Il fantasma dell’Unione. Dopo lo scontro all’Assemblea Pd di sabato scorso, il pensiero di molti è tornato alle turbolente vicende del 2006. Il partito democratico diviso sul tema dei matrimoni gay rischia di fare la fine dell’ultimo governo Prodi? Tanti protagonisti di quell’esperienza non hanno dubbi. Le lacerazioni che portarono alla caduta del più recente esecutivo di centrosinistra potrebbero tornare prepotentemente d’attualità. Chi ha passato nottate intere attorno a un tavolo di Palazzo Chigi, sfiancato da estenuanti trattative, rivive quegli anni come un incubo.
«Senza una maggioranza di larghe intese, il prossimo esecutivo rischia seriamente di fare la fine del nostro governo. Questo mi sembra evidente». A parlare è Clemente Mastella, ministro della Giustizia dal 2006 al 2008. Voltando le spalle al presidente del Consiglio, l’ex leader dell’Udeur resta tra le cause della caduta di quel governo. Lui non è d’accordo. L’esperienza dell’Unione è finita perché la coalizione che sosteneva Romano Prodi era troppo eterogenea. Un rischio che potrebbe riproporsi: «Il Partito democratico – spiega l’ex guardasigilli – coniuga un’anima laica e una più cattolica. È chiaro che davanti a temi come quelli affrontati sabato scorso la sintesi diventa molto complicata. Come, d’altronde, lo era tra di noi nel secondo governo Prodi».
Con una «differenza sostanziale», come ricorda Paolo Cento. Oggi dirigente di Sel e all’epoca sottosegretario a via XX Settembre. L’Unione aveva l’ambizione di mettere insieme una decina di partiti, «mentre quella di sabato scorso è una discussione tutta interna al Partito democratico». Per qualche esponente di quell’esecutivo è quasi una rivincita. «Lo scontro sui matrimoni gay – continua Cento – smentisce la vecchia idea veltroniana del partito a vocazione maggioritaria. Un progetto che sperava di eliminare la litigiosità dei movimenti politici che componevano l’Unione, il cui esito oggi è sotto gli occhi di tutti».
«L’Unione di Romano Prodi. Sabato scorso è la prima cosa che mi è venuta in mente» racconta Linda Lanzillotta, che in quel governo era la responsabile degli Affari regionali. L’ex ministro ha lasciato da un mese Alleanza per l’Italia, in polemica con il leader Francesco Rutelli. «Vuol sapere la verità? – racconta al telefono – Trovo sconfortante l’idea che in questo momento difficile per il Paese le lancette della politica siano rimaste ferme a cinque anni fa». Diritti civili, matrimoni gay. Le stesse questioni che hanno animato l’Assemblea democrat, avevano già creato più di qualche polemica nel governo Prodi. E il bello è che paradossalmente «anche allora il dissenso era interno a quello che sarebbe diventato il Partito democratico» spiega Linda Lanzillotta. «Chi animava lo scontro a Palazzo Chigi erano il ministro delle Pari Opportunità Barbara Pollastrini e la titolare della Famiglia Rosi Bindi. Le stesse protagoniste di sabato scorso».
Per Vittorio “Bobo” Craxi, all’epoca sottosegretario alla Farnesina, la debolezza del governo Prodi II viene da lontano. «L’Unione rappresentava un’anomalia sistemica – spiega Craxi – Invece di ridurre le formazioni politiche, la Seconda Repubblica ha rappresentato il big bang della galassia democratica italiana. Sono nati più partiti negli ultimi vent’anni che nel 1946. Ci avevano raccontato che il sistema maggioritario avrebbe portato più efficienza e più governabilità, ma è stato tutto il contrario». Il colpo di grazia a quell’esecutivo, però, lo diede proprio il Partito democratico. «Prodi riusciva a trovare un punto di accordo con tutti. Ma il processo di aggregazione tra Margherita e Ds sancì la fine della sua leadership. A un certo punto non era più lui la sintesi dell’Unione». Il rischio di ripercorrere quella strada rimane. «Oggi registro una fragilità nei partiti. Specie in quei movimenti sintesi di aree politiche differenti e faziosamente unite. Parlo del Partito democratico, certo, Ma anche del Pdl».
Molti puntano il dito sull’intesa tra il Pd e l’Udc di Pier Ferdinando Casini. Vero motivo dello scontro di sabato scorso. «Se qualcuno non se ne fosse ancora accorto, l’intesa tra progressisti e moderati è già stata siglata» racconta Wladimir Luxuria. Nel biennio 2006-2008 non era al governo, ma sui banchi di Montecitorio. Eletta nelle liste di Rifondazione comunista e per questo nella maggioranza che sosteneva l’esecutivo Prodi. «La corsa verso il centro, verso i moderati, ha già portato male al Pd. Eppure vedo che perseverano. Ho sperimentato sulla mia pelle la presenza delle componenti cattoliche integraliste in maggioranza. Penso a Mastella, ma anche a Paola Binetti. Pier Ferdinando Casini credo che sia persino più potente». Il Pd al governo con l’Udc rischia di fare la fine dell’Unione? «Assolutamente sì. Faccio un esempio: nell’ultimo referendum sul nucleare il Pd era contrario all’atomo, l’Udc a favore. Diventa difficile trovare una sintesi tra questi due partiti. E lo stesso discorso vale per i temi eticamente sensibili: dal testamento biologico alla fecondazione assistita. Fino all’omoaffettività».
L’intesa tra Pd e Udc è la chiave di interpretazione proposta anche da Bobo Craxi. «Dal mio punto di vista l’atteggiamento del Pd di sabato scorso è un riflesso condizionato del rapporto che il Partito comunista ha sempre avuto con i diritti civili – spiega l’esponente socialista – Visti come una sorta di baratto per aprire una convergenza con il mondo cattolico. Era lo stesso atteggiamento di Togliatti sull’articolo 7 della Costituzione (l’inserimento del Concordato nella Carta, ndr). Ma anche quello di Longo e Berlinguer contrari all’incardinamento parlamentare della legge Fortuna-Baslini sul divorzio».
Stavolta si parla dei diritti delle coppie conviventi. Un tema che aveva già turbato gli equilibri dell’Unione. Eppure alcuni dei protagonisti di quell’esperienza sono sorpresi nel vedere come questo argomento sia ancora un motivo di scontro. «Credo che ci debbano essere delle priorità – dice Linda Lanzillotta – In questa fase così difficile per il Paese i temi al top dell’agenda devono essere l’Europa, la gestione del debito pubblico, la spending review. I cittadini si aspettano di sentire queste cose in campagna elettorale. E invece da una parte il ritorno di Silvio Berlusconi, dall’altra questo dibattito retrò, ripropongono l’incapacità della politica di guardare davanti».
Un problema comune a gran parte del mondo politico italiano, insomma. Dal centrodestra al centrosinistra. «Dalle cronache di questi giorni – spiega Clemente Mastella – mi sembra che ad assomigliare alla nostra Unione siano un po’ tutti i partiti. Perché non c’è più omogeneità. Nel Pd c’è quest’elemento lacerante per quanto riguarda i diritti civili. Ma nel Pdl le cose non vanno meglio. L’annuncio di Silvio Berlusconi di tornare a Forza Italia ha allontanato gli ex An. La stessa Lega Nord si è recentemente divisa. C’è un’evidente crisi sistemica nei partiti».
Il diretto interessato preferisce non commentare. Il presidente del Consiglio di quel governo su certi argomenti non torna più. «No grazie – risponde al telefono Romano Prodi con educazione – preferisco non commentare. Ormai sono estraneo a certe realtà. Si può stare dentro o fuori dalla politica. Ma rimanere in mezzo all’uscio crea solo problemi».