Le primarie del centrosinistra sono sparite. Il confronto tra Pierluigi Bersani, Matteo Renzi, Nichi Vendola e gli esponenti della società civile non è più all’ordine del giorno. L’appuntamento per discutere del tema era stato fissato da tempo: l’assemblea nazionale del Partito democratico in agenda il 13 e il 14 luglio. Ma a una settimana di distanza, le primarie scompaiono dal programma. È il presidente Rosy Bindi a convocare l’assemblea, che a causa di improvvisi impegni parlamentari – troppi decreti in scadenza da qui a fine luglio – sarà celebrata nella sola giornata di sabato. Al Salone delle Fontane dell’Eur si approfondirà «l’esame della situazione politica in Italia e Europa, il confronto sulla riforma della legge elettorale». E si avvierà «la definizione dei punti programmatici per l’alternativa che il Pd intende presentare al Paese». Le primarie? Rosy Bindi, da sempre contraria, sembra averle dimenticate.
Eppure nella recente direzione del partito alcuni dirigenti avevano presentato un ordine del giorno per chiedere di convocare le primarie entro ottobre. Tra di loro il consigliere regionale lombardo Pippo Civati. Alla fine il documento non è stato messo al voto. «Ma solo perché Bersani ci aveva assicurato che le primarie si sarebbero tenute», spiega Civati. Non è solo un problema di date. L’assemblea del 14 luglio era stata convocata anche per discutere le modifiche al regolamento interno del Pd. Quelle correzioni necessarie per aprire la competizione ad altri candidati interni (magari Matteo Renzi). Peccato che la commissione Statuto che avrebbe dovuto studiare le modifiche non è mai stata convocata. Questo non vuol dire che non ci sia ancora tempo per rivedere le regole. Ma certo non è un segnale di grande determinazione. «Devo dire che davanti a questa situazione prevale lo sfinimento» ammette Civati.
Qualcuno si prepara allo scontro. «Vuol dire che tra una settimana ripresenteremo un ordine del giorno con le nostre richieste – dice il deputato Sandro Gozi, un altro dei firmatari – Un documento in cui chiederemo che le primarie dovranno essere convocate con una data precisa, non oltre la metà di novembre».
Ma l’impressione è che il Pd sia pronto a rinunciare alle primarie. Tanti, tra i dirigenti del partito, ne avrebbero fatto a meno già da tempo. «In molti non erano d’accordo – continua Gozi – È pieno di gente che non vuole una competizione aperta, vera, perché ha paura di rovinare gli equilibri di potere costruiti negli anni». Difficile non pensare al dibattito che si è aperto negli ultimi giorni. Solo ieri Pierluigi Castagnetti spiegava sull’Unità che nel momento in cui è in gioco «il destino dell’Europa» non è il caso di discutere di cavilli e regolamenti interni. Insomma, per il momento meglio prendere tempo. «Le primarie si faranno solo al termine del percorso, dopo aver definito un progetto e delle alleanze» ha chiarito in serata Massimo D’Alema, intervistato allo stand dell’Unità alla festa del Pd romano. Ma era stato lo stesso Pierluigi Bersani, lunedì, a confermare che il Pd farà le primarie «ma non a breve».
L’ultima parola spetta proprio al leader. Sarà lui ad aprire i lavori dell’assemblea nazionale di sabato 14. Nonostante le premesse, non è escluso che possa parlare anche di primarie. Magari rinunciando alla norma dello statuto che prevede la candidatura unica alla premiership del segretario. I giochi sono ancora aperti. Ammesso che gli altri potenziali concorrenti – da Renzi a Vendola fino a Boeri – alzino la voce per sollevare il caso. «Certamente continuare così sul vago crea solo frustrazioni» racconta Pippo Civati. E anche timori. Mentre la data delle primarie si allontana, si fa più minacciosa l’ombra di Monti. Più o meno esplicitamente sono numerosi gli esponenti politici – anche all’interno del Partito democratico – che iniziano a ragionare su un nuovo governo guidato dal Professore. Anche dopo il 2013. E diventa più probabile l’ipotesi di un altro esecutivo di larghe intese. Davanti a questo scenario le primarie per eleggere il candidato premier del centrosinistra perdono qualsiasi appeal.