Ecco perché le azioni della Bce non stanno funzionando

Ecco perché le azioni della Bce non stanno funzionando

Volente o nolente, la Banca Centrale europea tornerà a comprare titoli di Stato italiani e spagnoli. Non lo farà forse tramite il Securities markets programme (Smp), il programma di acquisto titoli usato dallo scorso agosto fino a febbraio. Ancora oggi la Bundesbank, la banca nazionale tedesca, ha espresso dubbi su questo strumento. Più probabile che si usi lo European financial stability facility (Efsf), il fondo salva-Stati temporaneo, in nome e per conto della Bce. Del resto, la questione non è se intervenire o meno. Si tratta di scegliere il modo e la tempistica. Tre i motivi: il sistema interbancario bloccato, il congelamento del mercato dei repurchase agreement (pronti contro termine) e la scarsità di liquidità sui mercati monetari. «O si fa qualcosa, oppure per le banche italiane potrebbe essere difficile sostenere le aste del Tesoro da settembre in poi», spiega una fonte bancaria a Linkiesta. Se è vero, come ha spiegato il ministero delle Finanze ieri, che il 66% del funding 2012 (pari a 440 miliardi di euro) è stato soddisfatto, le nuove tensioni potrebbero arrivare proprio dopo l’estate.

Altra situazione complicata è quella del mercato dei repo, cioè dei pronti contro termine. Due i motivi, entrambi legati alla Bce. Il primo sono state le due operazioni di rifinanziamento a lungo termine (Long-Term refinancing operation, o Ltro) di dicembre e febbraio. Le banche europee, a fronte di adeguati collaterali, hanno potuto aprire linee di credito per complessivi 1.030 miliardi di euro. Tra gennaio e marzo il Tesoro italiano ha dovuto emettere nuovi titoli per circa 30 miliardi, mentre il rollover dei titoli in pancia alle banche italiane era ancora un capitolo irrisolto. La Bce ha fornito la liquidità con le due Ltro e queste risorse sono state destinate a evitare che le aste andassero deserte. Con l’intervento degli istituti di credito italiani, si sono calmierati i rendimenti promessi e si è sostenuta la domanda. Le banche italiane, quindi, si sono riempite di bond nazionali, dimenticando i repo. La frammentazione del mercato obbligazionario europeo, del resto, è ormai consuetudine: gli istituti italiani comprano i titoli di Stato italiani, quelli spagnoli prendono quelli iberici e via dicendo. E questo è un altro problema noto nell’Eurotower. La nazionalizzazione dei mercati obbligazionari non è funzionale alla risoluzione della crisi e, come sottolineato da Nomura, amplifica lo stress presente nell’eurozona. 

Il secondo motivo di questo congelamento è da ricercare nel taglio del tasso d’interesse dei depositi overnight presso la Bce, portato a zero. In pratica, per una banca dell’eurozona non conviene parcheggiare fondi presso l’Eurotower, dato che non sono remunerati. Non è un caso che i depositi overnight, dopo la sforbiciata, siano passati da oltre 750 miliardi di euro ogni giorno a circa 350 miliardi. Questa mossa è stata compiuta per ovviare alla scarsa propensione degli istituti di credito ad agire sui mercati interbancari. Eppure, qualcosa non ha funzionato. Da un volume medio di circa 15,5 miliardi di euro fatto segnare al 21 dicembre 2011, data del primo Ltro, si è passati a un volume medio di 5,7 miliardi nel corso dell’ultima settimana, come spiegato da Icap Research, il principale interdealer broker mondiale. «Troppa incertezza, troppi rischi: gli operatori preferiscono tenere la liquidità parcheggiata nelle loro casse, piuttosto che fornirla ad altri. Le malversazioni di Bankia sono l’esempio di ciò che non si vuole che sia ripetuto», spiegano gli analisti di Icap. Il risultato è che questo mercato è fermo: «La penuria nel settore dei repo non si è mai attenuata e l’accesso a questi segmenti, per le banche italiane e spagnole, è sempre proibitivo».

Che lo stress sia elevato, non è una novità. Nell’ultimo discorso alla Global Investment Conference di Londra, il presidente della Bce, Mario Draghi, ha spiegato chiaramente che qualcosa nel canale di trasmissione della politca monetaria si è rotto. In altre parole, la Bce non sta lavorando al meglio. E la colpa, secondo Draghi, è dei rendimenti troppo elevati dei bond di alcuni Paesi. Chiaro il riferimento a Italia e Spagna. Tuttavia, come ha fatto notare Goldman Sachs con un report dedicato proprio sui sistemi di trasmissione della politica monetaria nell’eurozona, la colpa non è solo legata ai tassi d’interesse sui sovrani. «Il sistema bancario è diventato disfunzionale nei Paesi periferici», ha spiegato Natacha Valla, analista della banca americana. Questo perché i tassi retail stanno aumentando sempre di più. Più il costo del denaro si abbassa, più gli istituti di credito italiani (e spagnoli) alzano i tassi medi per i nuovi finanziamenti a imprese e famiglie. Colpa dell’erosione del capitale delle stesse banche di Roma e Madrid, spiega Goldman Sachs. Ma come mai avviene questa erosione? Semplice. Perché sono cariche di obbligazioni, rispettivamente italiane e iberiche. In pratica, più le banche di Italia e Spagna sostengono il mercato obbligazionario interno e più i bond perdono valore, più si erode il capitale, più i tassi retail si alzano, più c’è credit crunch, più la recessione aumenta. E la Bce non può fare molto di più.

Gli altri canali sono, come abbiamo visto, quasi a secco. Il mercato dei Money market fund (Mmf) è fermo. Da storico pilastro della liquidità nella zona euro, è diventato il paradigma della crisi che ha investito l’area. Secondo l’ultima analisi di Fitch, che ogni mese analizza l’andamento di questo segmento finanziario, la liquidità non è mai stata così bassa nella zona euro. A fine giugno l’esposizione dei Mmf americani sulle banche europee si è contratta del 33% su base tendenziale, calo che porta la quota all’8 per cento. E anche in questo caso, parte delle colpe si può imputare alla Bce. Dopo il taglio dei tassi di rifinanziamento e sui depositi è iniziato il fuggi fuggi dall’eurozona. Goldman Sachs, J.P. Morgan e BlackRock hanno deciso fermare gli investimenti nei loro Mmf presenti nell’area euro. La prima ha bloccato un solo fondo (GS Euro Government Liquid Reserves Fund), mentre l’istituto di Jamie Dimon ha fermato le sottoscrizioni di cinque fondi (Euro Liquidity Fund, Euro Government Liquidity Fund, Euro Money Market Fund, Euro Liquid Market Fund, JPMorgan Series II – EUR) e BlackRock di due. Secondo Goldman Sachs non c’erano adeguati margini di sicurezza per agire: «I mercati europei sono in un territorio inesplorato». E la rottura dei canali di politica monetaria ne è la prova.

Il meccanismo con cui lo Efsf agirà per comprare i bond italiani e spagnoli non è ancora chiaro. Negli ambienti finanziari l’impressione comune è che gli acquisti non saranno lungo tutta la curva dei titoli di Stato. Meglio orientarsi verso le obbligazioni con scadenza a due e cinque anni, che hanno un prezzo più conveniente rispetto alle maturity più elevate. Infatti, attualmente i Btp decennali sono negoziati sul mercato secondario a un tasso d’interesse superiore al 6 per cento. Inoltre, potrebbe essere troppo rischioso comprare bond di maturity così elevata, nel caso poi si renda necessario un altro tipo di intervento. Non solo. Lo Efsf potrebbe preferire solo alcune categorie di titoli, come quelli emessi sotto la legislazione internazionale e non quella nazionale. O, come spiegano fonti bancarie a Linkiesta, solo i bond contenenti le Clausole di azione collettiva (Cac), usate nello scorso marzo dalla Grecia per forzare la ristrutturazione del proprio debito pubblico detenuto dai creditori privati. Dal primo gennaio 2013, infatti, tutte le obbligazioni emesse dai Paesi dell’eurozona dovranno contenere queste clausole. In caso di break-up dell’eurozona, la ridenominazione dei titoli obbligazionari potrebbe essere infatti più semplice, da un punto di vista legale, sia nel caso di bond disciplinati dalla legislazione internazionale sia nel caso avessero le Cac, che potrebbero imporre le perdite anche agli obbligazionisti riluttanti. Più calano i rischi impliciti (ed espliciti), più diventa facile per la Germania accettare un acquisto di obbligazioni governative. E sia le Cac sia la contrattualistica internazionale possono essere utili alla causa. Purtroppo, come ricordato da uno studio del docente della Duke University Mitu Gulati, il debito italiano è disciplinato in larga parte, circa il 94% (o 1.600 miliardi di euro), dalla legislazione italiana. E fino al 2013 non saranno disponibili le Cac. Che fare quindi? Mitigare il rischio comprando un po’ sulla parte bassa della curva e rastrellare le obbligazioni esistenti sotto la legislazione internazionale. Il tutto nella speranza che basti a dare un segnale agli investitori.

L’attivazione dello Efsf, in attesa che arrivi il fondo salva-Stati permanente European stability mechanism (Esm), prevede una richiesta formale e la sottoscrizione di un memorandum d’intesa. «Questi sono i soli vincoli che sembrano aver frenato Roma e Madrid dal chiedere aiuto. Per il Smp non c’erano state formalità», ha fatto notare la banca scandinava Nordea. La negoziazione fra la Bce, la Bundesbank e i governi di Italia e Spagna continua. Ma una cosa è certa. Un supporto esterno a Roma e Madrid arriverà. 

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