Invece dei soldi alle imprese, le banche scelgono i titoli di Stato

Invece dei soldi alle imprese, le banche scelgono i titoli di Stato

Il “cortisone europeo” se lo tengono le banche, almeno per ora. Lo ha ammesso anche il presidente del consiglio di gestione di Intesa Sanpaolo, Andrea Beltratti: una parte dei 24 miliardi prelevati da Ca de’Sass e provenienti dalla seconda asta Bce (Ltro) andranno in carry trade (si preleva dalla Bce a un tasso dell’1% e si investe in Btp che rendono il 5% lucrando sulla differenza) sui titoli di Stato italiani con scadenza a breve termine. Parte della liquidità è stata nuovamente parcheggiata presso la Bce. I depositi overnight, com’era prevedibile, sono risaliti nella notte tra mercoledì e giovedì – l’asta si è tenuta mercoledì mattina – a quota 776,941 miliardi di euro, rispetto ai 475,219 miliardi di due giorni fa, battendo il precedente record di 528 miliardi segnato lo scorso 17 gennaio. Dall’altro lato, mercoledì dall’overnight le banche hanno preso in prestito dalla Bce soltanto 572 milioni di euro, rispetto ai 2,9 miliardi di martedì scorso.

A guardare questi dati non stupisce che, secondo un report di Ubs, soltanto l’8% dei prestiti agevolati dell’istituto centrale di Francoforte vada alle imprese, mentre il grosso (46%) sarà invece impiegato per rinnovare i titoli di Stato in scadenza. L’effetto sulla parte breve della curva dei titoli italiani si è già visto: l’altro ieri il rendimento dei bond a 2 anni è sceso sotto la soglia del 2% e ieri quotava intorno all’1,7 per cento, e anche il Btp decennale, che non si era mosso molto mercoledì, è calato sotto il 5%, precisamente a 4,91 per cento, un livello che non toccava dallo scorso 14 luglio, anche se, in termini percentuali, il decremento non è stato così sostenuto come quello sulle obbligazioni che maturano nel 2014 e 2015.

Il motivo per cui, come sostiene Ubs in un report, soltanto una percentuale risibile dei fondi Bce andrà a finanziare le imprese sta nel fatto che da qui al 2015 è necessario rifinanziare 732,5 miliardi di euro di debito pubblico, più 174,7 miliardi di interessi complessivi su un debito pubblico totale di 1.942 miliardi di euro. Di quei 700 miliardi, 271 devono essere rimborsati entro l’anno, e di questi una cinquantina entro fine mese.

Scadenze debito pubblico italiano nei prossimi 10 anni (Fonte: Bloomberg)

Tuttavia, sostenere l’Italia nel breve termine non è nemmeno così conveniente per le banche: il carry trade sui Btp a tre anni rende l’1,5%, mentre sul decennale per tre anni è possibile guadagnare il 4/4,5 per cento. Il che è normale: più il debito è “lungo” più l’investitore si assume dei rischi. Secondo un’analisi di Intermonte, i titoli del Tesoro che le banche italiane detengono nel portafoglio delle attività disponibili per la vendita sono perlopiù “corti”, e quindi meno rischiosi, anche se la durata media del debito italiano è di 7 anni. Qualche esempio: dei 57 miliardi di bond italiani lordi che detiene Intesa Sanpaolo, 32 maturano nel 2015, dei 50 di Unicredit, 35,7 scadono nel prossimo triennio, 8,2 su 10,8 complessivi per il Banco Popolare, 9,8 su 30,3 per Mps e 3 su 8 per Ubi Banca. Gli attivi stanziabili a garanzia dei prestiti Bce invece, sempre secondo i calcoli di Intermonte, ammontano per Unicredit a 160 miliardi di euro, 116 miliardi per Intesa Sanpaolo, 24,7 miliardi e 26 miliardi rispettivamente per Banco Popolare e Ubi Banca. 

Tassi medi su nuovi prestiti in Italia, Francia e Spagna (Fonte: Barclays)

Morgan Stanley ha stimato che, sommando l’asta di dicembre a quella di mercoledì scorso, Intesa ha prelevato 36 miliardi di euro, Unicredit circa 24, Monte dei Paschi 15, Ubi banca 10,5 e il Banco Popolare 7. Su Lavoce.info il prof. Angelo Baglioni nota che, anche grazie al primo Ltro, tra dicembre e gennaio le banche hanno acquistato titoli di Stato per 32,6 miliardi, mentre – come ha peraltro evidenziato Ignazio Visco al Forex di Parma – la stretta ai prestiti alle imprese e alle famiglie a dicembre ha raggiunto i 20 miliardi di euro. E qui sta il paradosso: se si preleva all’1% e si presta alle imprese, per esempio, al 6% (un tasso molto più basso rispetto a quelli di mercato) si guadagna molto di più che facendo carry trade sui titoli di Stato “lunghi”, ma ovviamente è più rischioso. Perciò le banche se ne guardano bene, anche per via dei paletti imposti da Basilea III in termini di capitale da accantonare. Una situazione sulla quale, ha preannunciato il vicepresidente della Camera Maurizio Lupi a Linkiesta via Twitter, il Pdl presenterà una mozione il prossimo 19 marzo. 

La banca inglese Barclays, elaborando i numeri di Bankitalia, ha calcolato che a un aumento dell’1% del tasso d’interesse su fidi e prestiti alle imprese corrisponde un incremento dei crediti dubbi nei bilanci delle banche, sul totale dei crediti, dello 0,24% in un anno, mentre se sale il tasso di disoccupazione dell’1% i crediti dubbi salgono dello 0,27% per cento. In ogni caso, via Nazionale nell’ultimo rapporto sulla stabilità finanziaria (novembre 2011) ha stimato un aumento dei tassi dell’1,7% nel biennio 2011-2012, senza però tenere conto dell’Ltro, deliberato l’8 dicembre. Insomma, se non fosse che il grosso del debito pubblico italiano ha una scadenza a breve termine, le banche – ai tassi correnti – guadagnerebbero molto di più a spingere l’economia reale.

Twitter: @antoniovanuzzo 

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