Bossi e i figli indagati, al Senatur contestata la truffa

Bossi e i figli indagati, al Senatur contestata la truffa

Compare anche lui, Umberto Bossi, nel registro degli indagati dell’inchiesta sull’uso dei rimborsi elettorali della Lega Nord. Oltre al Senatur, ci sono i figli Riccardo e Renzo e il senatore Piergiorgio Stiffoni, accusato di peculato. L’informazione di garanzia, da parte dei pm milanesi Alfredo Robledo, Paolo Filippini e Roberto Pellicano, è stata recapitata nella sede del Carroccio di via Bellerio. L’ipotesi di reato a carico del Senatur è di truffa ai danni dello Stato in concorso con l’ex tesoriere del partito Francesco Belsito. Per Riccardo e Renzo l’accusa è invece di appropriazione indebita in relazione alle loro spese personali pagate, dicono i pm, con i fondi del partito. Anche per loro, l’ipotesi di reato risulta in concorso con Belsito, indagato per truffa, appropriazione indebita e riciclaggio ed espulso dalla Lega il 12 aprile scorso. L’imprenditore Paolo Scala, colui che si occupava del conto leghista in Tanzania e che risultava già indagato per appropriazione indebita, ora è stato iscritto nel registro anche per riciclaggio. In base a quanto reso noto dal procuratore capo di Milano, Edmondo Bruti Liberati, nel mirino degli inquirenti ci sono i rimborsi elettorali dichiarati dal movimento nel luglio 2011.

Il primo maggio, durante il Lega Unita Day, Umberto Bossi – dimessosi il 5 aprile a causa dello scandalo della distrazione di fondi del Carroccio a favore della sua famiglia – aveva confermato ai giornalisti la sua ricandidatura alla segreteria del partito: «Sì, per forza», aveva detto, «altrimenti la gente pensa che non siamo uniti». Dopo due settimane, 16 maggio, è arrivato però il dietrofront: dal consiglio federale tenutosi nel quartier generale di via Bellerio, è arrivata la notizia della candidatura di Roberto Maroni, mentre il Senatur si limiterà a ricoprire la carica onorifica di presidente.

«Umberto Bossi», avrebbe detto ai pm di Milano Nadia Dagrada, responsabile amministrativa di via Bellerio, «firmava i rendiconti del partito». Le dichiarazioni della dirigente sarebbero uno degli elementi su cui si fonda l’accusa di truffa ai danni dello stato a carico del Senatur. «Bossi risponde come segretario federale che redige i conti», ha spiegato il procuratore capo Bruti Liberati, «e abbiamo elementi utili per dire che c’è sotto una sua consapevolezza». Tuttavia, hanno detto i pm, l’iscrizione del Senatur nel registro degli indagati è «un atto di garanzia che dovrà comportare una serie di approfondimenti». Le indagini, hanno precisato gli inquirenti, sono collegate ad accertare se effettivamente il denaro ottenuto con i rimborsi elettorali sia stato utilizzato per esigenze personali dagli altri indagati.

Secondo le intercettazioni disposte nell’ambito delle indagini condotte dalle procure di Milano, Napoli e Reggio Calabria sull’ex tesoriere del Carroccio Francesco Belsito, i soldi ottenuti dai rimborsi elettorali sarebbero stati usati per pagare viaggi, alberghi e cene sia ai figli di Umberto Bossi che all’ex vicepresidente del Senato e segretario generale del sindacato padano, Rosy Mauro. Non solo: secondo gli inquirenti, parte dei fondi sarebbero serviti anche a pagare i lavori di ristrutturazione della villa di Gemonio di Umberto Bossi.