Insomma, hai voglia a chiamarlo “partito di plastico”. O “partito leggero”, una dizione che ispirò perfino Walter Veltroni. No no, il Partito della Libertà è un partito pesante, un partito forte, radicato. Diciamolo pure: un “partito delle tessere”. Già, perché un milione di tessere – tante ne hanno annunciate oggi a voce unificata i maggiorenti del Partito delle Libertà – sono davvero tante, per un corpo elettorale che consta di circa 47 milioni di elettori che andarono a votare per l’80% (cioè 37 milioni) alle ultime politiche (dati della Camera). Pià di due elettori su cento, insomma, hanno la tessera del Pdl.
Quanto vale in termini di voti? Difficile dirlo, naturalmente. Ma si può fare un confronto ponderato con i numeri di tessere delle ultime elezioni: quelle del 2008. In quelle elezioni, tra i grandi vincitori fu la Lega che alla Camera prese poco più di 3 milioni Allora, il partito di Umberto Bossi, contava circa 150 mila iscritti. Quello – che era veramente un partito capace di fare sintesi tra la leggerezza della struttura e il radicamento territoriale – aveva un coefficiente di voto di 20: ogni tesserato, 20 votanti. Se il coefficiente della Lega valesse per il Pdl, insomma, per il partito del premier si profila una maggioranza assoluta e senza alleato: 20 milioni di voti fanno oltre il 50%, a meno di non raggiungere un’affluenza prossima al 90%.
Ma la Lega del 2008 – si sa – è stato un esempio di grande successo politico. Forse unico, irripetibile. Prendiamo un partito che ha preso meno voti del Pdl, ha perso male le elezioni, e a oggi è agitato da tanti mal di pancia. Parliamo del Pd. Allora, sempre alla Camera, prese oltre 12 milioni di voti. Era neonato, non aveva dati di iscrizioni veri e propri, ma solo i numeri di quanti avevano votato alle primarie. Oltre un milioni di persone. Oggi, però, i numeri ci sono, seppur dati informalmente dalla dirigenza del Partito di Bersani: “Abbiamo circa 650 mila tessere”.
Prendiamo stime al ribasso, diamo il Pd al 28%, in calo di sei punti rispetto al 2008. Calcolando su quella base elettorale il Pd raccoglie circa 10 milioni abbondanti di voti. Che divisi per il numero degli iscritti – 650 mila, appunto – restituiscono un rapporto tra iscritti ed elettori pari a 16. Applicando questo coefficiente ai neotesserati del Pdl, il partito del Premier e di Alfano può dunque contare su 16 milioni di voti. Che, sempre tarati sull’affluenza record del 2008, porterebbe il partito del Premier al 43% e – anche con una Lega debole – nuovamente al governo e con una larga maggioranza.
Insomma, la crisi ci sarà anche, ma gli italiani proprio non se ne sono accorti: in massa si sono iscritti, in massa voteranno il Pdl. A meno che il coefficiente di rapporto tra militanti e votanti non sia da cercare più indietro. Per esempio nel 1956, quando il Pci in piena invasione di Ungheria dichiarava due milioni di tessere. Allora, come noto, vincevano poi sempre i democristiani. Ma sono altri tempi, si sa, e il paragone tra Pdl e Pci è senz’altro offensivo. Così a occhio, due volte.