Portineria MilanoOccupare edifici o sfruttare le istituzioni? Macao si spacca

Occupare edifici o sfruttare le istituzioni? Macao si spacca

Hanno litigato fino a tarda notte i ragazzi del gruppo Macao. I pionieri dell’occupazione della Torre Galfa di Milano sapevano sin da ieri che sarebbero stati sgomberati questa mattina anche da palazzo Citterio. Lo avevano previsto. E tra le mura di un palazzo di Brera, in una fredda notte di maggio, a pochi metri dalla sede del comune di Milano, si sono divisi, accusandosi a vicenda sul fallimento dell’operazione Macao. Perché in fin dei conti, adesso, nessuno sa che pesci pigliare. Il gruppo è spaccato e preferisce non comunicare con l’esterno. 

Restano le idee, certo, le giornate di lotta e di entusiamo, ma il rischio è che la primavera meneghina diventi presto un lontano ricordo, nè più nè meno che un’occupazione scolastica vecchio stampo. Di un liceo qualsiasi come Parini o Berchet, con il rischio di essere ancora accusati di essere «figli di papà» o «fighetti in libera uscita». Ora il gruppo ha iniziato il silenzio stampa. C’è da capirli. Il punto, detto in soldoni, è questo: cosa fare adesso ?

A meno di tre settimane dall’occupazione del grattacielo di Ligresti restano troppi nodi da sciogliere sul tappeto. C’è chi vorrebbe approfittare dell’offerta fatta dal sindaco Giuliano Pisapia la scorsa settimana, precipitarsi allo spazio ex Ansaldo dove continuare a fare arte, musica e danza. Lo dice pure l’ex consigliere regionale di Rifondazione Comunista Luciano Muhlbauer sul suo blog. «Perché Macao ha detto no alla proposta del Comune di partecipare ai bandi per lo spazio l’ex Ansaldo?  Chi ha deciso e che cosa? Ma cosa vuole Macao? E ora?».

Ma lo zoccolo più duro si oppone. «C’è gente che aspetta quello spazio da anni, non ha senso e non lo vogliamo, la nostra è un’azione politica e artistica», dice uno di loro, sconfortato dal fatto che la cittadinaza questa mattina in via Brera non c’era. La prossima assemblea è prevista per mercoledì, ma non è chiaro dove sarà fatta nè chi parteciperà.

Del resto, l’impressione di chi stamattina ha avuto la possibilità di passare da via Brera è abbastanza chiara: la festa è finita. Più poliziotti che occupanti in strada. Un clima da fine anno di quinta liceo, con i ragazzi che mestamente portavano via libri e scartoffie dentro scatoloni da trasloco.

Tra chi ha frequentato il collettivo in questi giorni c’è chi punta il dito anche sulla mancata resistenza nei confronti delle forze dell’ordine. Ma soprattutto ci si domanda quali siano le vere idee alla base di Macao. È stata una semplice operazione di marketing? O davvero c’è la voglia di cambiare le cose a Milano, di dare un segnale in una fase così complessa per la politica e per la società italiana.  

Le assemblee in via Galvani, tra balli, canti e giocolieri, della scorsa settimana sono un lontano ricordo. «A Milano la gente la mattina va a lavorare, mica a occupare i palazzi», dice una signora che chiede il permesso ai carabinieri per raggiungere piazza del Duomo. 

Tutto finito? Non si sa. Di fatto il progetto Macao continua, ma secondo alcuni partecipanti la politica li sta strumentalizzando come «pedine», in un gioco molto più grande di loro. Era anche questo il rischio che avrebbero corso occupando un palazzo di uno dei più importanti immobiliaristi di Milano, quel Salvatore Ligresti che per anni ha lasciato marcire la torre di via Galvani per poi accorgersi all’ultimo che c’era bisogno di riqualificarla. Sarebbe stato meglio occupare prima palazzo Citterio? Al momento, oltre a un po’ di trambusto nel capoluogo lombardo, un obiettivo gli occupanti l’hanno raggiunto: mettere in serio imbarazzo la giunta di Pisapia. 

La proposta del primo cittadino arancione di assegnare lo spazio Ansaldo senza bando pubblico si è rivelata un boomerang, sia per palazzo Marino sia per gli occupanti. L’amministrazione comunale ora brancola nel buio, in attesa di nuove occupazioni nei prossimi giorni. Mentre i secondi cercano di capire se il nomadismo ha ancora un senso o meno.

Pisapia è sempre di più nell’occhio del ciclone. Macao lo accusa non solo di non essere stato chiaro sul bando per l’ex Ansaldo e l’invito a darsi «una forma giuridica», ma soprattutto per non aver fermato lo sgombero alla torre. In via Montello c’è uno stabile in mano alla ‘ndrangheta, in queste ore c’è l’emergenza del terremoto in Emilia, ma prefetto e questura hanno disposto più 40 esponenti delle forze dell’ordine a presidiare via Brera.  

Ma intanto pure sul web, dove la rivoluzione Macao aveva preso forza, sono in tanti a prendersela con chi ha messo in scacco per due settimane l’amministrazione comunale e le forze dell’ordine. C’è chi se la prende persino sulla scelta del silenzio stampa. «Lo sapevate che andava a finire così» scrive Carl Emilsen su Facebook «avete fatto una grande cazzata a occupare Palazzo Citterio, che sapete benissimo che doveva essere ristrutturato e i fondi erano arrivati mesi fa quando Macao non era nemmeno nata!». 

Ma qualcuno li difende, come Valentina Rubini. «Forse ci dimentichiamo che prima di Macao non c’era niente. Chi si sente deluso dovrebbe ricordarlo». E un’altra ragazza spera ancora. «Non sono d’accordo col silenzio stampa: tanta gente vi segue da lontano ed e’ troppo importante che continuiate a comunicare. Macao continua». Fino a quando? Nessuno lo sa. 

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