La Merkel tira dritto, lacrime e sangue nella bozza Ue

La Merkel tira dritto, lacrime e sangue nella bozza Ue

BRUXELLES – Come volevasi dimostrare. La Germania voleva riportare più rigore nella bozza del trattato sul Fiscal Compact, il Patto Fiscale, e così è stato. La versione considerata ormai quasi definitiva – anche se dovrà essere discussa sia all’Ecofin del 24 gennaio sia, soprattutto, al summit dei leader del 30 – inasprisce e irrigidisce il tenore del trattato che invece sembrava esser diventato più «elastico» e digeribile. Il tutto con all’orizzonte un’ulteriore battaglia a livello di capi di Stato e di governo a fine mese sulla questione, delicatissima per l’Italia, delle sanzioni per il debito.

Berlino, anzitutto, ha ottenuto che solo chi avrà ratificato il trattato avrà accesso agli aiuti dell’Esm il nuovo meccanismo permanente salva-stati che dovrebbe entrare in vigore nel luglio 2012. «La concessione dell’assistenza nel quadro – si legge infatti nel testo – dei nuovi programmi nel quadro dell’Esm sarà condizionale, dal primo marzo 2013, alla ratifica di questo trattato da parte dello stato contraente». Non sarà però sufficiente la ratifica: Berlino ha voluto aggiungere che, per ricevere gli aiuti, lo Stato in questione dovrà aver provveduto alla trasposizione nel diritto nazionale dell’obbligo di pareggio di bilancio.

Non basta. Se la Germania – e con essa la Bce, soprattutto il membro tedesco del board Jörg Asmussen – ha dovuto ingoiare che siano possibili deroghe per eventi imprevedibili e al di fuori del controllo di uno Stato, ha però evidenziato un nuovo comma e), in cui si sottolinea quello che sta a cuore alla Germania, ma anche alla Commissione Europea e alla Bce, e non piace invece alla Francia: quello dei meccanismi di correzione «automatici».

Leggendo la bozza: «nel caso di deviazioni significative dagli obiettivi di medio termine o dal percorso in quella direzione, scatterà automaticamente un meccanismo di correzione». Il concetto c’era anche nella vecchia bozza, ma ora è evidenziato e rafforzato. A dettare i principi sarà la Commissione, fatte salve le prerogative dei parlamenti nazionali.

Andiamo avanti. Il nuovo testo, introduce vere e proprie sanzioni (da versare nelle casse dell’Esm) pari al massimo allo 0,1% del Pil dello stato membro che sia condannato dalla Corte di giustizia Ue per insufficiente o mancata trasposizione dell’obbligo di bilancio nella legislazione nazionale. Secondo il nuovo articolo 8, la Commissione Europea è «invitata» a valutare la trasposizione da parte degli stati membri. Nel caso riscontri una violazione in uno stato membro, un altro stato – e non la stessa Commissione – potrà deferirlo davanti ai giudici di Lussemburgo. 

Una tenue apertura, infine, viene compiuta nei confronti degli stati non euro, soprattutto la Polonia scalpita per non esser lasciata fuori, e vorrebbe che anche gli stati che non usano la moneta unica possano partecipare ai vertici dell’eurozona, contrari soprattutto Francia e Germania. La nuova soluzione è quella di concedere che, «per discutere specifiche questioni concernenti l’attuazione di questo trattato, il presidente dell’eurozona inviterà, quando appropriato e almeno una volta l’anno, i capi di stato e di governo di stati la cui valuta non è l’euro e che hanno ratificato questo trattato». 

La discussione, però, non è finita, e potrebbe essere potenzialmente pericolosa per l’Italia: come si legge in una nota preliminare di sintesi di discussione, resta una spaccatura sull’art.7, quello che in cui si afferma l’impegno degli Stati membri a sostenere le raccomandazioni (con relative, eventuali sanzioni) della Commissione in caso di violazioni delle norme di bilancio. L’Italia ha per ora ottenuto che si parli solo di deficit, ma vari altri Stati, a cominciare dalla Germania e dall’Olanda – qui spalleggiata dalla Commissione – insistono perché le sanzioni siano menzionate anche per il debito. Per ora, nell’articolo si cita solo il «criterio del deficit», mentre i “rigoristi” vogliono che si aggiunga «e del debito» – come figurava nella seconda bozza. La questione sarà decisa dagli stessi leader al summit, e c’è da giurarci che soprattutto Mario Monti darà battaglia. 

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