Lo Stato opaco quando paga ed esoso all’incasso

Lo Stato opaco quando paga ed esoso all’incasso

Quando l’Agenzia delle entrate emette un avviso di accertamento nei confronti di un contribuente, la contestazione è immediatamente esecutiva. Pure se il contribuente fa ricorso avanti la giustizia tributaria, il 30% di quanto contestato deve nel mentre essere versato. E con Equitalia non si scherza. Nulla di tutto questo accade, invece, quando un danno erariale viene contestato a un amministratore, un dirigente o un dipendente pubblico.

Quando un contribuente fornisce all’Agenzia delle entrate notizie non rispondenti al vero commette un illecito penale. Quando il Ministero della funzione pubblica, o chi per esso, chiede ai vari enti pubblici di fornire notizie su spese, consulenze, auto blu e simili, capita spesso che molti enti rispondano in modo reticente o non rispondano affatto.

Per accertare il reddito dei contribuenti, l’Agenzia delle entrate può utilizzare il redditometro, ossia uno strumento che presume il reddito sulla base delle spese, degli investimenti, dell’area territoriale di residenza e della composizione del nucleo familiare del contribuente. Se il reddito presunto supera di oltre il 20% quello effettivamente dichiarato, tocca al contribuente fornire spiegazioni, altrimenti può scattare l’accertamento (ovviamente esecutivo). Quando una Asl, o qualsivoglia altra ramificazione della pubblica amministrazione italiana, spende quattro o cinque volte quello che spendono altri uffici territoriali per erogare servizi similari, non scatta nessuna presunzione di spreco con inversione dell’onere della prova in capo ai funzionari pubblici. Il redditometro per la lotta ’evasione va bene, ma lo sprecometro per la lotta alla corruzione sarebbe inaccettabile.

La trasparenza bancaria è divenuta massima per tutti i cittadini. Per capire quanto guadagna un parlamentare o leggere i bilanci dei partiti bisogna invece fare una commissione di studio e concludere che non è possibile arrivare a una conclusione.Quando un’azienda va in squilibrio finanziario, si ristruttura. Quando lo Stato va in squilibrio finanziario, promette di ristrutturarsi. E intanto aumenta le imposte, dopodiché sposta il tiro sull’economia privata (colpevole di non crescere abbastanza per consentirgli di continuare a costare quello che costa) e, alla fine, finge di ristrutturare quella per non dover fare nemmeno finta di ristrutturare se stesso.

Per ridurre gli oneri sui cittadini e imprese, si interviene su tariffe dei liberi professionisti e stipendi degli alti dirigenti della pubblica amministrazione. Come? Abrogando tout court le tariffe professionali e prevedendo che gli alti dirigenti pubblici non possano guadagnare più di 304mila euro annui. E perché non rinegoziare tout court gli stipendi dei dirigenti pubblici e prevedere che un libero professionista non possa guadagnare più di 304mila euro annui? Scommettiamo che il 95% dei due milioni di liberi professionisti farebbe volentieri a cambio e si assicurerebbero risparmi di oneri, per cittadini e imprese, assai superiori?

Se un cittadino o un’impresa non paga i propri debiti verso lo Stato, il sistema di riscossione, messo in piedi dal 2006 e costantemente potenziato in questi anni, è efficiente ai limiti dell’implacabile.Se lo Stato non paga i propri debiti verso un cittadino o un’impresa, non rimane che attendere e sperare. E, se, mentre aspetta e spera, un’impresa diviene inadempiente verso l’Inps per i versamenti contributivi e verso l’erario per i versamenti di ritenute e Iva, ecco il capolavoro: fino a quando non regolarizzerà la posizione contributiva, le pubbliche amministrazioni dovranno sospendere a tempo indefinito i pagamenti; inoltre, decorso un anno dall’omesso versamento di ritenute e Iva, scatta il reato penale anche se le somme, pur non versate per mancanza di liquidità, sono state regolarmente evidenziate in dichiarazione.

A metà del 2010 l’allora ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, introdusse due disposizioni che, una volta tanto, sembravano equilibrarsi tra loro: da un lato, il divieto per i contribuenti di utilizzare i crediti verso l’erario in compensazione con i propri debiti tributari, qualora i contribuenti medesimi risultassero in mora per imposte e relativi accessori già iscritte a ruolo; dall’altro, la possibilità di compensare le somme già iscritte a ruolo dall’erario con i crediti, liquidi ed esigibili, eventualmente vantati da quello stesso contribuente verso Regioni, enti locali ed enti del servizio sanitario nazionale per somministrazioni, forniture e appalti. Ebbene: la disposizione pro erario è regolarmente entrata in vigore lo scorso 1 gennaio 2011; quella pro imprese è tuttora sospesa, perché in attesa dei necessari decreti attuativi.

L’elenco è lungo, ma ancora ampiamente lacunoso e meramente esemplificativo. L’unica certezza è che stiamo pervicacemente costruendo un disequilibrio tra pubblico e privato che, se non tempestivamente corretto, ci annienterà. Prima lo Stato si mangerà il Paese e poi il Paese si ribellerà allo Stato. Finalmente sobri è bene, ma finalmente equilibrati sarebbe meglio.

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