Il Tribunale di Torre Annunziata ha sciolto questa mattina la riserva sull’istanza di fallimento presentata da sette obbligazionisti, accogliendone la richiesta e bocciando contestualmente il piano concordatario presentato dalla compagnia armatoriale, fondato sulla restituzione ai creditori del 52% del debito, di cui il 23% in contanti (meno del 12% del totale) e il resto ripartito equamente fra obbligazioni ed azioni della società, che avrebbe reinglobato la Deiulemar Shipping (società in mano alla seconda generazione di armatori e proprietaria di una flotta di 16 navi) per poi tentare l’approdo in Borsa.
«Le motivazioni non sono ancora state pubblicate, ma era pressoché scontato che il Tribunale bocciasse un piano del genere, tanto più che il pagamento cash era vincolato alla vendita, del tutto ipotetica, di alcuni immobili» commenta Antonio Cardella, avvocato dell’Unione Consumatori, che rappresenta 800 obbligazionisti. «Resta da capire perché, nei tre mesi intercorsi dall’emergere della crisi, Deiulemar non sia riuscita ad elaborare una proposta concordataria in grado di soddisfare meglio i creditori e di riportare in bonis la compagnia».
Le spiegazioni potrebbero essere molte. Di certo c’è che fra le tre famiglie di armatori (Della Gatta, Iuliano, Lembo) i rapporti sembrano essersi pesantemente incrinati, come prova la lettera inviata dall’ex amministratore unico Michele Iuliano al quotidiano torrese Metropolis, in cui, in risposta all’azione di responsabilità avviata dalla nuova amministrazione della Deiulemar Compagnia di Navigazione nei suoi confronti, il capitano ottantottenne accusa della situazione la “seconda generazione” (Leonardo Lembo, Angelo e Pasquale Della Gatta), stigmatizzando implicitamente la creazione nel 2005 di Deiulemar Shipping (che rilevò allora buona parte della flotta della Compagnia) e della complessa architettura di trust stranieri a monte delle due società.
Alla luce di ciò anche l’ipotesi di una proposta di concordato fallimentare da parte di Deiulemar appare quantomeno complessa, mentre per i debitori (titolati a presentarla) potrebbe essere un modo per accelerare i tempi di una procedura fallimentare che si preannuncia lunga: il giudice delegato Massimo Palescandolo ha nominato un collegio di tre curatori fallimentari (i commercialisti Antonella De Luca di Napoli e Vincenzo Masciello di Milano e l’avvocato Giorgio Costantino di Bari, incaricati innanzitutto della gestione, ordinaria e straordinaria, della compagnia) e fissato l’udienza di controllo dello stato passivo al 25 ottobre di quest’anno, sfruttando quindi il maggior tempo possibile.
Nel frattempo i legali degli obbligazionisti chiederanno di essere ammessi al passivo e al comitato dei creditori che Palescandolo dovrebbe istituire a breve. E potrebbero intraprendere anche altre azioni. A tal proposito è Pino Colapietro (avvocato del Comitato degli obbligazionisti della Deiulemar) a fornire qualche delucidazione: «Nel recente e analogo caso del fallimento della compagnia Dimaiolines le cosiddette “obbligazioni irregolari” sono state valutate dal medesimo giudice come debito oggettivo. Cosa differente da un’obbligazione propriamente detta, ma pur sempre un riconoscimento pieno del credito. Stiamo poi valutando di procedere, come nel caso Dimaiolines, all’istanza di estensione del fallimento alla Deiulemar Shipping, un’azione che potrebbe essere anticipata dalla Procura (che sul caso ha in corso un’inchiesta, ndr) qualora i suoi accertamenti rilevassero connessioni fra Compagnia e Shipping o irregolarità nelle operazioni fra queste due società».
Un’ipotesi che non sembra preoccupare più di tanto la Shipping: una fonte vicina a quest’ultima spiega, infatti, che «gli unici legami concreti sono quelli parentali fra i diversi proprietari delle due realtà» e che, «in ogni caso, l’operazione di scissione nelle due società avvenne nel 2005: è passato troppo tempo per eventuali revocatorie». Anzi il fallimento della Compagnia potrebbe rappresentare un vantaggio per la Shipping: «Il piano di ristrutturazione della Shipping in corso potrebbe beneficiarne, perché col fallimento della Compagnia, decadrebbe ogni progetto di commistione fra le due società, cosa che sarebbe apprezzata dai creditori della Shipping».
In questo ingarbugliato scenario l’unico punto fermo sembrano essere gli ulteriori mesi di incertezza cui andranno incontro i circa 13.000 obbligazionisti di Deiulemar.