Addio Tabucchi, anche la morte è un “piccolo equivoco senza importanza”

Addio Tabucchi, anche la morte è un “piccolo equivoco senza importanza”

«Sostiene Pereira di averlo conosciuto in un giorno d’estate. Una magnifica giornata d’estate, soleggiata e ventilata, e Lisbona sfavillava». Così recita l’incipit del suo celebre romanzo che, nel 1994, gli valse il prestigioso Premio Campiello.  

Ed è proprio nella sua amata Lisbona che Antonio Tabucchi si è spento, all’età di 68 anni, questa mattina all’Hospital da Cruz Vermelha, stroncato da una malattia che lo tormentava da tempo ormai. A darne la notizia è stata la casa editrice Feltrinelli in una nota a centro pagina del sito che afferma: «Ci ha lasciato un amico, un compagno di strada, un uomo che è stato dentro il suo tempo con passione e rabbia, un intellettuale europeo, un grande scrittore. Se ne è andato stamattina nella sua Lisbona, la sua seconda patria, la casa dei suoi cari, la casa dei suoi poeti più amati». La popolare società editrice ambrosiana si spartisce in Italia, insieme alla Sellerio, la pubblicazione delle opere dell’autore toscano naturalizzato portoghese. I suoi scritti sono tradotti in oltre quaranta lingue.

Riconosciuto a livello internazionale per la mirabile trasposizione che fece dell’opera di Pessoa, lo scrittore di origini pisane cominciò a sviluppare un amore incontrastato per il Portogallo sin da quando, studente universitario, vi si recò per la prima volta nel 1968. L’anno dopo, nel sostenere la sua tesi di laurea, attinse dalle immagini evocate attraverso le musicalità del fado scrivendo una tesi sul Surrealismo in Portogallo. L’armonia sonora di questa musica ingolata, sfrenata e trascinante fino ai reconditi della coscienza di chi l’ascolta, suscita il sentimento che è stato al centro dello studio letterario portato avanti da Tabucchi. Il concetto sregolato e dirompente della saudade, ovvero quella nostalgia brutale carica di immagini velate di idealismo, poiché lontane nel tempo e suscettibili di aggiunte fantasiose.

Tabucchi eseguì magistralmente l’apologesi dello scrittore e pensatore Fernando Pessoa, il quale si cullò a tal punto nel concetto di nostalgia da farne il caposaldo della sua visione non solo del passato ma anche del futuro. Un domani che si sperimenta vivendo malinconicamente il momento presente con la consapevolezza che l’istante futuro, personificato, lo avrà già dimenticato. Tabucchi si occupò di tradurre a quattro mani, con la moglie María José de Lancastre, l’opera del poeta ed aforista portoghese, il quale fino al 1979 era conosciuto solo marginalmente in suolo internazionale. Prima fra tutti la raccolta di opere Una sola moltitudine (ed. Adelphi pp. 445), dove Pessoa si presenta, in tutta la sua multiformità, per il tramite di venti autori inventati mediante l’espediente letterario degli eteronimi, sulla scia dell’imperativo, che sembra quasi una congiura: «Sii plurale come l’universo» che Tabucchi fece suo e al quale faceva sempre ritorno.

Quello di Tabucchi fu un eterno ritorno alla terra amata, situata ai margini della vecchia Europa; alternava, infatti, stagioni trascorse con la moglie in Portogallo (dove è stato insignito, tra le altre cose, della decorazione dell’Ordine dell’Infante D. Henrique dal presidente della Repubblica portoghese) in qualità di direttore dell’Istituto Italiano di Cultura di Lisbona (1985-97) e scrittore a periodi impiegati all’esercizio dell’insegnamento di lingua e letteratura portoghese peregrinando dall’Università di Bologna agli atenei di Genova e Siena, passando per l’Ecole des Hautes Etudes e Collège de France di Parigi al Bard College di New York.

Non disdegnò un fiero militantismo politico. All’ombra di testate quali il Corriere della Sera, l’Unità, il Manifesto e il recente Fatto Quotidiano, che con lui vide gli albori della propria linea editoriale, dimostra un feroce accanimento al governo Berlusconi e un fiero attaccamento ai concetti costituzionali. La sua penna firma regolarmente pezzi su El Paìs in Spagna, La Jornada in Messico e Diario de Noticias in Portogallo, passando per Le Monde, La Nouvelle Revue Française, Lettre Internationale in Francia e la  Zeitung in Germania. Dal forziere strabiliante della letteratura di Tabucchi sono traboccati testi che riconsegnano alla memoria del loro autore un mondo temporalmente fluttuante (Piccoli equivoci senza importanza – Feltrinelli, 1985, 160 pp.) vertiginosamente intricato (La testa perduta di Damasceno Monteiro – Feltrinelli, 1997, 249 pp.), on the road (Notturno Indiano – Sellerio, 1984, 124 pp.), epistolare (Si sta facendo sempre più tardi – Feltrinelli, 2001, 232 pp.). Le sfaccettature di Tabucchi scrittore sono tali che si può sostenere che più che uno autore fu una vera e propria letteratura. Un indice di addizioni antropologiche che scrutinano l’animo umano sino alle sue conseguenze più estreme e paradossali, trascinandoci in un requiem di incontri, racconti, enigmi e ragioni irragionevoli. 

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