BERLINO – Grandi tavoli di legno, filosofia self service, musica leggera, camerieri giovani e simpatici, clienti che «fanno qualcosa su internet». Visto dalle vetrine potrebbe sembrare un concept store di Mac, ma è il caffé St. Oberholz sulla Rosenthaler platz a Berlino. Un incrocio fortunato che è diventato negli ultimi anni il cuore di quella che alcuni hanno definito “la capitale delle startup” d’Europa. I blogger della vera Silicon Valley hanno preso nota: «Berlin is the place to be». La città vive un inedito boom, che riuscirà, secondo alcuni, a salvarla dalla bancarotta.
Da più di un anno il caffé St. Oberholz ospita ogni mese un evento “mixer” intitolato “Silicon Allee”, dove “Allee” significa “viale” in tedesco. Nell’evento si incrociano creativi e programmatori di ispirazioni diverse per discutere dei loro progetti, complice la filosofia del bar che accetta volentieri mini-riunioni di lavoro ai suoi tavoli, la connessione internet gratis illimitata e il fatto che uno degli esperimenti più di successo della Silicon Valley europea è nato qui.
Gli svedesi Alexander Ljung e Eric Wahlforss usavano l’Oberholz come ufficio nei momenti fondativi di Soundcloud, una piattaforma di condivisione musicale che oggi conta sette milioni di utenti, una settantina di dipendenti a Berlino, e che probabilmente, agli albori, non si sarebbe mai immaginata di avere tra gli investitori britannici e statunitensi con nomi tanto famosi come Ashton Kuscher.
Berlino da anni si è trasformata in un porto per giovani di tutto il mondo. Ma la sua anima hippy non è mai maturata abbastanza da generare posti di lavoro per tutti i nuovi arrivati e la città, di fatto, non si è veramente mai ripresa dal suo passato pesante: il nazismo, la seconda guerra mondiale, quasi trent’anni di muro. La disoccupazione continua ad essere oltre al 13 per cento, praticamente il doppio del resto del paese, e lo stato di Berlino continua ad essere finanziato dai ricchi Länder occidentali come Baviera e Baden Würrtemberg.L’attuale sindaco Klaus Wowereit, tre volte eletto, è riuscito in un’abile campagna pubblicitaria (quella della famosa frase “povera ma sexy”) a rilanciare l’immagine della città, puntando sull’arte, sulla moda, sulla creatività e con una vaga speranza che il turismo potesse rilanciare l’economia.
Il tentativo è riuscito solo a metà: i turisti sono sì arrivati, ma con loro tutti i lati negativi dell’atmosfera da “pub crawl”, e la speculazione immobiliare che secondo quanto denunciano i residenti sta avendo tra gli effetti collaterali un rapido aumento dei prezzi degli affitti e degli immobili. In questo quadro poco entusiasmante, la crescente community delle start-up sembra offrire una via di salvezza o almeno una alternativa per il futuro della capitale. Difficile quantificare qualcosa così fluido come questo ambito , però secondo numeri che maneggia il quotidiano Süddeutsche Zeitung, nella capitale tedesca tra le 3mila e 4mila persone per km quadrato hanno attività lavorative e lucrative basate principalmente su internet.
Il fenomeno è talmente evidente che anche il Governo se n’è accorto. Lo scorso lunedí si sono riuniti in cancelleria la cancelliera Merkel, il ministro di Economia Philipp Rösler, la ministra di educazione e ricerca Annette Schavan per discutere, tra altre cose, la necessità per i giovani di avere a disposizione capitale per avventurare progetti. «Vogliamo mobilizzare più capitale a rischio per i giovani imprenditori per migliorare la nostra posizione sulla competitività internazionale nell’ambito dell’innovazione», ha detto Angela Merkel. Il segnale è chiaro, «qualcosa si muove», prende nota il magazine on-line Gründerszene, che segue in particolare tutte le nuove nascite nell’ambiente di internet, e che informa, tra le altre cose, del fatto che Microsoft investirà 15 milioni nei prossimi tre anni nell’ambito delle nuove start-up made in Germany.
Fortunati vincitori di un premio del Ministero di Economia per la “Start-up dell’anno” nel 2010 sono stati un gruppo di quattro soci tedeschi che hanno fondato quasi due anni fa il progetto Couture Society (www.couture-society.com), un portale che mette online tutti i modelli delle sfilate e permette direttamente ai clienti di ordinare le nuove collezioni e di fatto decidere cosa va in produzione, un concetto gia esistente negli Stati Uniti ma innovativo in Europa. «È iniziato tutto con una presentazione in Power Point e nel giro di tre settimane è diventato un lavoro a tempo pieno», spiega Martin Genzler, l’unico vero berlinese tra i fondatori del progetto, in un’intervista con Linkiesta.
Fondatore di una compagnia pubblicitaria, Genzler si trovava in un concept store gestito da un amico quando una cliente è entrata con Vogue alla mano: «Voleva un modello fotografato sulla rivista. Lui dovette dire che purtroppo questo modello non era mai stato prodotto e lei era arrabbiatissima», dall’episodio é nata l’idea di un portale di lusso che si dirige a un pubblico internazionale e che da subito ha avuto grande ripercussione mediatica, anche se secondo Genzler, non sono i canali della stampa di settore quelli che servono per un progetto simile, ma piuttosto i blog e il link diretto con le marche che accettano di vendere sul portale.
Due anni dopo la presentazione in Power Point, la squadra continua ad essere composta da quattro persone, con picchi di quindici collaboratori che viaggiano durante le sfilate per fare foto e scrivere testi. Ci sono trattative in atto con finanziatori a lungo termine per il progetto. «Da questo punto di vista sarebbe meglio essere a Londra o a New York», ammette Genzler, che però segnala che sarebbe invece semplicissimo trovare finanziamenti rapidi per vendere applicazioni tipo “bingo” per Facebook. «Non credo che quella delle startup a Berlino sia una bolla. È vero che il capitale si raduna nella capitale e che attualmente ci sono persone in gamba», spiega e aggiunge, «le condizioni di partenza sono ottimali». Tra queste menziona la buona disponibilità per certi progetti della Banca di Investimento di Berlino e una politica intelligente del ministero di Economia, «tutto ciò è positivo però non credo che Berlino possa essere salvata da questo settore».
La pensano diversamente a 6Wunderkinder, i fondatori di una applicazione per «migliorare la produttività» tanto dei singoli come delle imprese. A poco più di un anno dalla nascita, il progetto ha avuto critiche molto positive negli Stati Uniti, funziona ancora solo grazie agli investitori ma assicura di aver avuto «feedback molto positivi dagli utenti”». «Trovare finanziamento iniziale non è stato per niente difficile, Christian Reber (25 anni), il fondatore, ha messo un annuncio su Xing chiedendo chi sarebbe stato interessato al business-tool del futuro e nel giro di tre giorni ha ottenuto l’appoggio necessario», spiega Sebastian Rumberg, di 6Wunderkinder. Il team è composto attualmente da dodici persone, tutte sotto i trent’anni, e tra cui, a ragione, prevale l’entusiasmo. «Berlino ha per le Startup un potenziale incredibile. La città attrae persone da tutto il mondo e si concentra qui un alto numero di creativi. Allo stesso tempo i costi di vita sono molto inferiori a quelli di New York o San Francisco», insiste Rumberg. «Siamo profondamente convinti che la scena delle startups possa influenzare positivamente lo sviluppo della città», aggiunge. Gli investitori aprono depandance a Berlino e la scena mondiale guarda verso la Germania. Al governo chiedono solo di semplificare «la burocrazia per potere assumere lavoratori stranieri», da tutto il mondo.