Continua a stringersi il cerchio della procura di Milano intorno alla regione Lombardia di Roberto Formigoni. È un risveglio amaro quello del Celeste, all’indomani della presentazione del suo e-book sul «Buon governo», dove ha accusato i giornali e le «botteghe oscure» di «un attacco militare contro di lui». Questa mattina è stato indagato a Milano per turbativa d’asta Carlo Lucchina, direttore generale della Sanità lombarda, vero deus ex machina dell’amministrazione Formigoni, in particolare nella gestione dei rapporti con ospedali, Asl e Fondazioni socio sanitarie: avrebbe pilotato l’assegnazioni di progetti ad alcune «aziende amiche».
Lucchina, che risulta già indagato per la vicenda del Teleospedale, vantava rapporti privilegiati con i vertici della Compagnia delle Opere e delle aziende legate al sistema di Comunione e Liberazione. Basti pensare che lo scorso Meeting di Rimini l’ex direttore generale della Fondazione Maugeri Costantino Passerino, travolta dalle indagini sul sistema «Formigoni», aveva partecipato a un incontro sui modelli organizzativi degli ospedali lombardi: al suo fianco c’era proprio Lucchina.
«Non si muove foglia che Lucchina non voglia», recita un vecchio motto tra i dipendenti dell’assessorato. Il direttore generale della Sanità era balzato agli onori delle cronache nel 2008, nel caso di Eluana Englaro, la ragazza in stato vegetativo che voleva sospendere l’idratazione e l’alimentazione. Lucchina rispose «di no» facendo iniziare la trafila di spostamenti al padre Beppino, che terminerà nell’ospedale di Udine. Insieme con lui ci sono altri 30 indagati, tra cui tre dirigenti regionali, che a vario titolo dovranno rispondere di associazione a delinquere, peculato e rivelazione di segreti d’ufficio.
Secondo i magistrati questa indagine potrebbe rappresentare il tassello mancante delle inchiesta che hanno travolto la regione negli ultimi mesi. Del resto – come i pm hanno già potuto constatare nel corso delle indagini sul faccendiere Pierangelo Daccò e le vacanze pagate a Formigoni – Lucchina altro non sarebbe stato che «il tramite tra due», quello a cui Daccò si sarebbe rivolto per «le cose serie», ovvero i fondi regionali, dopo le gite sullo yacht. In procura – il fascicolo è in mano al pm Francesco Greco che sta seguendo anche le altre inchieste che riguardano il Pirellone – si parla di presunte irregolarità nell’assegnazione di progetti di sperimentazione clinica.
L’inchiesta s’incrocia con quelle già avviate sul fallimento dell’Ospedale San Raffaele e i fondi spariti della Fondazione Maugeri. Del resto, come aveva dichiarato Antonio Simone – ex assessore ciellino ora in carcere per 70 milioni di euro finiti all’estero – ai magistrati il tramite tra Daccò e Formigoni, era proprio Lucchina. Oggi La Guardia di finanza ha effettuato una ventina di perquisizioni in Regione e in alcune aziende ospedaliere, tra cui Niguarda, Lecco, Busto Arsizio e Saronno. Gli indagati sono una trentina, tra cui appunto Lucchina, al quale viene contestato il reato di turbativa d’asta. Le indagini riguardano principalmente presunti accordi per pilotare l’assegnazione di progetti di sperimentazione clinica ad alto contenuto tecnologico finanziati dalla Regione Lombardia.
E proprio qui potrebbe esserci il collegamento con la Fondazione Maugeri, nello specifico per la realizzazione di una struttura sanitaria assistenziale in via Camaldoli. «Con chi aveva rapporti Daccò nella Regione Lombardia, per l’operazione di via Camaldoli?»: chiedevano in aprile i due sostituti procuratori Laura Pedio e Gaetano Ruta, come riporta anche Repubblica.
Risposta di Simone: «Con il direttore generale per la sanità, Carlo Lucchina. Si incontravano in Regione, so queste cose perché me le ha riferite direttamente Daccò. Di recente la Regione ha, con una delibera nel piano sanitario 2011 (forse 2010), al termine della sperimentazione, indicato l’oggetto del servizio e le relative tariffe. Mi chiedete se Maugeri sia l’unico ente ammesso alla sperimentazione e rispondo che ritengo di sì».