Quando Valérie Boyer presentò la sua proposta di legge all’Assemblea Nazionale di Francia il 3 aprile del 2008, aveva esordito dicendo: «L’anoressia nervosa è un vero problema di salute pubblica». Un vero problema. Una malattia che oggi, insieme alla bulimia, è in Italia la prima causa di morte nelle donne tra i 12 e i 25 anni e che colpisce oltre 200mila persone. Insieme moltiplicano il rischio di suicidio di almeno 22 volte e fa registrare un tasso di decessi del 5,6% nell’arco dei dieci anni e di oltre il 20% negli studi epidemilogici a più lungo respiro.
Numeri che dovrebbero essere sufficienti a sollevare le coscienze collettive e qualche domanda se non di un Governo (paralizzato al 2007), almeno di noi stessi in quanto cittadini, genitori, figli, persone. I ricoveri che parlano di una incidenza dello 0,2%-0,3% di queste patologie nella popolazione sono riferiti solo ai casi conclamati e registrati dalle strutture sanitarie e sono spesso terminali. Perché tutti gli altri casi cosiddetti “atipici” (EDNOS) non vengono quasi mai contemplati e perché il TSO (il trattamento sanitario obbligatorio che forza una persona al ricovero contro la sua volontà) in Italia è rarissimo e almeno di 15 volte inferiore rispetto ai Paesi anglosassoni. C’è anche da sottolineare lo spostamento del target che allarga la forbice e coinvolge le preppy-cinquantenni che invertono la tendenza demografica: da bottom-up a top-down.
Sopratutto si continua ad associare questa malattia a un fenomeno voyeristico, legato al mito secondo cui l’anoressia si contrarrebbe attraverso l’atto del vedere. Questo mito è stato reiterato nel tempo ed ha una delle sue origini negli studi del medico inglese John Ryle che a fronte di una crescente incidenza di questo tipo di patologie attribuiva le cause «alla moda corrente che vuole una figura più snella». Non che non sia così, ma questo mito è stato in grado di generare danni devastanti.
Lo stesso operato della deputata francese Valérie Boyer lo ricalca: la legge n° 781 della Repubblica Francese punisce «chi vuole incentivare direttamente o attraverso vari media, come ad esempio riviste, siti web e blog, ecc. – la gente a far morire di fame se stessi mediante l’eccessiva perdita di peso o coloro che anche apertamente glorificano l’anoressia, come i “movimenti pro-ana” o altre simili abusi. Questi atteggiamenti o contenuti media sono una vera e propria provocazione dell’eccessiva magrezza e possono mettere in pericolo la salute delle persone vulnerabili».
Mariafrancesca Garritano viene cacciata dalla Scala a causa delle sue rivelazioni sui disordini alimentari delle étoile. La direttrice di Vogue Carla Sozzani lancia una salvifica campagna di sensibilizzazione a tutto il suo comparto industriale, le agenzie di modelli si danno decaloghi (mai rispettati) e Toscani attua una “toscanizzazione” del fenomeno. Gli oltre 200mila siti pro-ana/pro-mia censiti diventano una causa e non effetto attraverso i loro messaggi allucinati e lancinanti.
Le campagne outdoor “anti” basate sul meccanismo visuale di messaggi shock si sono rivelate inequivocabilmente uno spreco di denaro. Come dice Swaab, «Il fatto che una ragazza cieca dall’età di nove mesi sia diventata anoressica all’età di diciotto non testimonia affatto a favore del fatto che sia pericoloso vedere delle modelle ultra-magre».
«Il credo che condividono le persone anoressiche, viene percepito non come una malattia ma come un modello di vita alternativo, anticonformista e ci si può sentire “perseguitati” da una società che non capisce. Quello che è utile», secondo Stefano Vicari responsabile del dipartimento di Neuropsichiatria dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù, è «porre il perché, suscitare un pensiero critico. Soprattutto con gli adolescenti».
Per Mariafrancesca Garritano «non sempre è facile comprendere quanto articolato sia il discorso sui disturbi alimentari e a quali conseguenze possano portare». Marco Pozzi, regista del film Maledimiele dice «chi si ammala di anoressia è schiavo di un tiranno senza volto che esige sottomissione incondizionata. Mentre si scarnifica, un’anoressica si fa bella corteggiando la morte. I sintomi dell’anoressia costituiscono un linguaggio del corpo che reclama ascolto, ma nella fretta del quotidiano non c’è tempo per vedere il dolore dell’altro. Nella società dell’abbondanza un’anoressica si lascia morire di fame: forse il troppo di tutto si sta trasformando in troppo di niente».
Qualsiasi sia la risposta una cosa è certa: c’è bisogno di un approccio multidisciplinare e c’è bisogno di dibattito pubblico. Come ha detto Lady D in un celebre discorso tenuto il 27 aprile del 1993 «…e quelli che stanno già soffrendo di un disordine alimentare, come possiamo raggiungerli subito, prima che sia troppo tardi?».