Sono stati tre giorni tosti. Nelle aule della Royal Court of Justice, l’alta corte di Londra che sembra il castello di Disneyland, giravano giornalisti sotto shock atterrati da crampi muscolari per uso eccessivo di Twitter. I Murdoch, bisogna riconoscerlo, questa volta hanno parlato. Pure troppo. E Westminster il tremito nella Forza lo ha avvertito forte e chiaro. La commissione Leveson, d’altra parte, è composta da esperti del diritto, non da parlamentari volenterosi sì, ma pur sempre parte del sistema. Non è dunque un caso che la testa di un ministro potente come il conservatore Jeremy Hunt sia finita in zona decapitazione non per il lavoro della commissione istituita dal Parlamento per indagare sullo scandalo delle intercettazioni illegali di News International ma per quello svolto dall’inchiesta sul rapporto tra politica e stampa. Relazioni pericolose.
I fuochi d’artificio li abbiamo visti martedì con la deposizione di James. La Leveson, in virtù dei suoi poteri giuridici, si è fatta consegnare da News International, con un’ingiunzione, 160 pagine di email riservate. Il carteggio rivela rapporti troppo intimi tra gli uomini del delfino e quelli del ministro della Cultura. L’oggetto è scottante: la richiesta d’acquisto da 8 miliardi di sterline avanzata da News Corporation per ottenere il controllo totale di BSkyB, la holding britannica che possiede Sky UK. Ovvero la gallinella dalle uovo d’oro di News Corp – i ricavi crescono del 16% l’anno. Numeri importanti, in tempi di crisi. La mossa, che risale ormai al 2010, è stata osteggiata da una sorta di “santa alleanza” dei media britannici. Troppe le controindicazioni (dicevano). Commerciali, in primis, ma anche sul profilo del pluralismo. Il governo fu chiamato a dire la sua.
Ebbene. Al principio il dossier finì sul tavolo del ministro delle Attività Produttive Vince Cable, numero due del partito Liberal-Democratico. Peccato che il capo delle relazioni pubbliche di James Murdoch, Fréd Michel, avesse aperto un canale riservato proprio con Jeremy Hunt. Il 15 giugno del 2010 il consulente speciale di Hunt, Adam Smith, scrisse a Michel che «non ci dovrebbe essere nessun problema sul tema della pluralità d’informazione» e che il governo britannico sarebbe stato «favorevole» in tutto il procedimento. Altro passaggio delicato. Quando il reporter della BBC Robert Peston scrisse sul suo blog che l’Ofcom, l’autorità delle comunicazione britanniche, avrebbe acquisito la richiesta di acquisto avanzata da News Corp, Michel riuscì a contattare il ministro nel giro di 7 minuti. «Jeremy Hunt – scrisse Michel al suo capo – non ne sa niente e crede che non sia credibile. Sta controllando ora».
Tutto questo accadeva quando il boccino stava ancora nel campo di Cable. Poi l’incredibile. Cable viene registrato di nascosto da due reporter del Daily Telegraph – che si spacciano elettori del suo collegio e, come tali, ottengono un colloquio col ministro: esatto, in Gran Bretagna riesci a parlare facilmente con il tuo deputato anche se è ministro – mentre gli chiedono cosa intende fare su BSkyB. Lui la spara un po’ grossa e dice di aver «dichiarato guerra a Murdoch». Apriti cielo. Cable rischia le dimissioni. Ma è una storiaccia mai chiarita fino in fondo. L’agguato dei reporter – in nome del pubblico interesse – finisce davanti alla Press Complaint Commission ma non se ne fa niente. Il tabloidgate è ancora lontano. A questo punto però il dossier BSkyB viene affidato nientemeno che a Jeremy Hunt. Decisione che, visto le ultime rivelazioni, pare per lo meno sospetta o – peggio ancora – rischia di essere percepita come sospetta.
Ma il Delfino, sotto le domande incessanti del procuratore, continua a raccontare, come una diga aperta. A Natale 2010 parla con Cameron della vicenda BSkyB. «Fu una piccola conversazione a latere. Non una vera discussione». Luogo: villa di campagna di Rebekah “la rossa” Brooks. Ovvero la ex protégé di Rupert arrestata più volte per lo scandalo. L’argomento BSkyB fu toccato solo «per pochi momenti». Cameron era primo ministro da sette mesi. James ha discusso della cosa anche con il Cancelliere dello Scacchiere George Osborne. «È un amico», dice. Murdoch sostiene che la conversazione sia avvenuta nella residenza ufficiale del Cancelliere a Dorneywood. «Abbiamo parlato del fatto che l’offerta prendeva molto tempo e stava per essere deferita all’Ofcom (il “gendarme” delle telecomunicazioni)».
Di questi contatti nessuno ne sapeva niente. Cameron si è difeso con un secco “no comment”. C’è un’inchiesta, lasciamo che faccia il suo corso, è la linea ufficiale. Ma non è finita. James, infatti, ha anche ammesso di aver discusso con Cameron, all’epoca leader dell’opposizione, l’appoggio del Sun prima delle elezioni. L’endorsment del tabloid del popolare gruppo Murdoch fu “trattato” nel settembre 2009 davanti a drinks da George, un club di Londra. «Cameron sembrò contento», ha detto James, interrogato dal procuratore Robert Jay. Che ha osservato: «Se avessero vinto i laburisti le cose si sarebbero messe male per voi e BSkyB visto l’appoggio del Sun…». E qui ci avviciniamo al cuore nero di tutta la vicenda. Il mercato delle vacche d’alto bordo. Traduzione: appoggio della potenza di fuoco del gruppo alle elezioni in cambio di: A) via libera operazione BSkyB; B) riduzione del potere dell’Ofcom; C) “ganasce” allo strapotere della BBC. Illazioni? Il Guardian, sulla questione, ci ha scritto un editoriale. Murdoch il vecchio ha negato tutto.
Lo “squalo” ha scelto un profilo da pensionato, uno che ricorda poco (modello «eccellenza, capirà, alla mia età…»). Sui punti chiave però è stato chiaro. «Mai chiesto un favore ai politici». E ancora. «Grande burattinaio? Un mito, non ho tutto questo potere». Poi, quando vuole, la memoria torna eccome. Ad esempio quando chiamò l’ex premier Gordon Brown per dirgli che il gruppo avrebbe cambiato cavallo: «Mi disse: mi stai dichiarando guerra. Io non posso fare altro che fare la guerra a te». E cosa intendeva il primo minitro?, chiede giustamente Jay. E Murdoch: «Ma non lo so, mi sa che non era in uno stato mentale stabile». Brown, ovviamente, ha smentito. Come tutti del resto. Pure Hunt smentisce tante cose. Intanto Adam Smith è stato “dimissionato”. «Quando i “fighetti” sono nei guai, se la cavano licenziando i domestici», ha commentato caustico il parlamentare laburista Dennis Skinner. Cameron, dal canto suo, se l’è cavata con un «siamo stati tutti troppi intimi con Murdoch». E quel tutti la dice lunga.