SANREMO – La nuova aria di sobrietà che ha invaso l’Italia è arrivata anche nella Riviera dei Fiori. Sanremo, l’antica Matuzia, è da anni l’immagine sbiadita di quella cittadina che è stata, divisa fra alta società, divertimenti e canzonette. Il vento è cambiato da anni, ma si sperava che almeno nella settimana del Festival qualcosa mutasse. Invece no. I ristoranti non sono pieni, gli alberghi lo sono per via di stratagemmi e taglio dei prezzi, mentre a Portosole, il maggior porto della cittadina rivierasca, fa paura la Guardia di Finanza. Sanremo è una cittadina strana. Chi non ci ha mai vissuto non può capire a fondo il tessuto connettivo che la pervade. Chi non ci ha mai vissuto non può capire cosa ci faccia una chiesa ortodossa nel pieno centro. Chi non ci ha mai vissuto non può capire cosa si prova a passare le notti fra Piazza Bresca e il Porto Vecchio.
Il Festival è un evento che arriva come uno tsunami: i locali molto spesso lo mal sopportano (anche se guai a toccarglielo), mentre i forestieri sono (erano) estasiati da tutto il corollario dell’Ariston, fra star e starlette. Eppure, rispetto agli anni passati, qualcosa è cambiato. Sebbene quest’anno, al contrario degli scorsi, i camion della Rai sono arrivati con largo anticipo in Piazza Colombo, il clima è quello di un’edizione dimessa. In genere, per una settimana, Sanremo prende i ritmi di New York. Non dorme mai. Nel dopo festival la zona più battuta da vip e presunti tali è, o meglio, era Piazza Bresca. A ridosso del Porto Vecchio, questo stretto budello ha sempre accolto tutti gli artisti per sfamarli, farli divertire e per far loro dimenticare le fatiche del palco. C’è un ristorante in particolare, La Pignese, che da sempre è il punto focale per tutti i conduttori dei Festival. Nelle prime tre sere è sempre stato semivuoto e le piccole folle di fotografi e curiosi sono stati delusi dallo scoprire che al massimo c’era qualche starlette di Amici di Maria De Filippi. Finiti i tempi del lusso del boom economico, quando a Sanremo e nella Riviera dei Fiori ancora c’erano gli inglesi che l’hanno rivitalizzata, ora sono i tempi dell’austerity. I ristoranti di livello ci sono ancora, ma sono sempre più vuoti.
Uno dei luoghi di culto della enogastronomia matuziana, quel Paolo & Barbara nella via Roma dietro all’Ariston, fatica anche nella settimana del Festival. Se proviamo a telefonare verso le 17 per prenotare un tavolo per quattro per la stessa sera, prima tentennano, fanno finta di controllare, poi con voce gaudente ti rispondono che non ci sono problemi. Fino all’anno scorso era impossibile che capitasse. Sempre pieni, invece, i ristoranti cinesi della zona, che spuntano come funghi, ma tutti sanno che nessuno batte quello con un colossale acquario al posto del pavimento, croce e delizia di ogni modella che sale sul palco dell’Ariston. Gli hotel vanno meglio. Tutti pieni, trovare un posto è impossibile. Ma c’è il risvolto della medaglia da considerare. Una camera in un tre stelle nel pieno centro di Sanremo andava via per una cifra compresa fra i 65 e 100 euro. Poco, molto poco, specie valutando le quotazioni degli anni passati. «Se siamo pieni è merito di Booking, Trivago, Opodo e tutti questi siti di prenotazione online – spiega Linda, titolare di albergo tre stelle a due passi da Porto vecchio – ma la colpa dei prezzi bassi è la crisi». Il margine è sempre più risicato e gli unici che si salvano sono quelli che hanno un ristorante annesso. «Noi abbiamo pure circa 50 posti per pranzo e cena, ma anche in quel caso abbiamo dovuto tagliare i costi al massimo e fare offerte per mezzogiorno e cena. Alla fine, con 25 euro possiamo offrire una cena completa e quasi tutti scelgono quella, anche se per noi i margini sono sempre più risicati», dice Linda.
Diversa è invece l’opinione di Alberto, manager di uno degli alberghi più rinomati di Sanremo, un’istituzione che resiste da anni. «Le richieste, per il nostro tipo di hotel, non mancano mai durante il Festival, ma quest’anno, più che negli anni passati, è avvenuto un fenomeno strano: le prenotazioni nell’ultima settimana», dice a Linkiesta. Il motivo, ci spiega, è legato soprattutto alla ricerca delle migliori offerte possibili. Meglio non fa nella zona del Casinò. Quello di Sanremo è, insieme a quello di Venezia, il più importante d’Italia. Luogo di carte, donne, alcol, soldi, il Casinò da diversi anni sta perdendo appeal, ma è solo quest’anno che il tracollo appare evidente. All’una di notte le auto presenti fuori sono poche, come poca la gente che entra. Ci sono i sempiterni russi, ma anche tanti dell’Europa dell’Est, uomini in cerca di brividi e soldi facili e donne in cerca soprattutto dei secondi. Entrarci non è più come varcare un luogo quasi mistico. La Guardia di Finanza incute timore ed è meglio girarci alla larga. La vita notturna nella Sanremo del Festival risente della crisi e dei timori dei controlli. I migliori eventi non sono nella Riviera dei Fiori, ma appena passato il confine, fra le ville di Cap-Martin e quelle intorno a Villefranche-sur-mer, senza dimenticare gli yacht in rada a Monaco. Del resto, il panorama matuziano è quello che è, e tutti hanno timore di vedersi i finanzieri bloccare la musica e accendere non le luci, ma i lampeggianti.
«L’anno scorso era differente – ci spiega Stefano, gestore di una delle maggiori discoteche di Sanremo – i nostri clienti preferiscono venire a piedi o in taxi, mentre prima c’era qui davanti uno stuolo di auto sportive». L’impressione è che si sia entrati in un clima da proibizionismo, più che di austerity. «Si spende anche di meno, non ridiamoci in faccia: se la Grecia sta andando così, chi ci esclude che anche noi non possiamo fare la stessa fine?», dice Stefano. Dalla crisi dell’eurozona alla crisi di Sanremo, l’unicuum è la riduzione delle spese. C’è poi Portosole, il principale porto turistico matuziano. Dalla barca a vela da 5 metri allo yacht da 55 (e oltre), la gente ha paura di essere intervistata, di essere anche solo avvicinata da chi non è del porto. I blitz della Guardia di Finanza nelle prime due serate del Festival hanno echeggiato a lungo (e continuano a farlo) anche qui. «Io ho tutti i documenti in regola, sono un lavoratore dipendente e non ho possibilità materiale di evadere, il mare è la mia passione e non un investimento», ci dice Luigi. E come lui tanti altri. Non hanno natanti colossali come quelli che si vedono adiacenti alla diga foranea, ma hanno quasi tutte barche a vela. «Io sono a favore dei controlli fiscali, anche qui nel porto, dato che le situazioni borderline sono davvero tante. Ma non ha senso farli solo per far casino mediatico», afferma a Linkiesta Marta, che ha un bar dentro Portosole. Controlli sì, quindi, ma niente spettacolarizzazioni. Anche perché sono sempre di più quelli che vanno via dai porti italiani.
«Io me ne vado la prossima settimana», spiega Martino, che sottolinea come «non ci siano assolutamente più vantaggi a ormeggiare in Italia, specie ora che i controlli sono sempre più arbitrari». E come Martino, tanti altri accarezzano l’idea di andare all’estero. Una domanda è legittima: ma quindi, dove vanno tutti? In Francia, come del resto succede già da diversi anni. Marco ha una barca a vela di 45 piedi: grossa ma non troppo. Lui è Sanremo per il Festival. «Lo seguo sempre, perché così unicso due piaceri, quello per il mare e quello per la musica». Ha la barca ormeggiata a Mentone, la prima cittadina che si incontra andando verso la Francia. «Il motivo è semplice: costa di meno, ci sono meno controlli, più servizi e in generale la cura nelle cittadine della Costa azzurra è molto migliore di quelle della Riviera dei Fiori», ci spiega.
Quest’ultimo punto, la qualità generale della vita fra la costa italiana e quella transalpina, non è una questione esclusivamente legata alla sobrietà imperante degli ultimi anni. Anzi. Scorrendo le notizie di cronaca locale si scopre un sottobosco di infiltrazioni della criminalità organizzata. Dai supermarket creati dal nulla ai negozi di abbigliamento dati alle fiamme nel pieno centro di Sanremo, i matuziani sanno tutto e dicono poco. Non tutto vien per nuocere. Mancano ancora due serate, ma specialmente due nottate, prima della fine di questo Festival. Le speranze di ristoratori, gestori di locali notturni e curiosi in caccia di vip possono ancora essere soddisfatte. Poi, Sanremo tornerà a essere una città assopita, mentre nella Costa Azzurra, fra Antibes e Saint-Trophez, continuano gli eventi mondani, anche se è inverno, anche se c’è crisi.