Lo dice anche il consigliere della Merkel: l’austerity è un suicidio

Lo dice anche il consigliere della Merkel: l’austerity è un suicidio

BRUXELLES – La ricetta tedesca del rigore a tutti i costi porterà l’Europa a scenari simil-greci, con una recessione che si avvita su se stessa in una pericolosissima spirale. Serve invece un sano ritorno a un moderato keynesianesimo, con impulsi pubblici, meno tagli alla spesa e più tasse sui settori che meno contribuiscono alla crescita. Serve insomma, più un che “Fiscal Compact” – quello imposto da Angela Merkel – un “Growth Compact”, un patto per la crescita.

A proporlo è un’interessante “strana coppia” di personalità piuttosto diverse: un austero professore tedesco di Economia (Università di Würzburg), Peter Bofinger, molto noto in Germania anzitutto come uno dei “Cinque saggi”, i superconsulenti economici del governo federale di Berlino; e un ex trader della defunta Lehman Brothers, Sony Kapoor, che oggi guida a Bruxelles un think-tank intitolato Re-define. Bofinger e Kapoor si sono fatti apostoli dello stimolo economico con editoriali e commenti in vari grandi giornali del Vecchio Continente. E si sono presi la briga di stilare, in perfetto stile da freddo trattato di Bruxelles, un vero e proprio “Growth Compact” che in molti punti farebbe letteralmente accapponare la pelle alla Merkel come ai vari apologeti della Chicago School che dominano il Fondo Monetario Internazionale.

La filosofia è ben spiegata in un fondo pubblicato dal britannico Guardian: «Ci è stato detto – scrivono Kapoor e Bofinger – che l’eccesso di spesa dei governi avrebbe scatenato la crisi. La cura starebbe nell’immediata austerity, di qui la spinta guidata dalla Germania per un fiscal compact e le politiche analoghe seguite dal Regno Unito. Invece, come dimostrano le esperienze di Grecia, Portogallo e Spagna, questo cammino porta a recessioni profonde e pungenti, e peggiora l’indebitamento pubblico. Lo ha riconosciuto anche il Fmi. Un focus sulla crescita, non sull’austerity, è la corretta risposta ai mali europei». L’allusione è a un’intervista del quotidiano greco Ekathimerini al capomissione Fmi in Grecia, Paul Thomson, il quale ammetteva che «dobbiamo ridurre un po’ la velocità sul fronte dell’aggiustamento di bilancio e accelerare su quello dell’ammodernamento dell’economia greca».

Se il premier britannico David Cameron aveva bocciato il Fiscal Compact e l’obbligo costituzionale del pareggio di bilancio, affermando che «non si può vietare Keynes per legge», Kapoor e Bofinger offrono un’alternativa in questo senso, proponendo quella che agli occhi della Merkel e dei falchi della Bundesbank apparirà come un’autentica bestemmia: anzitutto, si afferma nel prologo del “Growth Compact”, «gli investimenti pubblici sono il pilastro centrale» di una strategia di rilancio rapido della crescita.

Soprattutto, si legge nel Titolo I (intitolato «Mantenere e aumentare i pubblici investimenti»), «gli Stati membri si devono impegnare a proteggere e, dove possibile, aumentare i livelli di investimenti pubblici». Inoltre si dichiara che «i requisiti del Fiscal Compact (quello della Merkel, ndr) e altre legislazioni rilevanti dell’Unione non si applicano per quanto riguarda gli investimenti pubblici come discussi nel Growth Compact per il periodo 2012-15». Ricorda le richieste di Mario Monti (prontamente respinte da Bruxelles e Berlino) di non conteggiare gli investimenti pubblici nel calcolo del deficit.

L’ex trader di Lehman Brothers e il “saggio” economico tedesco sostengono che il trucco sta anche nell’aumentare il gettito fiscale degli stati, anziché nel tagliare radicalmente spese e investimenti. Questo non però ai danni dei consumi (ad esempio aumentando l’Iva o decurtando i salari), bensì colpendo proprietà, terreni, fortune finanziarie, emissioni di Co2, e il settore finanziario. Il “Growth Compact” chiede anche un rafforzamento degli accordi tra Ue e paradisi fiscali extracomunitari nonché una modifica della tassazione del risparmio (entrambi aspetti in effetti in discussione, tra mille difficoltà, a Bruxelles).

Se i soldi degli Stati non bastano, ecco un altro strumento proposto da Kapoor e Bofinger: il potenziamento della Banca Centrale d’Investimento (Bei), portando il capitale da 40 miliardi di euro a 60 miliardi. Non basta, nella loro bozza di Growth Compact, Kapoor e Bofinger chiedono anche di imporre alla stessa Bei di triplicare il capitale pagato nel Fondo europeo d’investimento, portandolo dagli attuali 484 milioni di euro a 1,5 miliardi per potenziare nettamente gli aiuti alle piccole e medie imprese. Insomma, stimolo in grande stile, un po’ alla Barack Obama. Varrebbe la pena di rifletterci seriamente. Ma vallo a spiegare ad Angela Merkel. 

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