E Alba Dorata ha già cominciato a fare i pogrom

E Alba Dorata ha già cominciato a fare i pogrom

Marciano e inneggiano disposti in tre file sotto il cielo di Patrasso carico di nubi, i caschi in testa, i giubbotti di pelle e le felpe nere a coprire i corpi, le spranghe avvolte dalla bandiera greca saldamente impugnate e gli applausi dei cittadini a incitarli. Sono gli estremisti di Alba Dorata, il partito neonazista (anche se loro preferiscono far discendere le loro influenze politiche all’esperienza autoritaria dello scorso secolo di Ioannis Metaxas) che alle ultime elezioni politiche in città è passato dallo 0,22% del 2009 al 5,92% e su scala nazionale dallo 0,46% a quasi il 7%. 

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Patrasso (nord-ovest del Peloponneso, 210mila abitanti) è lo sbocco sull’Europa continentale per centinaia di migliaia di migranti e rifugiati politici, che tuttavia non sempre riescono a imbarcarsi sui battelli diretti verso l’Italia e si trovano così costretti a rimanere in città, sopravvivendo in condizioni di miseria assoluta.

La notte del 19 maggio l’omicidio di un greco di 29 anni, Thanasis Lazanas, avvenuto nei dintorni del porto e attribuito a tre immigrati afghani, aveva fatto esplodere la reazione rabbiosa – ma pacifica – degli abitanti. Il 22 maggio, invece, la protesta è degenerata quando circa 350 militanti di Alba Dorata, arrivati da tutta la Grecia, sono scesi dai pullman e hanno cercato di assaltare l’ex fabbrica tessile “Peiraiki Patraiki”, abbandonata da alcuni anni e ora occupata da centinaia di immigrati.

A un fitto lancio di pietre e bombe carta, gli agenti hanno risposto con cariche e lacrimogeni. Verso sera i membri di Alba Dorata hanno addirittura cercato di forzare il blocco con un bulldozer, circostanza prima smentita dalle forze dell’ordine ma poi confermata su Twitter da George Stylianos (@GeorgeOsty, un residente di Patrasso), che testimonia di aver visto l’attacco con i proprio occhi. Nella stessa giornata, come riporta il quotidiano Kathimerini, un giornalista e un deputato locale di Alba Dorata (rispettivamente Apostolos Vouldis e Michalis Arvanitis) sono stati aggrediti da diverse persone dopo aver registrato un dibattito per una televisione locale. Il bilancio finale è di 5 arresti, 22 fermi e 8 poliziotti feriti.

Non è la prima volta che Alba Dorata compie azioni del genere. Del resto, il loro programma politico sull’immigrazione – che in Grecia, dove secondo Human Rights Watch entrano ogni anno 56mila tra migranti e rifugiati politici, è una questione estremamente spinosa – non potrebbe essere più chiaro. In un’intervista rilasciata al giornale americano Vice poco prima delle elezioni del 6 maggio, Elias Panagiotaros (portavoce della formazione di estrema destra) ha spiegato quali sarebbero state le prime misure da prendere in caso di approdo in Parlamento: «Deportazione immediata di tutti gli immigrati. I confini marittimi e terresti vanno chiusi, perché ora come ora la gente va e viene come gli pare. Quelli che aiutano gli immigrati ad ottenere i documenti, così come coloro che li assumono o danno loro una casa, saranno severamente puniti».

In recenti apparizioni televisive, inoltre, il leader di Alba Dorata Nikos Michaloliakos ha dichiarato che «non esiste l’immigrazione legale, esistono solo clandestini», e ha giustificato il ricorso alla violenza da parte dei suoi militanti: «Quando pisciano sull’altare della tua chiesa tu che fai? Li cacci. E anche con la violenza, come altrimenti?». Michaloliakos ha anche avanzato una soluzione finale per i rimpatri: «Non siamo in Grecia, ma in Grechicistan. Possiamo prendere un biglietto economico per l’aereo e rimandarli tutti in Pakistan».

La spedizione punitiva del 22 maggio è solo l’ultimo di una lunga serie di attacchi che, come ha detto a France24 la ricercatrice di Human Rights Watch Eva Cossè, «sono diretti principalmente contro persone di colore: sono poche le vittime dell’Est Europa». I dati più recenti mostrano come in Grecia, nel 2009, si siano registrati solo due casi legati a crimini razziali, e nel 2008 addirittura solo uno. Eppure le ronde di vigilanti (che, scrive sempre Eva Cossè sull’International Herald Tribune, «tutti sanno da chi sono composte») continuano tranquillamente a “sorvegliare” piazza Aghios Panteleimonas, che per tutto il 2011 è stata teatro di battaglie tra neonazisti, antifascisti e immigrati.

L’associazione “Comunità Pakistana Greca” ha documentato aggressioni (solo nei primi tre mesi del 2011) ad almeno 60 migranti pakistani. E lo scorso maggio gruppi di estremisti di destra hanno portato avanti per tre giorni consecutivi dei veri e propri pogrom (in risposta all’omicidio di Manolis Kantaris, accoltellato da alcuni nordafricani) nei quartieri multietnici di Atene, mandando in ospedale 25 persone.

La violenza, tuttavia, non proviene solo da una parte. Alba Dorata è solamente il terminale più visibile, il volto brutale di un sentimento d’incertezza ormai dilagante. Recentemente è apparso su Internet un video girato in questo gennaio che ritrae un brutale pestaggio avvenuto ad Atene (più precisamente in piazza Amerikis) ai danni di un uomo di origine asiatica. Il racconto di Nikos Soulis, il regista che ha ripreso il tutto, è sorprendente: «Ero a casa quando ho sentito delle persone che gridavano. Ho visto un asiatico che veniva fermato dagli agenti. Alcuni miei vicini li stavano aiutando. L’uomo aveva cercato di dare fuoco ad un cassonetto dell’immondizia. Loro lo hanno colpito ripetutamente, anche dopo averlo ammanettato. E quando dico “loro”, intendo sia la polizia che i miei vicini».

La totale inerzia delle autorità greche nell’affrontare seriamente i temi interconnessi di razzismo e immigrazione, unita ad un certo grado di partecipazione passiva (e, nei casi più estremi, anche attiva) dei cittadini nei confronti di questo tipo di violenza, sta fornendo una pericolosa legittimazione politica alle frange più estremiste della società greca. I partiti maggiori, delegittimati e travolti dalle batoste elettorali, tentennano sul punto e sono incapaci di trovare risposte convincenti. E le priorità, in un momento storico come questo, sono indubbiamente altre. Il risultato è che, come dimostra quanto avvenuto a Patrasso, la situazione è davvero sul punto di esplodere.  

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