Nella primavera 2011 Claire Checcaglini cambiò nome, domicilio e professione. Dal centro di Parigi si trasferì nel dipartimento di Hauts-de-Seine, ad Ovest della capitale francese, dove la borghesia convive con realtà più popolari. Si faceva chiamare Gabrielle Picard, come sua nonna, un nome cristiano e abbastanza comune. Gabrielle aprì un nuovo account Facebook, modificò i suoi gusti musicali e letterari. Anche i suoi hobby. Una volta creata la sua nuova identità inviò un e-mail al segretario locale del Fronte Nazionale, il partito di estrema destra fondato nel 1972 da Jean-Marie Le Pen e presieduto dal gennaio 2011 da sua figlia Marine candidata alle presidenziali francesi.
Al primo incontro fu subito amore tra i militanti del Fn e Gabrielle che ebbe un lasciapassare per partecipare alle riunioni settimanali, ai galà e agli incontri privati del partito. Ascoltava con attenzione le parole e i discorsi degli altri militanti, vecchi e giovani, appuntava su un blocchetto e registrava tutto con il cellulare nascosto in una borsetta che teneva sempre aperta. Passarono otto mesi e Gabrielle, all’improvviso, sparì nel nulla. Nessuno dei suoi colleghi di partito la vide più.
Claire, invece, era tornata alla sua vita di sempre, il giornalismo, alla sua casa, al suo vero account Facebook e con un libro nuovo Bienvenue au Front. Diario di una infiltrata. Nel libro lei, Gabrielle Picard-Claire Checcaglini, reporter freelance, racconta gli otto mesi trascorsi da militante del Fn. «Il mio obiettivo» ha raccontato a France info «era quello di capire se il Fronte Nazionale di Marine Le Pen, quello che lei ama chiamare il Nuovo Fronte Nazionale per distinguerlo da quello del padre Jean-Marie, si sia effettivamente liberato degli ideali antidemocratici, anti repubblicani, antisemiti e razzisti che lo hanno connotato dai tempi della sua fondazione». La risposta che la giovane giornalista francese dà nelle pagine del suo libro è un deciso «No, purtroppo nulla è cambiato».
Il diario pubblicato dalla casa editrice Jacob-Duvernet è un racconto dettagliato delle giornate passate tra incontri privati, riunioni di partito e chiacchiere di militanti, categoricamente vietati alla stampa, a cui la Checcaglini ha partecipato. «Avrei voluto scrivere un altro libro in cui poter dimostrare quel radicale cambiamento del Fn di cui Marine Le Pen parla ai media francesi» ripete più volte durante l’intervista con la radio francese «ma non è così. Anzi è tutto il contrario». Claire racconta che tutte le discussioni tra militanti, dirigenti, i quadri del partito prima o poi finivano sistematicamente per cadere su un argomento: l’islam e gli arabi. «Sono ossessionati da un sedicente colonialismo islamico che sta per invadere la Francia», spiega. «In otto mesi non c’è stato un incontro in cui questo tema non sia venuto fuori».
La giornalista racconta del linguaggio volgare usato da molti membri del Fn, “bougnoul”, sporco magrebino, per definire gli immigrati nord africani e del terrore di un’invasione «di una vera colonizzazione» scrive. «Un militante un giorno mi avvertì: “Ci divoreranno tutti!”». Il razzismo nei confronti dei musulmani appare, secondo la giornalista francese, il collante tra i militanti del partito. «Non è l’antisemitismo ma l’islamofobia ad alimentare gli incontri politici». Quasi mai si parla di economia o dell’uscita dall’euro che da un po’ di tempo è diventato il refrain preferito dalla signora Le Pen davanti a telecamere e giornalisti.
E proprio su Marine Le Pen, artefice della trasformazione – puramente cosmetica secondo la Checcaglini – del Fronte Nazionale in un partito più liberale, si sofferma la giornalista riportando nel libro le parole di un militante molto vicino alla figlia di Jean-Marie. Stando a questa persona, la Le Pen ha una strategia ben definita sull’islam che consiste nel prendere sul serio la laicità perché i francesi hanno molto a cuore il rispetto di questo valore e nello stesso tempo «evitare di parlare male apertamente dell’islam perché se si dovesse dire che l’islam è la cosa peggiore al mondo, ci tratterebbero da razzisti e non ci voterebbero mai». La Checcaglini tiene a precisare, durante le interviste che in questi giorni sta rilasciando in Francia, che la differenza sostanziale nella linea politica adottata in passato dal padre e ora dalla figlia è una: il potere. Marine Le Pen appare una donna determinata a ritagliarsi uno spazio nel dibattito politico (oggi il Fn non ha nessun rappresentante in Parlamento) a costo di dover sacrificare e mettere da parte i vecchi valori razzisti del Fn. Il padre, al contrario, aveva cura che il partito rimanesse un partito d’opposizione, duro e puro, allergico a qualsiasi flirt con i moderati, lontano da quella realpolitik che Marine sembra aver abbracciato per attirare l’elettorato centrista.
«Ho incontrato alcuni militanti più moderati» dice l’autrice «sono quasi tutti fan di Marine Le Pen. I cosiddetti “marinistes” e credono nella trasformazione che lei va millantando davanti alla stampa, ci credono veramente». Nel diario da militante, la giornalista racconta la sua ascesa rapidissima all’interno del partito. Dopo il primo colloquio con il segretario locale, Gabrielle fu scelta come responsabile del Fn di Neuilly, alcune settimane dopo le fu offerta una candidatura al Senato e poi anche alle legislative. «Questa è uno dei punti di forza del Fronte: offrire posti di responsabilità e candidature importanti a persone che siano in grado di esprimersi correttamente e che abbiano facilità a parlare di fronte alle telecamere». Meglio ancora se donne, spiega la Checcaglini, giusto per rimarcare le distanze dal vecchio Fn popolato unicamente o quasi da uomini. In sostanza, dal racconto della giornalista, il Fn appare il vecchio partito di sempre, razzista prima di tutto nei confronti dei musulmani, a tratti nostalgico di Vichy e appiattito sulla donna manager del Fn, Marine, mai andata giù – per la verità – alla vecchia guardia.
Le critiche a “Bienvenue au Front” sono state immediate. Tra le prime, e la più rilevante, è proprio quella di Jean-Marie Le Pen. In un’intervista video, l’ottantaquattrenne fondatore del Fn definisce la Checcaglini una «Mata Hari degli orinatoi»; critica duramente la metodologia da truffatrice messa in atto per arrivare al cuore del partito e aggiunge «queste sono sintomatologie del decadimento dello spirito pubblico».