Cosa succede su Youtube? Migliaia di film completi, e pirata

Cosa succede su Youtube? Migliaia di film completi, e pirata

Home page di YouTube. Cerchiamo “film completo” e il motore comunica che i risultati sono “circa 197mila”. Sembra il ritorno di Megavideo, una quantità impressionante di film da vedere subito. E gratis. Ma questa volta siamo sui server ufficiali di Google, la più grande multinazionale del web. C’è di tutto, dalle pellicole di Pasolini a nuove uscite come “Romanzo di una strage”. Oppure “Diaz”, visibile con la tipica qualità sgranata delle riprese fatte di nascosto in qualche sala cinematografica. C’è persino il canale “Totò Tube”: aspira a includere la filmografia integrale del comico napoletano. Ci sono utenti che hanno creato playlist con i loro film preferiti. Sistemi come Megavideo erano vincolati da limitazioni legali ed evitavano di inserire un vero motore di ricerca. Qui in pochi istanti trovi quello che cerchi.

«YouTube non effettua alcuno screening preventivo dei video caricati sulla propria piattaforma», spiega a Linkiesta Federica Tremolada, YouTube Partnership Manager. «Questo non è nella natura della community, nata per permettere alle persone di comunicare liberamente tra loro e difficilmente realizzabile se pensiamo che ogni minuto vengono caricare oltre 72 ore di video in tutto il mondo. Allo stesso tempo però, permettiamo ai proprietari di diritti di tutelare pienamente i loro contenuti su YouTube».

La maggior parte degli utenti non può caricare video più lunghi di 15 minuti. Negli ultimi mesi, molti account hanno scoperto che questo vincolo è stato rimosso, in base ad alcuni criteri come la reputazione o l’assenza di violazioni precedenti. E’ bastato questo dettaglio tecnico per far comparire migliaia di film integrali. L’azienda di Mountain View ha creato una pagina ufficiale dedicata ai film e al noleggio legale, che per ora è malinconicamente vuota. Ospita appena tre pellicole poco note (“L’uomo del sud” e altre due).

La risposta di YouTube alla violazione del copyright si chiama “Content ID”. Il funzionamento ce lo spiega ancora Federica Tremolada: «È una tecnologia gratuita e automatica che consente di identificare, sulla base di una traccia audio-video preventivamente messa a disposizione dai proprietari di diritti, video o audio che riproducono contenuti in violazione di questi diritti, all’interno della piattaforma di YouTube. A seguito dell’identificazione, il proprietario può attuare, sempre automaticamente, una delle seguenti policy: blocco del contenuto (non apparirà su YouTube), tracciamento o monetizzazione. Il sistema agisce anche in modo retroattivo e consente di attuare in modo flessibile policy diverse su contenuti, aree geografiche o archi temporali diversi». Chi non usa il software può segnalare violazioni cliccando «sul simbolo della bandierina in calce a tutti i video».

Il detentore può condividere gli incassi pubblicitari generati dal video o i guadagni che arrivano dal noleggio del film. «Sono migliaia i partner di YouTube che utilizzano questo strumento per tutelare i propri diritti con successo in tutto il mondo. In Italia, ad esempio, se ne avvalgono la maggior parte dei network televisivi (come RAI, La7 e Fox Channels Italy), case cinematografiche (come Eagle Pictures, Fandango e Lucky Red) e etichette discografiche”, conclude Tremolada. Ma anche realtà del mondo dello sport come Milan e Roma. «Ogni giorno il software esamina l’equivalente di 100 anni di video». All’utente resta la possibilità di inviare una “contro-notifica” se ritiene che l’accusa non sia giustificata. Ma se avrà torto il suo account sarà rimosso.

Sono eliminati anche i video che utilizzano colonne sonore senza pagare diritti. Quello che ora accade per il cinema è già successo per la musica e gli spettacoli Tv. YouTube ha nei fatto consentito – con i limiti esposti prima – l’inserimento di milioni di brani musicali, la creazione di playlist, lo sviluppi di servizi collegati a quello che nel frattempo era diventato il più grande juke box (libero) del pianeta. Poi, sulla base delle segnalazioni, sono stati rimossi i brani sotto copyright, creati canali ufficiali di artisti e case discografiche, inseriti link per l’acquisto dei brani in alta qualità.

Anche le trasmissioni tv hanno subito la stessa sorte. Gli utenti inserivano spezzoni di trasmissioni e le reti televisive ne ordinavano la rimozione. Oggi prevalgono gli accordi. Nel canale “show” ci sono le trasmissioni – integrali e ufficiali – di Euronews e La7. La lobby che si è mossa con più prudenza è stata però quella degli editori. Google Books ha provato a raccogliere tramite scansione di tutti i libri conosciuti. Una lunga controversia legale ha costretto a visualizzare solo anteprime parziali, mentre ora il sistema si è evoluto come bookstore online integrato con libri senza diritti scaricabili liberamente.

Un milione e duecentomila richieste di rimozione di indirizzi web che puntano a contenuti pirata. Sono i numeri pubblicati qualche giorno fa da Google e si riferiscono al 2011-2012. Oltre mille organizzazioni hanno chiesto al motore di rimuovere i collegamenti dei servizi che permettono di scaricare contenuti proibiti (film, musica, software). In testa ci sono Microsoft e la celebre RIAA, il consorzio delle major del disco che combatte la battaglia per il copyright sin dai tempi di Napster, quando gli utenti iniziarono a scambiarsi i primi mp3.

L’iniziativa è stata molto pubblicizzata (“Pugno duro coi pirati”, ha titolato Repubblica.it) ma su internet non è facile separare il legale dall’illegale. Google si finanzia in prevalenza con la pubblicità, offrendo agli utenti servizi gratuiti di altissimo livello. Questo significa che nei video – per esempio – compaiono abitualmente piccoli inserti pubblicitari che anticipano l’apertura del filmato richiesto. Oppure sovraimpressioni che scompaiono dopo qualche secondo. Gli inserzionisti si iscrivono ai programmi pubblicitari ma non controllano dove andranno a finire i loro messaggi. Per cui, in questo momento, è possibile trovare lo spot di notissime aziende che introducono la visione del film caricato in maniera del tutto illegale.

Nel frattempo, l’alternativa legale alla visione di film in rete è spesso più laboriosa: i portali sono pochi, la scelta è molto limitata, è difficile reperire i film, si può pagare solo con carta di credito e non – per esempio – col cellulare. L’opzione illegale è gratuita e spesso facile da fruire. Se Emule è troppo lento, il torrent funziona ancora e fioriscono i siti di filesharing. Ogni giorno nascono decine di guide ai film, con buoni motori di ricerca e sistemi di classificazione. Ora arriva il ciclone Google. Con i suoi metodi che suscitano polemiche, ma con indubbia efficacia nel cambiare le cose.

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