Per una merchant “assolutamente informale”, citofonare Via Nazionale

Per una merchant “assolutamente informale”, citofonare Via Nazionale

La Banca d’Italia è ancora una banca centrale. Non una banca d’affari. La Banca d’Italia è un arbitro terzo rispetto alle banche. Non un consulente “assolutamente informale” di questa o di quella cordata che punta a prendere il controllo di una banca. Sarebbe perciò interessante capire che cosa stia succedendo nelle stanze della Vigilanza bancaria, in merito al caso della Banca popolare di Milano, che il 22 ottobre rinnoverà i vertici e cambierà regole di governo.L’agenzia Radiocor ha scovato e pubblicato due lettere inviate dal professor Marcello Messori ai segretari nazionali dei sindacati bancari, che il 22 settembre erano stati ricevuti dal vicedirettore generale di Bankitalia Anna Maria Tarantola. La prima lettera di Messori ai sindacati è datata proprio 22 settembre. «Ieri mattina ho discusso con Sator (dottor Arpe e dottor Bastianini) le modifiche statutarie, proposte dalla Società stessa (del cui cda sono, come sapete, membro indipendente). Tra il pomeriggio di ieri e oggi ho poi proceduto a preparare la bozza allegata (rispetto alle modifiche in rosso proposte da Sator, le mie modifiche sono in blu e in giallo)», scrive il professore che oggi guida la lista appoggiata dalle segreterie nazionali della Fabi e della Fiba e dalla Sator del banchiere Matteo Arpe.  Quattro giorni dopo aggiunge: «Vi allego un aggiornamento… A livello assolutamente informale, l’autorità di vigilanza pare molto interessata a questa nuova bozza».Autorità di vigilanza, livello informale, molto interessata: abbiamo letto bene? La Banca d’Italia – non è chiaro se nella persona della Tarantola o del dirigente della Vigilanza Stefano Mieli – manifestava pareri o gradimenti “informali” alle proposte di un esponente di una cordata sindacal-finanziaria, in quel momento peraltro nemmeno ufficializzata. Un accademico di vaglia che potrebbe essere il futuro presidente del consiglio di sorveglianza della Bpm, e quindi il controllore degli amministratori esecutivi, prendeva diligentemente nota delle correzioni in rosso proposte da Sator, pur non sussistendo, ha dichiarato ieri,«alcun accordo né impegno in ordine alla nomina del consiglio di gestione». E però, tra una correzione in rosso e una in giallo, ha fatto in tempo a chiedere ad Arpe «la sua disponibilità per un’eventuale partecipazione al consiglio di gestione» di Bpm. Disponibilità che il banchiere della Sator e di Banca Profilo ha concesso anche se la sua Sator e le relative controllate «non detengono azioni della Banca popolare di Milano, né hanno assunto alcun impegno a qualsivoglia investimento».Ci sembra di ricordare che le modifiche allo statuto di una banca, una volta approvate dal cda, siano soggette all’approvazione dell’autorità di vigilanza. Se Bankitalia aveva qualcosa da ridire bastava comunicarlo al cda della banca interessata. Ed è curioso che, pur avendo le idee così chiare su ciò che andrebbe fatto, non abbia ancora trasmesso il suo placet o la sua bocciatura sulla bozza di statuto alla fine approvata dal cda della Popolare milanese. A che titolo le “bozze Messori” avrebbero dovuto essere recepite dal consiglio di amministrazione della Bpm? E per quali canali? Quelli sindacali che finora, secondo l’opinione comune e la stessa Banca d’Italia, hanno indebitamento condizionato la gestione della banca cooperativa milanese? Paradossale, certo.Ci era sembrato di capire che il problema della Bpm fosse la confusione di ruoli fra tutela dei lavoratori in quanto dipendenti, che è materia di sindacato e di relazioni industriali, e rappresentanza del dipendente in quanto socio-azionista, che è invece affare delle associazioni fra soci e di assemblee. Così, invece di spezzare la commistione sindacal-societaria, imponendo che i sindacati facciano il loro mestiere come in ogni altra banca e i gruppi di soci il loro, senza incesti, Bankitalia ha offerto la sponda alla moltiplicazione delle cordate sindacal-finanziarie. Un singolare tentativo di cura omeopatica in dosi da cavallo. O forse una sperimentazione di nuove forme di socialismo corporativo. Finirà che, fra maggioranza e posti riservati alle minoranze, i dipendenti avranno comunque un controllo bulgaro del futuro consiglio di sorveglianza di Bpm. Un traguardo di cui essere grati non sappiamo se a Tarantola o a Mieli. A livello assolutamente informale, s’intende.

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