Google all’attacco della pirateria: non solo per contribuire al bene comune, ma anche – a quanto sembra – per tutelare i propri interessi. Secondo il quotidiano britannico The Guardian, infatti, il colosso americano ha deciso di mettere mano al proprio algoritmo con un obiettivo preciso, far “scendere” i siti pirata che permettono il download illegale di film e canzoni in fondo ai risultati di ricerca, rendendoli pressoché irreperibili agli utenti.
Il G-day è stato lunedì scorso, momento in cui – almeno in teoria – le ricerche contenenti chiavi di ricerca proibite (non è dato sapere quali, ma è semplice immaginarle) hanno cominciato a non dare più i frutti sperati. Ad essere penalizzati, sono stati tutti i siti che violano il copyright in modo continuo, i quali stanno subendo un “downgrade” verticale all’interno delle ricerche effettuate sul motore di Mountain View.
Perché questa decisione? La scelta di Google non fa felici soltanto i colossi dell’intrattenimento e le case discografiche, da anni sul piede di guerra contro le politiche di Big G in tema di tutela del copyright, considerate troppo libertine, ma anche i propri dirigenti. Il motore di ricerca, infatti, vuole fare piazza pulita dei risultati illegali per lanciare al meglio il proprio servizio di vendita di musica e film, Play.
É stata la stessa compagnia ad informare su quello che è accaduto nei giorni scorsi, con un post sul proprio blog ufficiale. I siti che hanno ricevuto maggiori segnalazioni per violazione dei diritti d’autore – negli ultimi mesi, più di quattro milioni – sono stati retrocessi nella “Serie B” dei risultati. Il cambiamento farà dunque da passerella all’espansione di Play che, secondo quanto riporta il Guardian, ha riscontrato finora numerose difficoltà nell’espandersi oltre i confini americani, per problemi riscontrati con le licenze nei vari stati.
Google ha comunque specificato che Youtube ed altri siti “user-generated”, i cui contenuti cioè sono caricati direttamente dagli utenti, non subiranno modifiche. “É un grande passo avanti per la società”, ha spiegato al giornale inglese l’analista Mark Mulligan, “ma non c’è dubbio che quello che Google sta facendo sia collegato strategicamente con quello che vogliono fare con il loro servizio di contenuti musicali”. La sfida ad iTunes, insomma, è lanciata.