Mattioli e Cuccia a confronto, stasera dibattito con Guido Rossi

Mattioli e Cuccia a confronto, stasera dibattito con Guido Rossi

Aveva contibuito alle spese del ricovero in clinica di Antonio Gramsci e alla sua morte pare abbia fatto in modo che i “Quaderni del carcere” venissero salvati nella cassaforta della Comit per poi essere recapitati a Togliatti. Ma, allo stesso tempo, al leader comunista spiegava che «la sana finanza oggi in Italia non è un interesse “reazionario” […] è un interesse nazionale». E quando poi Alcide De Gasperi gli chiese di entrare al governo lasciandogli la facoltà di scegliere in quale ministero, la risposta sembrò quasi una provocazione: «La pubblica istruzione, ma con un budget quadruplicato».

Alla figura di Raffaele Mattioli, al suo lavoro alla Banca Commerciale, al suo ruolo nell’economia, nella politica e nella cultura italiana, Sandro Gerbi, giornalista e storico, ha dedicato diverse pagine. Ma nel volume («Mattioli e Cuccia – Due banchieri del Novecento») che l’autore discuterà questa sera con Guido Rossi, giurista, ex presidente della Consob e di Telecom Italia, il raffronto viene costruito con quell’altra grande figura della finanza del secolo scorso che fu Enrico Cuccia. 

Il libro ricostruisce i rapporti con il fascismo, con Mussolini che, senza averlo mai incontrato, e pur sapendo non fosse un fascista, lasciò che Mattioli andasse a capo della Comit. Ma anche quella celeberrima frase sulla «mostruosa fratellanza siamese» fra grande impresa e banche che tante volte viene ancora citata in riferimento a quel coacervo di conflitti di interessi fra banche e imprese che occupa con regolarità le cronache finanziarie del nostro Paese. Soprattutto, ricostruisce con dovizia di particolari la diversa concezione del ruolo di Mediobanca che ha diviso Mattioli e Cuccia. Con il primo che non pensò mai a una investment bank che acquisiva partecipazioni di rilievo che poi teneva in portafoglio anziché ricollocarle (come avrebbe voluto Mattioli) quale Piazzetta Cuccia sarebbe poi invece diventata nelle mani del secondo ´(«nell’intereresse di chi è amministrata Mediobanca?» chiede Mattioli a Cuccia nel 1961 in una lettera conservata all’archivio di Intesa Sanpaolo di cui racconta Gerbi). «Invece Cuccia aveva in sostanza ricreato una holding simile alla vecchia Bastogi» scrive Gerbi riferendosi alla società che era stata il crocevia dei più importanti poteri privati di cui il suocero Beneduce era stato presidente per circa vent’anni.   

Di Cuccia viene ricordata anche la mancanza di stima per Berlusconi e Prodi, con il primo liquidato con un epiteto poco lusinghiero e il secondo a cui contestava il vanto di aver salvato l’Iri («Dice di aver guadagnato nel 1998, in realtà ha imputato a riserve le perdite sulla siderurgia, perdendo come negli anni precendenti»). Come anche una certa preveggenza almeno sulla sostenibilità del nostro debito pubblico («non si risolve il problema con la finzione dell’avanzo primario [….] altrimenti si rischia una pesante crisi finaziaria»). 

La differenza con altri testi su questi due personaggi è che Gerbi, figlio di Antonello Gerbi, lo storico delle idee chiamato da Mattioli a capo del Centro Studi della Comit e di recente ricordato anche da Paolo Rossi per il ruolo che ha avuto proprio nel campo della storia delle idee, li ha conosciuti entrambe di persona. Più che un ritratto “in vitro”, ne esce allora un racconto quasi familiare delle vicende della finanza italiana. Di cui si discuterà stasera e a moderare sarà il nostro caporedattore Jacopo Barigazzi. Tenendo ben presenta un’altra frase di Mattioli: «è stato se ben ricordo [….] John Maynard Keynes, ad affermare che non si dovrebbe prestare alcuna attenzione a ciò che i banchieri dicono, bensì a ciò che fanno». 

Giovedì 9 febbraio 2012, ore 18
Libreria Hoepli
Via Hoepli, 5 – MM Duomo
Ingresso libero fino a esaurimento posti
Per info: Libreria Hoepli tel. 02 864871 [email protected]

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