Schwazer, l’Italia dalla faccia pulita fuori dalle Olimpiadi per doping

Schwazer, l’Italia dalla faccia pulita fuori dalle Olimpiadi per doping

“Gli ho dato in braccio mia figlia di venti mesi, ora mi sento tradito”. E con Michele Didoni, il suo attuale allenatore, tutto il mondo dello sport, perché l’Italia, sul campione olimpico di Pechino 2008 nella 50 km di marcia, ci contava, eccome. Non solo per smuovere il medagliere, ma per dare un volto all’Italia che vince con la fatica.

Alex Schwazer. Lo hanno beccato gli ispettori della Wada, lo scorso 30 luglio per Epo, probabilmente a Oberstdorf, in Germania, dove si allena la sua fidanzata Carolina Kostner, campionessa mondiale di pattinaggio su ghiaccio. L’eritropoietina, che serve per aumentare l’ossigenazione del sangue, è un tipo di doping che all’inizio degli anni duemila ha fatto strage nel ciclismo. È il medicinale che si trova in tutte le farmacie, non è quello ipersofisticato che, come in tutte le storie di guardie e ladri, si riesce a combattere soltanto dopo anni che lo si è scoperto.

E riavvolgendo il nastro degli ultimi quattro anni della carriera di Alex Schwazer si trova un campionissimo in difetto di prestazioni. La cavia ideale. Lui e Carolina Kostner sembravano la coppia del sorriso. Le Olimpiadi gli avevano regalato notorietà, gli ultimi chilometri li percorse baciando un braccialetto. Per la sua esultanza dopo la vittoria della medaglia alle Olimpiadi di Pechino corse sotto gli spalti portando con sé il tricolore. Qualche sudtirolese come lui, è nato a Vipiteno il 26 dicembre del 1984, lo criticò: “Troppo italiano”.

Faccia pulita: lui, la marcia, l’arma dei carabinieri, le montagne e le mucche. Sembrava il carabiniere de “Pane, amore e gelosia”, l’ingenuo graduato alle prese con l’esplosiva Gina Lollobrigida. Con Carolina parteciparono a “Ballando fra le stelle”, pagine e pagine per un amore di provincia. Un quadretto che la Kinder ha dipinto facendone un testimonial. Lo spot riprende Alex in una giornata di “pausa” proprio nel suo paese, Racines, a pochi chilometri da Vipiteno in Trentino. Lontano anni luce dalla coppia Magnini-Pellegrini.

“L’ambientazione di montagna trasmette tutta la naturalità e semplicità del personaggio, che sono gli stessi valori di Kinder Pinguì. – scrive l’azienda – Quando non si allena ed è a casa a riposarsi dalle sue imprese sportive Alex si fa prendere dalle attività tipiche della vita di montagna. E tra un lavoro e l’altro, in compagnia del fratello Oliver – che appare con Alex nello spot – non si nega mai una pausa rigenerante con Kinder Pinguì”.

I cellulari in casa Ferrero stanno squillando in continuazione. Hanno scelto il testimonial sbagliato. Ma era troppo tempo che Schwazer “ciccava” le gare e così scelse di cambiare allenatore, dal gruppo Damilano di Saluzzo (quello che ha vinto l’oro olimpico allenando i cinesi) a Michele Didoni, campione del mondo nella 20 km a Goeteborg. La decisione di fare di più, di non sentirsi imprigionato a Saluzzo, lui, cavallo di razza. “Mi ha tradito”, lo sfogo del tecnico che lo aveva accolto  come un fratello minore.

Dal 2008 ad oggi gli appuntamenti più importanti li ha sempre sbagliati. Ai Mondiali di Berlino, abbandona la 50 km marcia dopo un’ora e mezza di gara, accusando dolori allo stomaco. L’argento degli Europei nella 20 km di Barcellona 2010 sa più di sconfitta, il nono posto dei mondiali di Daegu dello scorso anno, sempre nella venti km, suona come una debacle. A Londra aveva rinunciato alla venti per un raffreddore, era atteso per la cinquanta tra i favoriti ma, con il senno di poi pesano come un macigno le parole del compagno di squadra, Giorgio Rubino.

Dopo l’oro olimpico Schwazer aveva subito, a suo dire, un forte cambiamento spesso si era isolato e talvolta non aveva partecipato alle gare federali come il recente campionato italiano assoluto a Bressanone (vicino a casa sua) sulla 10 chilometri: «Alex Schwazer? Se devo essere sincero non lo sento da mesi. Non farà la 20 km? Io da lui non ho mai saputo nemmeno che l’avrebbe fatta. Lui è chiuso nel suo mondo, non mi interessa quello che fa – ha detto Rubino -. Da compagno e da un amico come lui che conosco da dieci anni non me l’aspettavo. Mi ha mancato di rispetto, ci sono rimasto male. Questo non vuol dire nulla, lui è il favorito della 50 km forse la partecipazione alla 20 km sarebbe servita per rompere il ghiaccio».

Una storiaccia anche perché, se doping è stato, c’è da chiedersi perché epo, una sostanza che è facilissima da rintracciare. E chi è tra i primi cento atleti del mondo deve necessariamente comunicare la reperibilità agli ispettori Wada. Praticamente la percentuale di farla franca così è quasi inesistente. E lui, Schwazer, con un’immediata dichiarazione all’agenzia Ansa, ha ammesso: «Ho sbagliato, la mia carriera è finita. Meglio che non mi chieda come sto. Volevo essere più forte per questa Olimpiade, ho sbagliato. Ho fatto tutto da solo e di testa
mia e dunque mi assumo tutte le responsabilità per quello che è successo. La mia vita nell’atletica è finita oggi».