Supercommissariamento per la Grecia, l’Europa non vuole rischiare

Supercommissariamento per la Grecia, l’Europa non vuole rischiare

Tutti lo pensano, nessuno lo dice. All’interno del Palazzo Justus Lipsius di Bruxelles, dove si sta svolgendo l’Eurogruppo, la riunione dei ministri finanziari europei, nessuno parla apertamente di commissariamento della Grecia. Eppure, il concetto è quello. Il ministro ellenico delle Finanze, Evangelos Venizelos, si è detto tranquillo: «Abbiamo fatto tutto quello che dovevamo fare e oggi si leverà l’incertezza dalla crisi greca». Le aspettative sono positive, ma le sorprese possono essere dietro l’angolo. Ed è possibile che venga presa in considerazione l’opzione del ministro olandese delle Finanze, Jan Kees de Jaeger. «Sarebbe utile una missione permanente in Grecia», ha detto. L’impressione è che, dopo questo Eurogruppo, sarà ancora più stringente il giro di vite della troika composta da Fondo monetario internazionale (Fmi), Banca centrale europea (Bce) e Commissione Ue.

«L’Europa non può permettersi che la Grecia fallisca in modo disordinato o esca dall’eurozona, nessuno lo vuole». Le parole che il diplomatico italiano dice a Linkiesta rappresentano il pensiero comune in ambito europeo. Tuttavia, gli sforzi che Atene deve fare sono ancora tanti. La manovra di austerity da 3,2 miliardi di euro siglata la settimana scorsa è solo l’ultimo passaggio di un percorso che durerà fino al 2020. È questa la data più importante per il Fondo monetario internazionale (Fmi). L’istituzione guidata da Christine Lagarde vuole riportare il rapporto debito/Prodotto interno lordo al 120% entro quella data, partendo dall’attuale 165 per cento.

Uno dei punti più controversi è quello dell’ escrow account. Si tratta di un conto esterno, gestito da terzi, all’interno del quale, secondo fonti diplomatiche, dovrebbero rientrare parte delle entrate derivanti dalle imposte elleniche. L’obiettivo è quello di fornire un garanzia per il secondo piano di salvataggio. L’Ue, dietro la spinta della Germania, sta valutando questa opportunità, che sarà discussa oggi nell’Eurogruppo. L’argomento è però delicato, dato che si tratterebbe di una perdita di sovranità rilevante per Atene. «È vero, ma questo potrebbe essere il solo modo che l’Ue può avere per tutelarsi da frodi e brogli», spiega un funzionario della Commissione europea a Linkiesta. La scorsa notte il premier ellenico Lucas Papademos è volato a Bruxelles proprio per discutere, fra gli altri temi, di questo speciale fondo a garanzia.

Questo però non sarebbe che il primo escrow account. Il secondo, infatti, sarebbe quello dentro cui dirottare i fondi del secondo piano di salvataggio. L’obiettivo è quello di creare un trust per garantire un pieno utilizzo strategico dei 130 miliardi di euro. Il ministro tedesco delle Finanze, Wolfgang Schäuble, ha spiegato che «tutto è pronto per questo conto speciale» giusto pochi minuti prima che iniziasse l’Eurogruppo. In tal modo, con un controllo esterno da parte della troika, i soldi sarebbero utilizzati evitando sprechi. «È ormai necessaria una misura di questo tipo, perché le erogazioni dirette non sono state utilizzate nel modo corretto», spiega uno sherpa francese. Chiaro il riferimento ai 110 miliardi di euro del primo piano di salvataggio varato nel maggio 2010. Resta da definire in che modo potranno accettare i greci un’opportunità di questo genere.

Ancora da definire è il ruolo della Banca centrale europea (Bce). La scorsa settimana ha comunicato di aver concluso uno scambio dei titoli ellenici che aveva in portafoglio, circa 50 miliardi di euro, con altri titoli, di stesso valore e stessa struttura. L’unica differenza è che ai nuovi bond non si potranno applicare le clausole di azione collettiva (Cac), per forzare la ristrutturazione del debito ellenico. Domani il Parlamento greco voterà l’introduzione per via costituzionale di queste clausole retroattive da applicare a tutti i bond possibili emessi sotto la legislazione greca. La mossa della Bce è stata fatta in tempo per evitare perdite significative, che invece colpiranno i creditori privati che non accettano l’offerta di swap del governo greco.

Attesa per domani in caso di risposta positiva dal vertice di oggi, come è prevedibile ma non scontata, è la tappa più importante del Private sector involvement (Psi) deciso con il Consiglio europeo del 21 luglio scorso. I circa 365 miliardi di euro di debito pubblico saranno tagliati di circa 105 miliardi, dato che i privati detengono quasi 206 miliardi in bond. In pratica la lobby bancaria internazionale Institute of international finance (Iif), rappresentante dei creditori privati, ha sul tavolo un’offerta che prevede un haircut, cioè una svalutazione sul valore nominale dei bond in portafoglio, del 50 per cento. Oltre a questo, nuove obbligazioni trentennali a un coupon del 3,6%, ma con un grace period di 10 anni in modo da soddisfare le esigenze del Fmi. Ma, come anticipato in settembre, «rimane la possibilità che si arrivi a un haircut del 75%, dato che molto dipende dall’analisi sulla sostenibilità del debito greco che oggi sarà presentata dal Fmi all’Eurogruppo», spiega un diplomatico italiano a Linkiesta.

L’ottimismo dei mercati finanziari è stato elevato per tutta la giornata. Eppure, i passi sono ancora tanti e tutti delicati. In cambio dei 130 miliardi di euro (più quelli per le ricapitalizzazioni bancarie), la Grecia di fatto ha optato per farsi commissariare. Il ministro olandese delle Finanze de Jaeger ha parlato per la prima volta di «troika permanente», utile per aiutare il Paese nel consolidamento fiscale dei prossimi dieci anni. Ma ora la scadenza più vicina è quella dell’8 marzo. In quella data dovrà essere completata sotto il profilo formale l’offerta di swap ai creditori privati, in modo da avere i tempi tecnici per effettuare la ristrutturazione del debito dal punto di vista contrattualistico. Se non si troverà un accordo, la Grecia vedrà scadere il 20 marzo il suo maxi bond, nome in codice GR0110021236, da 14,4 miliardi di euro e non potrà rimborsarlo. In altre parole, fallirà. 

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