Hollande va forte, lo dice Twitter. Altro che embargo

Hollande va forte, lo dice Twitter. Altro che embargo

Parigi. Anche in questo caso, Twitter è stato il più veloce di tutti. Nella lunga battaglia fra Nicolas Sarkozy e François Hollande il vero outsider è stato il social media da 140 caratteri. Ancora prima della chiusura dei seggi elettorali, le prime indiscrezioni sono circolate proprio tramite Twitter. I due candidati principali per l’Eliseo sapevano che questo strumento sarebbe stato per diversi aspetti protagonista e non è un caso che lo hanno sfruttato come mai prima d’ora, arrivando perfino a coinvolgere le rispettive compagne di vita.

Il diktat francese era preciso. I primi exit poll dovevano essere quelli delle 18, ma fino alle 20, cioè l’orario di chiusura delle urne, embargo: nessuna rivelazione. Il vero problema sono però stati i Territori d’Oltremare. Alle 14:45 un giovane politico svizzero, Jim Sordet, citando la tv elvetica, twitta i primissimi risultati. Questi vedono un Hollande al 42,21%, Sarkozy al 25,79%, il candidato del Fronte nazionale Marine Le Pen al 10,85 e quello del Fronte della sinistra Jean-Luc Mélenchon all’8,71%. Lentamente, comincia quindi a delinearsi, spiega la tv svizzera in lingua francofona, un’evidenza ben precisa. Davanti, come da previsioni c’è il socialista Hollande, ribattezzato da La Stampa Medioman. Troppo normale per essere presidente della Repubblica Francese? Questo si chiedono anche i francesi sui social network. Forse no.

In tanti, nell’ultima settimana, hanno espresso il proprio gradimento pubblico tramite Twitter a Hollande. «Non c’è molta alternativa, meglio lui piuttosto che altri cinque anni con Sarkozy», twittava Michelle, francese residente a Monaco di Baviera, nella giornata di mercoledì. E in effetti, nonostante gli sforzi dell’Ump, il partito del presidente uscente, sembra che tutto sia stato vano. È dal 1981 che un inquilino dell’Eliseo non viene rieletto e “Mr. Bling Bling”, come viene ancora chiamato Sarkò, rischia di essere il prossimo a cambiare la storia del suo partito. «In questi cinque anni è riuscito solo a gestire il Paese nelle condizioni di emergenza», scrive sul proprio account Twitter Megane, giovane ricercatrice della Sorbonne. E il sentimento è questo. Abbandonato perfino dal suo consigliere economico Jacques Attali, che ha apertamente detto di preferire il molle Hollande, Sarkozy si è trovato scoperto sotto diversi profili, compreso quello dei social network. Sì, perché nei giorni scorsi diversi utenti, critici verso il presidente uscente, lo hanno accusato di averli bloccati su Twitter. «Un gesto fascista», hanno scritto diversi. E Sarkò ha perso ulterior terreno nei confronti di Hollande.

Il leit motiv della domenica del voto transalpino è stato però quella della rottura degli schemi. «Vogliamo scommettere che prima delle 20 si saprà già chi ha vinto?», scrive sbeffeggiante Cyril, analista finanziario di Natixis. «Certo che sì, crederanno mica di fermarci?», gli risponde prontamente Maurice, giornalista di Paris Match. E via via, come un flusso senza sosta, inizia il tam tam dell’hashtag #RadioLondres. Citando la Radio Londra della Seconda guerra mondiale, si twitta senza sosta affrontando la censura, cercando di raccogliere quante più informazioni su cosa sta accadendo nei seggi. E così, emerge che Rue89, una delle principali testate online transalpine, è la prima a rilanciare l’affluenza alle 12, quasi il 29%, in netto aumento rispetto all’ultima tornata. Ma non solo.

Nel grande calderone che è il social media da 140 caratteri, solo in pochi mantengono l’embargo sui voti. A mano a mano che i risultati emergono, vengono twittati, con buona pace del ministero dell’Interno di Francia. «È Twitter, bellezza!», scrive Fabrice, giovane reporter di Yahoo France. Il silenzio elettorale impone ai candidati di non twittare alcunché, ma i collaboratori lo fanno eccome. Come Karine, economista nello staff di Hollande, che alle 15 si lascia scappare espressioni di giubilo: «Questa è una giornata storica per la Francia e per l’Europa, W Hollande, W la Francia!». Forse è ancora presto per dirlo, ma la via sembra essere quella di Hollande. 

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