprenditori, quando dicono che bisogna abbassare le tasse sul lavoro, hanno ragione, ma è altrettanto vero che chi paga le tasse per intero lo fa solo perché non sa che esistono leggi che consentono di pagarne di meno. Un esempio: c’è una legge che concede sgravi fiscali alle società per smantellare le navi “da rottamare”, peccato che un’altra legge obblighi lo smantellamento delle navi obsolete. Morale: sono incentivati per compiere il loro dovere.

Anche le banche non sono esenti da aiuti di Stato.
Le banche hanno avuto sgravi sulla base di tre leggi: la riforma Amato del 1990, la Ciampi del 1998 e quella sulla rivalutazione dei beni immobili delle Fondazioni. Anche la finanza, quindi, è stata sussidiata. La legge Ciampi è stata ritenuta illegittima dall’Europa, ha consentito di risparmiare 2,7 miliardi di euro agli istituti di credito che però, va riconosciuto, li hanno restituiti. In uno Stato liberale, comunque, non si dovrebbe sentire il bisogno di incentivare le fusioni: se una banca è piccola può essere acquisita. È la legge del mercato.

In che modo la mafia utilizza i sussidi pubblici, come scrive nel libro, per scalare il Nord?
Il capitolo sulla mafia parte da una strage nel 2006 a Urago Mella, in provincia di Brescia, dove vengono ammazzate tre persone, tra cui l’imprenditore Angelo Cottarelli, che erogava fatture false a favore di un’azienda controllata dal clan dei Marino, ma si era intascato un milione e mezzo in più di quanto pattuito. Questo per dire che, per incamerare i sussidi, le società hanno bisogno di fatture false e se vengono dal Nord “suona meglio”. Tremonti dice che bisogna spendere i fondi europei destinati al Sud, ma è un discorso sbagliato se è svincolato dalla creazione di nuovi posti di lavoro.

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