«Come da noi anticipato». Come da noi anticipato è quell’espressione particolarmente puerile e auto-incensatoria con cui i giornalisti amano sottolineare che quel vaticinio immaginato (a dispetto di tutti) si è finalmente compiuto, che quello straccio di notizia si fa scoop, che quello scenario un po’ paradossale si è trascinato al punto da poter essere considerato realtà anche agli occhi dei più scettici.
Oggi noi vogliamo godercelo un po’ il «come da noi anticipato», rimodellandolo alla nostra maniera, forse più ironica e sottile, in un «come da noi antici-Pato», che ci pare possa comprendere meglio ciò che è accaduto prima del derby di San Siro, ciò che è accaduto durante, e ciò che – inevitabilmente – accadrà d’ora in avanti.
Per ciò che è accaduto prima vi rimandiamo all’articolo che ha prodottomodesta intolleranza da parte dei lettori, la maggior parte dei quali pronta a spernacchiarci appena l’occasione fosse stata propizia. Per ciò che è accaduto durante, anche uno spettatore mediamente distratto della stracittadina milanese si sarà accorto che la motozappa che è in Alexandre Pato si è definitivamente impossessata di lui e che a questo punto vi sarà necessità di un buon esorcista per riportarlo a una minima condizione di serenità.
Nella spiacevole condizione di genero-giocatore che aveva appena mandato a monte l’affare dell’anno, il giovane virgulto brasiliano ha giocato probabilmente la partita più delicata della sua carriera, fallendola com’era nelle cose più ragionevoli di questa terra e che solo testardi interpreti della psiche umana pensavano potesse risolvere con la disinvoltura degli extra-terrestri.
Ma Pato, per fortuna sua e di chi gli vuole bene, extraterrestre non è, è solo un buon giocatore che può diventare buonissimo, a patto che gli venga restituita (o che si restituisca da sé) quella serenità necessaria per compiere imprese sportive davvero apprezzabili. Altrimenti la motozappa che è in lui sarà predominante su tutto e, se proprio andrà chiarita ai più duri di ragionevolezza cos’è questa condizione, dovremo allora raccontarvi che giocare a calcio ad alti livelli, come ogni disciplina che si rispetti, è una miscela sapiente e straordinaria prima di aspetti umani e solo poi di attitudini tecniche. E se l’animo del Papero è in subbuglio, nessuna veronica potrà soccorrerlo.
Il Milan ha commesso un errore imperdonabile, organizzandone la vendita e poi retrocedendo sulla decisione presa: solo perché il ragazzo ha detto no? Ma suvvia, questo lo può pensare l’occasionale avventore del Bar Sport, mentre con un minimo in più di ragionamento ci si può avvicinare alla verità, che non è – come allegramente riportato dai giornali – quella del generoso e affettuoso suocero che ha portato sulle sue spalle la responsabilità d’aver fatto saltare l’affare con il Psg, ma più semplicemente la sensibilità femminile della giovane Barbara che ha lanciato il suo ukase familiare al babbino, ad Allegri, a Galliani e a tutti quelli che pensavano di poter disporre del suo fidanzato.
L’errore del Milan è stato molto pesante. Avete visto come ingrati senza pari hanno trattato il povero Papero ieri sera, appena ne hanno percepito le difficoltà? La hanno fischiato senza pietà, trattandolo come il signorino dal gran rifiuto facile, come ormai un corpo estraneo al monolite rossonero. Ora toccherà alla società ricuperare il deficit psicologico, e l’impresa non appare tra le più facili.
Ps. Ieri sera, contro modestissimi ma avventurosi nerazzurri, ci si è messo anche Allegri, sbagliando formazione. Con appena due milioni e mezzo in saccoccia fino al 2014, si poteva fare decisamente meglio.