La Sicilia è al centro della bufera: una protesta a livello regionale cerca di bloccare le strade, assalta i porti e le raffinerie, si scaglia contro la Sarit. Il Movimento dei Forconi, con pescatori e autotrasportatori, vuole tenere bloccata la regione per cinque giorni, per protesta contro la crisi economica. Ma anche se il gruppo si dice apolitico, dietro si stagliano ombre piuttosto nere.
Il movimento ha paralizzato la Sicilia e l’onda sta contagiando la Calabria. La protesta è stata indetta dagli autotrasportatori per denunciare il caro gasolio, ma le motivazioni ormai sono diventate tutto e il contrario di tutto. Ce l’hanno con Lombardo ma anche con Monti, con Equitalia ma anche con i media. Glissano sulle presenze scomode. Dicono di voler solo fare la rivoluzione. E i politici e gli intellettuali pronti a cavalcarla non mancano. In Spagna occuparono una piazza, da noi proveranno a paralizzare il Paese almeno per qualche giorno. La piattaforma politica non c’è? Poco male.
Bloccata la Sicilia, il Movimento dei Forconi procede alla conquista della Calabria. Le sue istanze, poco chiare, sono un insieme di proteste specifiche, concentrate su problemi economici e di sostenibilità. Ma forse si inserisce in una serie di rivendicazioni secolari di un Sud che, a quanto spiega a Linkiesta Pino Aprile, autore di Giù al Sud, sta scoprendo ora il suo valore antico, e quanto sia stato disprezzato.
C’è qualcosa che davvero non capisco. Sarà un limite di comprensione, di umanità o forse la mia discendenza da vil razza padana. Ma davvero non capisco perchè la rivolta dei Forconi, che è nata in Sicilia a punta a salire nel continente, magari mettendo le tende a Napoli e in Puglia, si stia tingendo, col passare delle ore e dei giorni, in una rivendicazione del Sud contro il Nord.
Parla Ivan Lo Bello, leader degli industriali siciliani: «Ci sono facce strane, ma nomi ne farò solo ai magistrati. Non lo scopro io che c’è il pericolo di infiltrazioni mafiose. Del resto l’unico risultato che finora hanno ottenuto è stato di mettere in ginocchio la regione. Non sono certo dei Robin Hood. La colpa della crisi siciliana non è solo a Roma, i dirigenti locali hanno gravi responsabilità».
Proteste, occupazioni di strade. Una rivoluzione? Loro, i “forconi” che stanno agitando la Sicilia, ci credono davvero: «In fondo anche Garibaldi era partito da qui per rifare l’Italia». La loro rabbia è nutrita dal risentimento verso la classe politica (compreso Monti) e dall’indignazione per gli sprechi. Ma ora ce l’hanno soprattutto con i giornali che, a loro dire, hanno montato la storia delle infiltrazioni fasciste e mafiose per indebolirli. E che oggi danno conto delle divisioni del movimento, tra chi vuole interrompere la protesta (Forza d’Urto ha annunciato che toglierà i blocchi) e chi vuole proseguire a oltranza. Viaggio tra i presìdi dei forconi in Sicilia.
I blocchi dei forconi sono stati smobilitati, anche se Martino Morsello, uno dei leader del movimento, giura che la protesta continuerà. La polizia si è spostata a presidiare le pompe di benzina per evitare tensioni, viste le interminabili file per il pieno. Confindustria parla di 500 milioni di danni per la settimana di paralisi e della necessità di ricorrere alla cassa integrazione per molte aziende. Ma, facendo un primo bilancio, cosa ha rappresentato questa settimana? Quanto c’è stato di davvero spontaneo? Chi spediva le «squadre» di ragazzi in motorino paese per paese per controllare se qualche negozio fosse rimasto aperto e “consigliare” di chiudere? E perché i manifestanti avevano così tanta facilità di dialogo con il governatore Raffaele Lombardo?