L’Iran non ha la bomba, vuole solo negoziare

L’Iran non ha la bomba, vuole solo negoziare

Il film iraniano Una separazione ha vinto anche l’Oscar. Lo meritava, ma questo non migliora i rapporti tra gli Stati Uniti e Teheran, nel momento in cui i venti di guerra cominciano a farsi preoccupanti. 

Nel frattempo è arrivato un altro report dall’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea), che ci spiega come prosegue il progetto di potenziamento delle centrali nucleari. L’aggiunta di nuove e più potenti centrifughe per l’arricchimento dell’uranio non è una novità, dal momento che da settimane i media iraniani sbandierano i risultati raggiunti, ma i nostri mezzi d’informazione ne hanno fatto uno strumento per alimentare la propaganda bellica ed è proprio per questo che scrivo, cioè per gettare luce su alcuni aspetti che avrebbero dovuto essere evidenziati dai nostri giornali.

La mancata ispezione a Parchin non è stata una mancanza iraniana, ma una mossa diplomatica dell’Aiea per aumentare la tensione diplomatica (vedi anche L’Iran nega agli ispettori l’accesso a Parchin), incurante di quanto non fosse già alta. Infatti l’Iran aveva già detto a gennaio di non essere disposto a garantire l’ingresso a Parchin in quanto sito militare e non nucleare, pertanto non di competenza dell’Aiea. Tuttavia gli iraniani avevano detto che si poteva trovare un accordo, come già era stato fatto nel 2005, quando agli ispettori venne concessa la possibilità di scegliere cinque edifici in cui effettuare l’ispezione. Alcuni possono vedere dietro il rifiuto di spalancare le porte agli ispettori la malafede, ma riflettiamoci: quale paese spalancherebbe le porte a tutte le proprie infrastrutture militari agli ispettori del nemico, alle soglie di una guerra?

Sono “scomparsi” circa 10 chili di uranio arricchito al 20 per cento. Che fine avrà fatto? I tentativi di capirlo sono in corso, ma quello che sappiamo per certo (e che i giornali omettono) è che per fare una sola bomba servono 250 chili di uranio arricchito al 90 per cento, quindi è assolutamente escluso che gli iraniani stiano fabbricando di nascosto una bomba con quella quantità.

Segnali positivi (e trascurati) vengono dall’impianto di Fordow, dove contrariamente alle aspettative sono stati installati, oltre agli impianti di arricchimento al 20 per cento, anche impianti per l’arricchimento al 5 per cento. Cosa significa? Significa che l’Iran tiene aperta la possibilità che si raggiunga un accordo sull’importazione di uranio arricchito al 20 per cento, nel qual caso se Fordow non avesse anche il secondo tipo di macchinari, smetterebbe di funzionare.

Questo è l’indizio che l’Iran è un attore razionale e che aspetta che gli venga fatta una proposta ragionevole. Basterebbe che gli Stati Uniti appoggiassero la proposta di Iran-Turchia-Brasile e gli iraniani chiuderebbero tutti gli impianti di arricchimento al 20 per cento domani.

Ad oggi sono stati prodotti 110 chili di uranio arricchito al 20 per cento, ma questa quantità ha già una destinazione d’uso sulla quale vigila l’Aiea, pertanto non può essere usata per l’arricchimento al 90 per cento. Questo significa che l’Iran è ancora molto lontano dall’avere la quantità di uranio necessario per creare una (una) bomba atomica. Vale la pena ricordare che Israele ha avvertito gli Stati Uniti del fatto che l’Iran avrebbe presto avuto una bomba atomica nel 1992, pronosticando come data limite per l’acquisizione il 1998.

Sono indubbiamente segnali positivi che non dovrebbero essere trascurati dalla diplomazia, anzi che dovrebbero servire per andare verso un fruttifero incontro dei P5+1. Quando il gruppo si incontrerà dovrà anzitutto trovare una soluzione per evitare che l’Iran continui l’arricchimento dell’uranio al 20 per cento (le soluzioni che l’Iran si è già detto disposto ad accettare andrebbero benissimo). Una volta raggiunto questo accordo, potremmo dire di avere evitato il rischio di un’escalation militare nei prossimi mesi. 

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