Il Festival di Sanremo finisce. E qualcuno dice, «finalmente». Sicuramente, non lo dicono tutti gli utenti che su Twitter hanno seguito questa edizione. Il vero vincitore del 62esimo Festival ancora non si sa, ma c’è una certezza: i vincitori sono tutti coloro i quali hanno seguito Sanremo sul social network da 140 caratteri. Adriano Celentano sarà anche stato il mattatore della prima e dell’ultima serata, avrà anche fatto indignare Chiesa e critici televisivi, ma è niente in confronto all’impatto che Sanremo ha avuto sulla rete. Se questa edizione sarà ricordata come e più di quella precedente, sarà solo grazie a Twitter, che ha unito chiunque di fronte alla televisione per commentare canzonette, gaffe e tutto il corollario della rassegna musicale rivierasca.
Che qualcosa era cambiato lo si era già capito l’anno scorso. Su Twitter si erano ritrovati gli appassionati, ma soprattutto quelli che con Sanremo non volevano averci nulla a che fare. E per il 2012 quasi tutte le testate giornalistiche hanno inviato i propri giornalisti a Sanremo con un imperativo categorico: twittare. Sì, perché se questa edizione è stata comunque seguita da decine di milioni di spettatori un merito lo ha anche il social network da 140 caratteri. L’hashtag, cioè il codice per definire i tweet, legato al Festival, cioè #Sanremo, è diventato celebre anche d’oltreoceano. Come l’anno scorso, più dell’anno scorso. L’area predisposta per il dopo festival, cioè Casa Sanremo al PalaFiori, ha attivato per tempo un account Twitter per raccontare i vari backstage. L’operazione ha funzionato.
Più che Celentano ha fatto la rete, quindi. Più che le canzoni ha fatto Twitter. Fra ironia, battute ora spiritose ora sarcastiche, i tweeps si sono dati il loro appuntamento quotidiano sul social network da 140 caratteri per discutere, ridere, commentare. E non sono mancati perfino i più insospettabili, come Walter Veltroni, che ha scritto fior di tweet mentre guardava le puntate del Festival. E forse ha aiutato anche uno dei pochi da salvare di questa edizione, cioè Rocco Papaleo, che si era aperto per account proprio con l’obiettivo di fare il disturbatore nel dietro le quinte. Anche in questo caso, l’operazione è stata vittoriosa.
Oggi, nell’ultima giornata del Festival, su Twitter è partito lo sfogo. Il giornalista di Radio24 Simone Spetia ha lanciato l’hashtag #sanfail per invogliare gli utenti a raccontare tutti i piccoli o grandi fallimenti di questa edizione. E dalle mise di Loredana Berté e Gigi D’Alessio, passando per il sudore di Francesco Renga per finire con l’inglese maccheronico di Gianni Morandi, i tweeps hanno twittato, criticato e consigliato. E dire che l’ironia non era mai stata così tanta per un evento nazionalpopolare come Sanremo. Poco prima dell’inizio delle danze, un altro giornalista, Sergio Ragone, ha coniato l’hashtag #OccupySanremo, prendendo spunto dal movimento Occupy Wall Street. Ribattuto più e più volte, è diventato uno degli hashtag per seguire il Festival in un modo alternativo. E poco importa se poi Il Fatto Quotidiano abbia fatto suo l’hashtag rilanciandolo e fuorviando molti tweeps sulla vera paternità dell’iniziativa.
Quello che rimane ancora ignoto è il motivo per cui la Rai non riesca a cogliere questa occasione per svecchiarsi e avvicinarsi di più alla gente. Gli account ufficiali di Viale Mazzini, per tutte le serate del Festival, sono stati monotoni e poco inclini alla spontaneità che invece Twitter necessiterebbe. Nella prossima edizione l’augurio di molti, famosi e non, è che l’uso di questo social network possa diventare parte integrante di Sanremo, magari anche con uno speciale premio Twitter, frutto delle votazioni dei tweeps. Lo hanno chiesto in tanti, si vedrà se la Rai vorrà, seppur con tre anni di distanza dall’esplosione del fenomeno anche in Italia, essere il vettore di un innovazione che arriva dal basso, ma che punta in alto. Anche perché, e gioverebbe ammetterlo con fermezza, questa è la prima finale che vediamo volentieri proprio grazie a Twitter.