Dopo aver battuto Letizia Moratti alle elezioni comunali, il sindaco di Milano Giuliano Pisapia continua nel suo meticoloso lavoro di smantellamento del centrodestra in Lombardia. In particolare l’ala cattolica legata alla potente Comunione e Liberazione, che in questi mesi si ritrova nell’angolo per le bordate che la procura di Milano rifila ogni giorno al governatore Roberto Formigoni, dopo le indagini sul faccendiere Piero Daccò, la Fondazione Maugeri e il San Raffaele.
Il delitto perfetto, questa volta, si consuma a palazzo Marino, sede del consiglio comunale, dove giovedì una parte del Popolo della Libertà voterà a favore della delibera che istituisce il registro delle unioni civili. Le ormai note coppie di fatto, che uno come Carlo Giovanardi – che è arrivato a sostenere che il cantante Lucio Dalla «aveva una fidanzata» (sic) – di certo non gradisce. Del resto, dopo le critiche mosse dalla Curia meneghina in mano a un altro ciellino di peso come Angelo Scola («Si rischia la poligamia»), il primo cittadino milanese ha risposto serafico, ma a muso duro: «La Chiesa rispetti le scelte della politica».
La spaccatura è totale. Ma è insanabile soprattutto tra le maglie del Pdl milanese e lombardo. Nello specifico tra l’ex capogruppo in consiglio Giulio Gallera e l’attuale Carlo Masseroli (Cl), con il primo che insieme con altri tre voterà a favore del provvedimento spaccando di fatto tutto il gruppo consigliare. Mentre il secondo continua a chiudere la porta, parla di un atto privo di concretezza, non dà indicazioni precise: equiparare la famiglia naturale alla coppia gay è scorretto». Pietro Tatarella, uno dei favorevoli, lo ha detto senza mezzi termini durante il suo intervento: «L’approvazione di questa delibera non sarà il risveglio della politica di Pisapia, ma quello del Pdl, con cui puntiamo a riconquistare questa città».
Sono parole chiare che cozzano con quelle dello stesso Formigoni, che dall’alto di regione Lombardia continua a tuonare insieme con l’onorevole Maurizio Lupi sulle unioni civili targate Pisapia. «La famiglia non si scimmiotta», ha spiegato il Celeste un po’ in tutte le salse, sia su twitter sia in pubblico. Ma dalle parti di palazzo Marino le orecchie di una parte del centrodestra sono rimaste tappate. Anche la Lega Nord, che voterà contro, in realtà ha già da tempo dato libertà di coscienza in tema di diritti civili. Mentre il Pd avrà solo quattro astenuti: tutti ex Margherita.
Al momento, non è dato sapere se il voto su questa delibera potrà incidere o meno sugli schemi interni al Pdl, già da tempo saltati per lo scontro tra ex aennini e forzaitalioti (vedi le bordate di Giancarlo Galan contro Ignazio La Russa). Di certo influisce sui rapporti tra le varie anime, con un altro laico come il presidente della Provincia Guido Podestà che non si è ancora espresso e segue con interesse il dibattito in comune.
Di fatto, lo sgambetto di Pisapia sulle unioni civili, è l’ennesimo commesso a scapito del potere che in questi anni hanno consolidato a Milano e in Lombardia Comunione e Liberazione e la Compagnia delle Opere. È una battaglia che il sindaco arancione non sta conducendo da solo, ma insieme con il potente assessore al Bilancio Bruno Tabacci, anche lui di estrazione cattolica, ma da sempre critico nei confronti della gestione del potere di centrodestra in Lombardia che si prolunga ormai da quasi vent’anni.
Nell’ultimo mese Formigoni, alle prese a difendersi dalla campagna «diffamatoria» che – a suo parere – gli stanno muovendo contro il Fatto e Repubblica, ha già perso una pedina importante all’interno dell’Expo 2015. Luigi Roth, l’ex presidente di Fiera Milano se n’è andato via sbattendo la porta, lasciando vacante il posto nel padiglione Italia. Pisapia aveva già scelto Giovanni Mari Flick come suo sostituto, ma il consiglio regionale e lo stesso Formigoni hanno rispedito la proposta al mittente la scorsa settimana.
E allora il primo cittadino cosa ha fatto? Come commissario straordinario ha delegato comunque Flick al Tavolo di coordinamento per Expo Milano 2015 organizzato ieri dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri. In sostanza, sgarbo su sgarbo, «la pace» che il Celeste aveva invocato l’11 luglio con l’ennesimo tweet appare ormai un miraggio. Del resto, dopo la minaccia di dimissioni da commissario di Expo e dopo il flop della M5 per la visita di papa Benedetto XVI, Formigoni aveva già sbraitato più volte contro il sindaco.
Atteggiamento che è poi continuato pure sulla cittadinanza onoraria che Pisapia non ha concesso al Dalai Lama. «Bisogna saper far politica, che è l’’arte di di conciliare i diversi interessi», spiegò il governatore. Ma l’apice dello scontro si è consumato sulla polemica per lo stipendio del sovrintendente alla Scala Stephane Lissner. Anche qui il Celeste ha continuato a colpire a testa bassa per la paga annuale di un milione di euro del numero uno scaligero.
Pisapia ha incassato, ha approvato la riduzione, ma ora pare prendersi una rivincita di tutto rispetto. Milano, quella che un tempo era la capitale del centrodestra a trazione cattolica seppur con un arcivescovo di «sinistra» come Dionigi Tettamanzi, avrà un registro sulle coppie civili. Chissà cosa ne pensa Silvio Berlusconi?