Caro Casini, definirsi moderati non basta più per vincere le elezioni

Caro Casini, definirsi moderati non basta più per vincere le elezioni

Il gran movimento di Casini e l’affannoso inseguimento di Alfano nascono dall’idea che l’Italia stia cercando una sponda moderata per sopravvivere. Fu così nel 92-94 al culmine di Tangentopoli quando milioni di elettori rimasti senza patria videro in Berlusconi il salvatore e il vendicatore contrapposto all’avanzata dei neo-comunisti ancorché dal nome mutato. Lo schema non si ripeterà allo stesso modo. Se resta vero che una parte importante degli italiani sceglierà sempre l’antagonista della sinistra, non sono convinto che la chiave dei prossimi successi elettorali sia nel “moderatismo”.

I moderati sono già al governo con un personaggio eccellente come Mario Monti. Su quel fronte non si capisce perché Casini e Alfano dovrebbero essere in grado di fornire maggiori garanzie. E’ piuttosto vero che l’elettorato centrista e moderato cercherà un’altra ragione per raggrupparsi sotto nuove bandiere: cercherà quel partito o quell’alleanza di partiti che apparirà in grado di fronteggiare la situazione e di far ripartire il sogno italiano. Su questo piano vent’anni fa Berlusconi ebbe lo scatto di ingegno che gli valse due decenni di pubblico fedele, mentre Casini e il pallido Alfano sembrano scolaretti alle prime armi.

Ho l’impressione che il gioco di Casini sia troppo politicista e prigioniero di una cultura che non ha grandi seguaci nell’opinione pubblica. Una cultura che crede di individuare nella crisi della politica la mancanza del soggetto di centro e non, come mi pare del tutto evidente, la mancanza di progetti sociali. La Dc storica non vinse perché di centro, la stessa felice formula del partito di centro che guarda a sinistra, come tutte le altre, era rivolta a un pubblico ristretto mentre alla gran massa si forniva l’idea di un partito in grado di rilanciare l’economia e la coesione sociale sulla base anche di valori religiosi. Non vedo niente di tutto questo nel gran daffare di Casini che resta ancorato alla Dc delle formule, quella cioè del pentapartito che scavò da se stessa la propria fossa.

Lo stesso discorso vale per l’esangue Alfano che ha in animo con il suo sponsor di dar vita a un evento clamoroso ma difficilmente riuscirà a sormontare il discredito di una crisi che agli occhi di molti italiani è anche frutto dei suoi ministri e del loro capo.

Grillo è più avanti di tutti loro perché propone di non pagare il debito, di far fallire il paese e di ripartire con un’economia regolata secondo i modelli delle nuove utopie antisviluppiste. Non credo che questa piattaforma raccoglierà alla fine tantissimi voti, penso che ci porterebbe alla rovina, voglio solo sottolineare che il segreto del comico genovese sta nel fatto di dire cose sul tema all’ordine del giorno mentre si disinteressa dell’altra questione, i moderati o i radicali, di cui ci occupiamo noi analisti ma che non affascina la grande opinione pubblica. Sbaglierò ma stiamo tornando, come nel gioco dell’oca, al punto di partenza in cui i partiti per sopravvivere e vivere devono parlare con grandi categorie interpretative del mondo. Altro che moderati e radicali. Qui saremo di nuovo costretti e dividerci fra conservatori di vecchie regole economiche e socialisti che ambiscono a correggerle. Poi ci saranno sempre gli apocalittici che per un po’ stupiranno il mondo fino a che una nuova rosi mauro metterà nei guai anche loro.  

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