La base radar americana che fa paura ai siciliani

La base radar americana che fa paura ai siciliani

Si chiama Muos – Mobile user objective system – è il nuovo sistema di telecomunicazioni satellitare della marina militare americana. Un sistema radar di ultima generazione che permetterà di «raccogliere e smistare» i dati inviati dai reparti militari dispiegati sui più lontani fronti di guerra. L’impianto si avvale di cinque satelliti geostazionari e quattro stazioni di terra. Due sono in territorio Usa: in Virginia e nelle Hawaii, una in Australia. L’ultima sorgerà a breve in Italia: nei pressi della cittadina siciliana di Niscemi, provincia di Caltanissetta.

I lavori sono in via di ultimazione. Entro il mese di settembre la struttura dovrebbe essere pronta, da qui al 2015 il sistema dovrebbe entrare in funzione. Intanto in Sicilia è esplosa la rivolta. Qui nessuno vuole la base. Sui trentamila abitanti di Niscemi incombono già le 41 antenne della Naval Radio Trasmitter Facility-8, il sistema attualmente utilizzato per le comunicazioni dai militari Usa. «Per un principio di salvaguardia della salute della popolazione e dell’ambiente – ha raccontato Massimo Zucchetti, docente di impianti nucleari presso il Politecnico di Torino e chiamato ad esprimere un parere dal comune di Niscemi – non dovrebbe essere permessa alcuna installazione di ulteriori soggetti di campi elettromagnetici presso la stazione NRTF di Niscemi, e anzi occorre approfondire lo studio delle emissioni già esistenti e pianificarne una rapida riduzione».

A riportare l’allarme del professor Zucchetti è il deputato Pdl Alessandro Pagano, con un’interrogazione depositata alla Camera pochi giorni fa. Non è l’unico politico siciliano a chiedere di far luce sulla vicenda. Rosario Crocetta ha presentato un documento simile al Parlamento Europeo. Stessa procedura presso l’Assemblea regionale per il capogruppo del Pid Rudi Maira. «Questa è una vicenda molto strana» racconta Maira a Linkiesta. «Nonostante il nostro impegno, finora non c’è stato niente da fare. Gli Stati Uniti non ci danno nemmeno retta. Un comportamento che non nasconde una certa prepotenza». E così, a scanso di sorprese, nei prossimi mesi l’attuale impianto della marina Usa sarà sostituito dal Muos. Tre antenne paraboliche «dal diametro di 18 metri e alte all’incirca 50 metri, più un’antenna elicoidale alta 148 metri usata per le comunicazioni tra i sottomarini».

Apparecchiature che normalmente dovrebbero essere installate nel deserto, secondo Maira. «In ogni caso lontano dai centri abitati. Anche perché nella zona interessata vivono almeno 300mila persone. Se è proprio indispensabile che gli americani costruiscano in Sicilia le loro strutture, perché non si cercano un’altra area?» spiega il deputato regionale. Intanto lo scontro prosegue. Al centro delle polemiche è finito anche l’attuale sistema. Stando ad alcuni rilievi effettuati dall’Arpa Sicilia tra il 2008 e il 2010, le onde elettromagnetiche generate dall’impianto NRTF sarebbero vicine ai 6 V/m, valore al limite della soglia di attenzione secondo la normativa attualmente in vigore. «Tuttavia le misurazioni – spiega l’interrogazione di Pagano – sarebbero avvenute in una fase in cui l’impianto non era pienamente funzionante e alla massima potenza».

Ma i timori principali riguardano il prossimo futuro. «È ormai pacifico – si legge ancora nel documento depositato a Montecitorio – che le onde elettromagnetiche, in fase di “attività normale” di un’antenna producano radiazioni, ma nel caso del Muos la situazione è resa ancor più grave da almeno due circostanze. In fase di puntamento verso uno specifico bersaglio il sistema produce radiazioni che non si concentrano solo verso quella specifica direzione, ma si diffondono su ampio spettro. Inoltre il Muos, come pure le antenne NRTF, sarebbe posto a una distanza troppo esigua dal centro abitato con ripercussioni negative sulla salute degli abitanti, sia dirette (a causa dell’acclarata correlazione tra esposizione a onde elettromagnetiche e patologie tumorali) che indirette (interferenze con apparecchiature medicali elettroniche: pacemaker, defibrillatori, apparecchi acustici e altre attrezzature ospedaliere) anche a lungo termine».

Non solo. «L’esposizione diretta al fascio di microonde emesso dalle antenne del Muos – ha sottolineato in una recente relazione tecnica il dott. Massimo Coraddu dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare di Cagliari – è estremamente pericolosa e, addirittura, potenzialmente letale alla distanza di qualche centinaio di metri».

Insomma, come spiega il deputato Pagano «si stima che la potenza emissiva della stazione elettromagnetica sarebbe in grado di produrre effetti biologici su esseri umani, flora e fauna in un raggio di 140 chilometri». «E bisogna considerare – racconta Maira – che quella è una zona ad altissima intensità agricola». Non stupisce che siano stati gli stessi vertici militari americani di stanza nella base di Sigonella – dove era inizialmente prevista la costruzione dell’impianto – a chiedere di spostare il Muos a Niscemi.

Come se non bastasse, l’impianto è stato costruito all’interno della riserva della Sughereta. «Uno dei pochi parchi naturali con alberi da sughero ormai rimasti in Italia». In linea teorica il Piano territoriale della Provincia di Caltanissetta vieta espressamente di danneggiare le piante e di costruire nell’area del parco. Eppure, «in spregio a tali norme – prosegue il documento di Pagano – i lavori propedeutici all’installazione del Muos, comprensivi di attività di disboscamento e spianamento di una collina, hanno cambiato gli equilibri naturali del paesaggio circostante». E i vincoli? «Tutti aggirati dalle necessità militari» chiarisce Maira.

Oggi gli enti locali alzano le barricate. Ma come ricordano alcuni comitati di cittadini, qualche anno fa è stato proprio il comune di Niscemi a rilasciare il nulla osta. «È vero – spiega Maira – All’inizio l’amministrazione non ha reagito. Probabilmente non aveva ancora capito bene a cosa si andava incontro. Nella nostra devastata economia, come c’è la possibilità di lavorare…». Nel 2009 iniziano i lavori. A quel punto il Comune si oppone, ma è troppo tardi. Nasce la protesta. I sindaci e i consigli comunali delle città coinvolte creano una rete per cercare di fermare il progetto. Parallelamente nascono i primi comitati di cittadini. «Oggi ci stiamo spendendo molto, organizziamo iniziative, incontri pubblici» racconta Giorgio, del coordinamento No Muos di Modica. Nei prossimi mesi la protesta si sposterà nella Capitale.«Per i primi giorni di ottobre abbiamo in programma una manifestazione nazionale a Roma». Servirà a fermare l’impianto della marina militare statunitense? «La costruzione del Muos è ormai in stato avanzatissimo» ammette Maira. «Ma sono convinto che se c’è responsabilità si può bloccare l’opera in qualsiasi momento».