Rettore Frati, per il bene dell’Università si dimetta

Rettore Frati, per il bene dell’Università si dimetta

Il professore universitario Renzo Bragantini, nostro blogger, ha lanciato coraggiosamente una richiesta al suo Rettore Luigi Frati, che è a capo dell’Università La Sapienza di Roma. Dopo il susseguirsi di scandali e rivelazioni sui molti parenti stretti di Frati “chiamati” nell’istituzione da lui retta, Frati può dare un segnale e dimettersi.

Gian Antonio Stella, sulle pagine del Corriere della Sera, scriveva di Frati e della sua gestione de La Sapienza: 

«Parentopoli? Ma perché non parlate di “Ignorantopoli”? Questo è il vero problema dell’ università italiana. Voi giornalisti fate solo folklore!», sibilò il rettore della Sapienza Luigi Frati al nostro Nino Luca. Ma la Procura non è d’ accordo: papà, mamma, figlia e figlio docenti nella stessa facoltà sono troppi, come coincidenze. E sull’ arrivo dell’ ultimo Frati a Medicina ha aperto un fascicolo. Tanto più che «Parentopoli» e «Ignorantopoli», dicono le classifiche internazionali, possono coincidere. Il rettore di quello che sul Web si vanta di essere il più grande ateneo italiano (nel senso di più affollato: 143 mila studenti, pari all’ intera popolazione di Salerno o quelle di due capoluoghi come L’ Aquila e Potenza insieme) era da tempo nel mirino di chi denuncia certi vizi del nostro sistema universitario. 

Clicca qui per leggere il resto dell’articolo Il declino della Sapienza all’ombra di Parentopoli 

Quello di Bragantini è un appello che condividiamo in pieno e, anzi, facciamo nostro. Siamo noi de Linkiesta, insomma, che chiediamo assieme a Renzo Bragantini che il rettore Frati rassegni le sue dimissioni. La proposta di sottoscrizione sarà inviata ai docenti e ricercatori universitari italiani ma è naturalmente aperta a tutta. Se condividi l’appello per un’università  rigorosa e meritocratica, se credi che parentopoli sia una malattia che può essere sconfitta, sottoscrivi nei commenti o invia a una mail a [email protected], specificando in oggetto: “Dimissioni Frati”.

Insegno alla Sapienza e per l’onore dell’Università chiedo che il Rettore Frati si dimetta

Rispondendo (su «Sette», supplemento settimanale del Corriere della sera dell’8 marzo) a una lettrice, giustamente indignata per il comportamento della dinastia Frati alla Sapienza (ciò che ha fatto il giro del Paese, per la concomitanza di un ennesimo articolo di Stella sul medesimo giornale, e di un servizio di Mentana su La 7; il cordone sanitario attorno al personaggio potrebbe mostrare crepe profonde), Beppe Severgnini si dice speranzoso che il governo Monti, con Profumo e Ornaghi al suo interno (vale a dire tre ex rettori di atenei italiani giustamente stimati anche fuori dai confini patrî) vorrà fare qualcosa per levare dal volto del Paese una simile vergogna. La Sapienza è pur sempre un’università dove hanno insegnato e insegnano docenti noti in tutto il mondo. Tuttavia, scrive il giornalista, non è detto la speranza si possa concretizzare, poiché, sono parole sue, «l’università, come altri ambienti italiani, è abituata a considerare fisiologica la patologia».

Discutendo dei concorsi, che è il punctum dolens per eccellenza, Severgnini scrive che, quanto a lui, li eliminerebbe (con qualche distinguo, sono d’accordo), e che è nella «cooptazione mascherata da competizione» che si crea, con l’equivoco, il marciume. Conclude poi: «Conosco molti docenti universitari puliti e preparati, la cui frase preferita è “Non facciamo di tutta l’erba un fascio!”. Certo: ma se voi, erbe buone, state nello stesso fascio con le erbe cattive, finite per coprirle, no?». Bene, neppure questo è del tutto vero. Non sono stato certo solo, anzi, ma per quanto mi riguarda ho preso pubblicamente e a più riprese posizione contro Frati in una sede ufficiale come il Consiglio di Facoltà. E pochi giorni fa, subito dopo gli affondi di Stella e Mentana di cui ho detto sopra, ho parlato coi piani alti della Facoltà, per chiedere da parte nostra un gesto di dignità e coraggio. È vero che mi è stato risposto colla consueta strategia del silenzio, il che mette tristezza, perché una simile università è già morta e non lo sa (intanto però, della sua morte, fanno le spese i molti giovani, studenti e docenti, meritevoli). Ma il punto è proprio questo. I docenti universitari che si ribellano ci sono, e sono più di quanto si creda. Solo che non fanno notizia.

A scanso di equivoci, e per non essere frainteso, ripeto quanto già detto in questa sede. Se non tiene all’onore (nel senso proprio e alto) della sua famiglia, Frati mostri almeno di tenere a quello dell’istituzione che rappresenta, e si dimetta. Sarebbe, ancorché in ritardo, un gesto nobile, che lo riabiliterebbe agli occhi di molti. Non credo solo ai miei.
 

Originariamente pubblicato su Eta Beta, il blog di Renzo Bragantini dove trovate anche un riassunto della Parentopoli della Sapienza 

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