«Una cravatta ben annodata è il primo passo serio nella vita», scriveva Oscar Wilde. E la Lega Nord 2.0 di Roberto Maroni – che si è ritrovata oggi per gli Stati Generali del Nord al Lingotto di Torino con imprenditori e banchieri – sembra aver imparato alla regola il motto dell’intellettuale inglese, tanto da vestire di completi Tincati e cravatte Marinella anche deputati e militanti più insospettabili, abituati al fango e alle salamelle di Pontida. Non c’è che dire, è un partito nuovo quello in visita nel capoluogo piemontese. Oltre ai contenuti, sul programma che avvenenti hostess consegnano ai giornalisti c’è scritto «business lunch»: una volta si poteva al massimo vedere la scritta polenta e funghi sui gazebo del Carroccio. Ma a chi domanda a Umberto Bossi (ex segretario e leader ora semplice presidente onorario), se si è «imborghesito», la risposta del Senatùr è vecchio stile: «Sotto ho sempre la rivoltella».
Allora bisogna partire dal «ferro» che lo statista di Gemonio dichiara di portare sotto la giacca, per raccontare un aspetto che forse indispettisce i partecipanti degli Stati Generali di Torino. Verità o metafora, quella della pistola nella fondina, che racconta però delle ultime problematiche all’interno Carroccio, alle prese con un rinnovamento che inizia proprio oggi in terra piemontese. «Da qui inizia la rivoluzione», ha detto Maroni, aprendo il suo discorso con i dodici punti del Manifesto del Nord. Ma tra i viali del Lingotto si racconta che Bossi stia trattando da giorni con il segretario per essere inserito nelle prossime liste elettorali di Camera e Senato. Insieme con lui, il Senatùr (e soprattutto la moglie Manuela Marrone), vorrebbero ritagliare un posto pure per Marco Reguzzoni, l’ex capogruppo alla Camera, da tempo lontano dalle cronache padane. Vecchi discorsi, che sanno poco di rivoluzionario.
Al momento, però, nè Maroni nè i suoi colonnelli hanno dato rassicurazioni in merito. Sia perché «nessuno» a oggi sta lavorando sulla questione (c’è chi dice ci sia ancora aperta la possibilità di non candidarsi a Roma ndr), sia perché alcuni, nella cerchia maroniana, tagliano corto sostenendo che se ne parlerà semmai per le europee del 2014. In sostanza, la pistola di Bossi, per adesso, continua a sparare a salve. Ma non è detto che il malumore del Senatùr possa crescere nei prossimi giorni, insieme con quello della famiglia di stanza a Gemonio, alla prese con un Renzo Bossi a Londra a studiare (sic) e una Rosi Mauro battagliera con il suo partito Siamo la Gente Comune.
È un malessere che potrebber esplodere a Venezia, domenica 7 ottobre, quando la Lega Nord ritroverà i suoi militanti, che si sono mantenuti un po’ distanti dal Lingotto delle imprese e dei banchieri. Dal palco, a quanto è dato sapere, dovrebbero parlare solo i segretari nazionali, in particolare quel Flavio Tosi, sindaco di Verona, che in laguna il vecchio cerchio magico vedeva sempre come fumo negli occhi.
E Bossi? La giornata del Senatùr si è consumata in poche ore agli Stati Generali del Nord di Torino. Quando è entrato nella sala 500, il primo a salutarlo è stato Mario Borghezio, l’europarlamentare, che non naviga in buone acque dopo le «sparate» contro Roma delle scorse settimane, prima della festa indipendentista sul Monviso. Maroni lo ha salutato dal palco, scatenando l’applauso dei presenti. In gessato, con cravatta d’ordinanza, Bossi si è defilato verso l’una e mezza, appena dopo aver mangiato un boccone con i fedelissimi, tra cui l’ex presidente della provincia di Como, Leonardo Carioni, vera e propria ombra del vecchio Capo.
Va ripetuto ancora una volta: non si è ancora parlato di liste elettorali in via Bellerio. Ma i dirigenti scalpitano. E qualcuno ha iniziato a fare uno schemino su chi potrebbe arrivare a Montecitorio nel 2013. Sono tutti in attesa di sapere da Bobo come muoversi. Mantenendo l’attuale legge elettorale, con i sondaggi che danno il Carroccio al 5%, c’è chi ipotizza che alla Camera potrebbero arrivare almeno in sette. Nelle liste lombarde, tra i sicuri, c’è chiaramente Maroni, poi l’attuale presidente della Commissione Bilancio Giancarlo Giorgetti, quindi il responsabile per la comunicazione Davide Caparini, poi Nicola Molteni. C’è chi dice che a spingere potrebbe essere anche Stefano Candiani, il varesino detronizzato dalla segreteria provinciale di Varese quando a ottobre del 2011 fu insediato il cerchista Maurilio Canton. Il discorso è diverso al Senato, dove i numeri sono più bassi secondo le ultime rilevazioni elettorali. Quindi i posti sono di meno.