BRUXELLES – Dopo il vago annuncio di un misterioso «pacchetto complessivo» da parte di Nicolas Sarkozy e Angela Merkel domenica, il lunedì arriva il rinvio del summit Ue di una settimana (al 23 ottobre). Se qualcuno aveva ancora dubbi su quanto siano ancora lontani Germania e Francia dall’accordo sulla ricapitalizzazione delle banche e sull’incubo greco, eccolo servito. Basta dare un’occhiata ai blog anglosassoni, come ad esempio quello del Wall Street Journal, per capire come viene letta anzitutto dai mercati la notizia ufficialmente confermata questo pomeriggio dal presidente del Consiglio Europeo Herman Van Rompuy.
La verità, a sentire almeno vari diplomatici e la stampa anzitutto tedesca, è che Parigi e Berlino restano per ora ai due lati opposti della barricata, anche se gli sforzi di avvicinamento – vista l’emergenza – sono innegabili. Berlino si è ormai convinta, in effetti, che ormai il paziente greco non può essere salvato. E fa i conti. Ad esempio, l’ex cancelliere tedesco Gerhard Schröder sul Financial Times Deutschland propone un haircut (vale a dire le perdite sul valore nominale) secco del 50% sui titoli greci. Qualche esperto in Germania si spinge oltre, parla addirittura del 60% (leggi qui il nostro articolo del 30 settembre che anticipava il dibattito sul nuovo haircut). Certamente, comunque, ben oltre il 21% di perdite concordate con le banche al summit del 21 luglio mediante vari tipi di roll-over. A fare da battistrada – vituperato da molti, Merkel in testa – era stato il vicecancelliere nonché ministro dell’Economia Philipp Rösler, il primo a dire che il default greco «non è un tabù».
Adesso, riferiscono vari giornali tedeschi, dietro le quinte è tutto il governo tedesco a vederla così. Ed è la stessa cancelliera a premere su Parigi per questa soluzione. Del resto, la leader tedesca ormai non può più fronteggiare un’opinione pubblica sempre più ostile a gettare soldi dei contribuenti in un “pozzo senza fondo”. Parigi, per parte sua, esita, e si capisce. A fine 2010, quattro maggiori istituti di credito francesi erano esposti per 9,4 miliardi di euro in titoli greci. Per la Germania si parla di 7,6 miliardi di euro, ma suddivisi su un numero più alto di banche, oltretutto meglio capitalizzate. Secondo varie stime, alcuni istituti francesi non potranno farcela a sopportare queste perdite senza aiuti esterni.
E se dovrà essere lo Stato a farlo, Parigi potrebbe perdere la preziosa tripla A, la vera linea del Piave di Sarkozy. Ed è qui che si innesta l’altra divergenza, ancora tutt’altro che risolta, tra Parigi e Berlino: l’utilizzo del Fondo salvastati Ue (Efsf). I francesi lo vogliono in prima linea nelle ricapitalizzazione, proprio per evitare massicci salassi all’erario, mentre Berlino solo come ultima istanza: come ha detto la Merkel, prima devono provare le banche stesse a trovare capitali, se non ci riescono devono attivarsi gli stati nazionali e soltanto se neanche questo funziona, si potrà rivolgersi al fondo Ue.
È probabile, spiega qualche diplomatico, che il compromesso sarà a metà strada, come sempre: Parigi potrebbe accettare un più doloroso haircut sul debito greco, mentre Berlino potrebbe allentare le sue condizioni per l’utilizzo del fondo salvastati, per ammorbidire il colpo soprattutto ai francesi. E, magari, i tedeschi potrebbero essere più “elastici” sui metodi per il famoso “leverage” dell’Efsf, l’effetto leva che consentirebbe al fondo Ue di aumentare la sua potenza di fuoco partendo dai suoi 440 miliardi di euro, facendosi banca con accesso alla liquidità della Bce oppure “assicuratore” per possibili perdite da bond italiani o spagnoli.
Si vedrà. Per ora, comunque, i portavoce dei governi e dell’Ue rinviano a un’altra questione per spiegare il rinvio: il fatto che il rapporto della troika (Fmi-Commissione Ue e Bce) sulla Grecia non sarebbe pronto per il 17-18 ottobre, data iniziale del vertice. In realtà lo si sapeva da fine settembre, e infatti già la Merkel la scorsa settimana affermava che non si sarebbe parlato di Grecia al summit. È chiaro che il vertice di domenica con Sarkozy ha portato a una duplice conclusione: che è difficile stilare un piano di ricapitalizzazione delle banche senza conoscere esattamente la situazione greca, e che comunque bisogna dare almeno l’impressione di unità d’intenti. Indubbiamente, a questo punto avere sotto mano il rapporto della troika potrà aiutare ad avere le idee più chiare su quanto sia effettivamente urgente la ristrutturazione del debito greco. In due settimane Berlino e Parigi, e magari i loro partner europei, dovranno trovare il bandolo della matassa. «Non abbiamo più tempo», dice a chi scrive un diplomatico di uno dei due paesi.