La decisione del governo Monti di dotare d’un corredo alquanto modesto la neonata Banca del Mezzogiorno (BdM) mentre optava per farle vedere comunque la luce invece d’abbandonarla nel dimenticatoio, riassume in sé sia quanto vi è di utile ed innovativo sia quanto d’insufficiente e vecchio in questo governo. Che è certamente innovativo non solo perché composto da persone mediamente competenti, invece che da logorroici avventurieri, ma soprattutto perché sembra aver compreso che la strada perseguita negli ultimi vent’anni portava dritta al baratro ed andava abbandonata. A Monti ed ai suoi colleghi va riconosciuto il merito d’esser riusciti a far più cose utili loro, in 4 mesi, che tutti i governi che si son susseguiti dal 1994 in avanti, pur avendo a che fare con il peggior parlamento della storia repubblicana. A riprova che, nella società civile italiana, sopravvivono competenze capaci di gestire il paese meglio di quanto i partiti della seconda repubblica abbiano provato di saper fare. Un fatto, questo, che io consiglierei a tutti di tener ben presente alle prossime elezioni.
Riconoscere che questo governo sta facendo meglio dei precedenti non implica, però, che stia facendo bene ed ancor meno che le riforme che sta adottando siano appropriate e capaci di garantire quella svolta di cui il paese ha bisogno per ritornare a fiorire davvero. La ragione è presto detta ed il caso BdM la riassume perfettamente: insufficiente discontinuità con il passato e permanenza di un atteggiamento “mediatorio” (democristiano, lo definii sin dal suo incipit) con i gruppi di potere parassitari che, da tempo immemorabile, hanno stravolto, asservendola ai propri interessi, la politica economica del nostro paese. Che altro senso dare, infatti, alla decisione di far partire comunque la BdM? A cosa serve gettare al vento 350 milioni di euro in spese dirette e qualche miliardo nella forma di finanziamenti agevolati per un nuovo carrozzone pubblico che non si fonda su alcuna logica economica e che produrrà (accetto scommesse) scandali nello spazio di poco tempo? Che senso ha ricomprare da Unicredit un’entità bancaria, il MedioCreditoCentrale, che era stata privatizzata? In base a quale evidenza i problemi di finanziamento della PMI nel Mezzogiorno sarebbero risolvibili da un intervento di Poste Italiane? Che conoscenze specifiche possiedono PI ed MCC, che il resto del sistema bancario italiano ed internazionale non possiede, per compiere il miracolo?
Manca credito al Sud? Che il governo operi perché aumentino entrata di, e concorrenza fra, le istituzioni finanziarie! Il Mezzogiorno d’Italia, a tutti gli effetti, ha bisogno anzitutto di law and order e poi di servizi pubblici che siano tali: dalla scuola all’università, dalla sanità ai trasporti, dalle telecomunicazioni alla concorrenza (un bene pubblico, questa sì) economica, per finire con una classe politica altra da quella corrotta ed incompetente che da sempre lo sgoverna. Se il governo Monti vuole favorire il Sud lo può fare invertendo drasticamente le politiche seguite sino ad ora ed agendo sui meccanismi che le determinano, altro che BdM! Se proprio pensa di avere circa mezzo miliardo di euro da spendere nel Sud può tranquillamente dedicarlo all’ampliazione della banda larga in quelle regioni, chiudendo la BdM domani: lo sviluppo economico del Sud ci guadagnerebbe. Di un’altra Cassa per il Mezzogiorno, in mano ad una burocrazia statale ed una classe politica probabilmente peggiori di quelle degli anni ’60, potevamo tranquillamente fare a meno.
Per quanto importante, il caso BdM non sarebbe così grave se non fosse rappresentativo di un problema generale che in Italia viene raramente discusso. La cultura economica delle elites italiane è profondamente corporativa e statalista (ossia “fascista”, ma fa brutto dirlo quindi tutti parlano, erroneamente, di “colbertismo”) la qual cosa, checché ne pensi il 95% dei maitre a penser italiani, è l’esatto opposto di quanto ci serve per uscire dal declino in cui proprio l’applicazione di tale fascismo economico ci ha cacciato da tre decenni a questa parte. La BdM, dopotutto, è solo l’ultimo arrivo in un settore bancario che, di fatto, è ancora controllato dalla politica, come lo sono l’energetico, quello dei trasporti, una fetta dominante delle comunicazioni… E così via, sino a Finmeccanica i cui scandali, assieme a quelli “Milanesi”, tutti hanno scordato, troppo occupati a cantare i peana, che anche questo giornale pubblica a raffica, della politica industriale e del rinnovato (ma è forse mai cessato?) intervento statale di cui avremmo bisogno! L’unica politica industriale di cui abbiamo bisogno, al momento, è quella che crea concorrenza e libertà d’entrata in quanti più mercati possibile, quella che offre alle aziende dei servizi pubblici efficienti per davvero, una scuola ed un’università che generano capitale umano di qualità, una giustizia che non sia lo scandalo che conosciamo e dei livelli di tassazione commensurati ai servizi offerti e non all’appetito incontrollabile della casta politica e ministeriale.
Che, da almeno dieci anni a questa parte, Giulio Tremonti ed ai suoi collaboratori teorizzino e pratichino lo statalismo corporativista e clientelare di cui sopra, coprendolo con la retorica millenaristica dell’antimercatismo, non sorprende nessuno. Niente, nell’opera di costoro, è stato mai ispirato dal criterio dell’utilità sociale e quasi tutto dal palese obiettivo di estendere la propria area di potere e d’influenza personale. Che, da sinistra, i Vendola ed i Fassina (ed in tempi recenti i Di Pietro in versione nazional-popolare) ripetano le stesse manfrine, dipingendole con i mitici colori del sole che sorge, conferma solo la profonda unità culturale delle élite politiche italiane, cementatasi tra le due guerre. Tutto questo, ripeto, non sorprende anche se preoccupa. Che Mario Monti – un uomo che should, e di certo does, know better – abbia deciso di permettere che, seppur in formato mignon, la BdM si realizzasse, favorendo così la crescita del corporativismo statalista che tanti danni ci ha fatto, questo mi lascia decisamente più perplesso.