La visita del premier Mario Monti alla sede dell’Agenzia delle entrate, per manifestare solidarietà agli uomini guidati da Attilio Befera, nella sua duplice veste di direttore dell’Agenzia e di Equitalia, è stata quanto mai opportuna. Più del gesto, potranno però i toni.
Mario Monti ha messo da parte le dichiarazioni di sdegno “senza se e senza ma” ed ha ricalibrato la sua posizione sulla volontà di avere un fisco sempre più efficace nella lotta all’evasione, ma anche meno intrusivo. Attilio Befera ha rinunciato a perorare la necessità di mettere una “sana paura” agli evasori ed ha sottolineato come Agenzia delle entrate ed Equitalia siano algidi organismi tecnici che si limitano ad applicare, nel bene e nel male, quello che la legge prevede. Senza sconti, ma, quindi, anche senza accanimenti, spettacolarizzazioni o approcci demiurgici.
Bene così. La lotta all’evasione fiscale non può essere disgiunta da quella alla corruzione e agli sprechi, così come il tema dell’efficienza della riscossione delle imposte non può essere disgiunto dalla tempestività con cui lo Stato onora i suoi debiti. Pretendere di combattere in modo efficace l’evasione e di riscuotere in modo efficiente le imposte, senza fare altrettanto su quei versanti speculari, significa creare uno squilibrio che mette in pericolo la coesione sociale, lasciando a farne le spese in primo luogo i funzionari pubblici che stanno in prima linea agli sportelli.
Invece che amplificare ulteriormente questo squilibrio con errori di comunicazione politica e sociale a tratti marchiani, bisogna ridurlo con interventi che si pongano però come obiettivo non quello di ridurre l’efficacia nella lotta all’evasione, bensì quello di aumentare l’efficacia nella lotta a sprechi, dissipazioni e corruzione.
Affermare tutto questo nei mesi scorsi, mentre le istituzioni preferivano cavalcare un populismo in quel momento favorevole alla “caccia alle streghe”, significava rischiare di passare per amici degli evasori. Affermarlo oggi, mentre molti preferiscono cavalcare un populismo divenuto favorevole alla caccia ad altre streghe, significa rischiare di passare per acquiescenti al potere.
Eppure erano e restano le uniche affermazioni sensate per chi non crede al diritto del cittadino di sottrarsi ai propri doveri contributivi, ma al tempo stesso non crede al diritto dello Stato di imporre due pesi e due misure per situazioni che sono due facce di una stessa medaglia.
In verità, questi mesi e queste settimane insegnano due cose. La prima: chi vive all’interno delle istituzioni non è meno incline di chi è fuori del Palazzo a cavalcare il populismo. Si indigna quando gli viene girato contro e magari mette in guardia dai rischi dall’antipolitica, ma quando sente che è dalla sua parte non esita a considerarlo un genuino e meditato consenso, anche quando voci più accorte lo mettono in guardia. La seconda: chi di consenso populistico ferisce, prima o poi di dissenso populistico perisce. Cerchiamo ora di andare avanti con equilibrio, tutti insieme, senza spettacolarizzazioni nelle azioni e senza eccessi nelle reazioni, fortificandoci nel dibattito e prendendo quanto di buono arriva da ogni critica che sia costruttiva.
Nell’ultimo decreto sulle semplificazioni, ci sono alcune importanti e apprezzabili novità che, senza renderla meno efficiente, rendono la riscossione un po’ meno feroce. Tra queste: l’elevazione a 20mila euro della soglia per le iscrizioni di ipoteche, le espropriazioni immobiliari e la possibilità di ottenere rateizzazioni a prescindere da valutazioni di merito sullo stato di difficoltà finanziaria del contribuente; la decadenza dal beneficio di rateizzazione solo in caso di omesso pagamento di due rate consecutive e non anche di due rate non consecutive; il blocco dei pagamenti alle imprese da parte della pubblica amministrazione, in presenza di debiti iscritti a ruolo per più di 10mila euro, non più per l’intero credito vantato, ma solo fino a concorrenza del debito. Tutte norme che meriterebbero uno spot televisivo assai più che la foto di un evasore con sotto scritto “parassita”. Ripartiamo da qui.